· Città del Vaticano ·

Bailamme

Gli alberi, la felicità
e il meraviglioso peso
della vita

 Gli alberi, la felicità e il meraviglioso peso della vita   QUO-283
13 dicembre 2024

A Dostoevskij è attribuita questa frase che nella sua essenzialità non necessita di ulteriori commenti: «Io non capisco come si possa passare davanti ad un albero e non essere felici di vederlo». Però un commento, d’altra parte è anche inevitabile: i poeti, e Dostoevskij questo è, sono uomini “vitali”, la poesia e la vita si richiamano l’un l’altra e si nutrono reciprocamente.

Nel finale di una delle sue liriche più celebri, Boris Pasternak ricorda il compito essenziale affidato ad ogni uomo: «E non devi recedere d’un solo / briciolo dalla tua persona umana, / ma essere vivo, / nient’altro che vivo, / vivo e nient’altro sino alla fine». Un compito che evidentemente gli uomini trascurano, dimenticano, al punto che la missione dei poeti è proprio questa, riattivare la memoria, aprendo gli occhi, se serve anche fisicamente, ai loro simili intorpiditi e distratti. «Questo fu il mio primo problema» afferma nell’Autobiografia l’inglese Chesterton, «quello di indurre gli uomini a capire la meraviglia e lo splendore dell’essere vivi».

Il valore della vita, il suo “peso”, è un affare serio quanto fragile, va custodito, sostenuto, alimentato. Per farlo, per mantenere il livello della vita alto e stabile di fronte a tutti i venti che soffiano per scuoterla, un altro poeta, il turco Nazim Hikmet, ritorna ancora sull’immagine dell’albero e ne sceglie anzi uno, forse il più simbolico tra tutti: «Prendila sul serio (la vita) / ma sul serio a tal punto / che a settant’anni, ad esempio, / pianterai degli ulivi / non perché restino ai tuoi figli / ma perché non crederai alla morte / pur temendola, e la vita peserà di più / sulla bilancia».

di Andrea Monda