· Città del Vaticano ·

Raggiolo, il sindaco di Firenze e la paura della “ghiastima” (la bestemmia)

Un po’ di Corsica in Toscana

 Un po’ di Corsica in Toscana  QUO-284
14 dicembre 2024

Strana gente, gli abitanti di Raggiolo (dal latino Radius, piccolo raggio), minuscolo paese nascosto in mezzo alle foreste casentinesi, in Toscana; un piccolo popolo che tradizione vuole provenga dalla Corsica. Attaccabrighe e guasconi, ma dalla proverbiale generosità, spaventati solo dalla «ghiastima» (la bestemmia, nella lingua di Ajaccio), quella indifferenza nei confronti dell’amore di Dio che è percepita come la fonte di ogni male. Generosità e coraggio documentate da precise fonti storiche; l’ultima conferma è arrivata da Sara Funaro, sindaco di Firenze, che ha recentemente inviato il suo “grazie” al periodico locale edito dalla “Brigata di Raggiolo”.

«Con infinita gratitudine — scrive Funaro — vorrei ricordare l’accoglienza e la solidarietà dimostrate dagli abitanti di Raggiolo che, dal novembre del 1943, mettendo a repentaglio le loro vite, accolsero nel paese e nascosero nelle proprie abitazioni i miei nonni Raul e Silvana Funaro, con la piccola Clara insieme ad altre due famiglie fiorentine, quella dei miei zii Pierluigi Lusena e Giuliana Calò e quella di Giorgio Calò con Perla Levy, sette persone che di lì a poco sarebbero diventate otto con la nascita della piccola Sara. Per fare capire alle nuove generazioni perché le nostre famiglie, alcune fiorentine e quella dei miei nonni livornesi, furono costrette a cercare rifugio sulle pendici del Pratomagno in Casentino, vorrei brevemente ricordare gli eventi salienti di quegli anni. Dopo la firma dell’Armistizio nel settembre del 1943 a Firenze e a Livorno, in pochi giorni con l’ausilio dei fascisti le truppe tedesche avevano occupato le città e la loro ferocia non aveva tardato a manifestarsi. All’alba del 6 novembre avevano fatto irruzione nei locali della comunità ebraica in via Farini, il 9 novembre dal binario 16 della stazione di Firenze partiva con oltre 300 ebrei, il primo treno piombato per il campo di sterminio di Auschwitz, da dove, al termine del conflitto, solo in quindici faranno ritorno. L’angoscia e il terrore si erano diffusi nella comunità ebraica in Toscana; Livorno e Firenze erano diventate ormai troppo pericolose, serviva una via di fuga, che le famiglie dei miei nonni a Livorno, con la casa e il negozio distrutti dai bombardamenti e occupata dai nazisti, e gli zii di Firenze, trovarono nei cuori degli abitanti di Raggiolo e nei loro boschi di castagni. Nel lungo e duro inverno del 1943, a Raggiolo tutti erano consapevoli della loro presenza e li accudirono rincuorandoli e cercando di lenire le loro ferite morali, garantendogli la sicurezza fino alla liberazione di Firenze, avvenuta nell’agosto del 1944. Questa storia familiare mi è stata raccontata fin dall’infanzia dai nonni, ed è parte di me; per questo sono veramente onorata di potere scrivere a distanza di ottanta anni queste brevi ma per me importanti parole di ringraziamento, verso tutta la comunità di Raggiolo».

Le nostre famiglie, continua Funaro, «posero una Targa a ricordo di questa generosa accoglienza nella piazzetta di Raggiolo: “Negli anni bui delle persecuzioni razziali 1943-1944 a Raggiolo abbiamo trovato protezione e rifugio, tutti sapevano, nessuno ha parlato”». (silvia guidi)