«Ho paura!». Margherita non aveva proprio intenzione di mettere piede nel campo di padel. A gesti, con la sensibilità di una ragazza di 21 anni con autismo, aveva fatto subito intendere che voleva tutti a distanza: che nessuno si avvicinasse per proporle di giocare, insomma. Sembrava proprio una partita persa. E invece ecco la scintilla della fraternità capace di far scattare l’idea di una relazione umana diretta, proprio attraverso quell’esperienza inclusiva e aperta a tutti che è lo sport.
Sorprendendo tutti, Margherita ha giocato a padel — pure bene! — nella prima tappa del Padel autistic tour, lo scorso 23 novembre al centro sportivo Villa Pamphili. E la notizia è che sabato prossimo, 14 dicembre, scenderà in campo anche nella seconda tappa, alle ore 15.30 al The Fox, in via Ettore Stampini 36, nel quartiere Aurelio.
Questo singolare Tour di padel — 15 tappe nei circoli sportivi di Roma — con bambini e ragazzi autistici protagonisti di un’esperienza inclusiva, è un’opportunità di condivisione, attraverso il linguaggio concreto dello sport, vissuta come un corso gratuito e “itinerante” che coinvolge anche le famiglie. Una proposta particolarmente significativa per Roma nei giorni del Giubileo che proprio nell’accoglienza per tutti e nella speranza ha le parole-chiave. E il Tour si concluderà sabato 14 giugno, proprio in occasione del Giubileo dello sport.
A promuovere l’iniziativa, patrocinata dall’International Padel Federation, sono l’associazione “Siamo Delfini impariamo l’autismo” e Athletica Vaticana. Con il sostegno del «Corriere dello sport». Hanno aderito e sostengono il progetto numerosi circoli sportivi che hanno spalancato le porte nel segno della cultura dell’incontro. Facilitando l’inclusione e la condivisione in semplicità — con una racchetta e una pallina — nella visione concreta dello sport per tutti e con tutti e che non escluda mai.
Nei luoghi sportivi più frequentati dagli appassionati di padel, bambini e ragazzi nello spettro autistico hanno la possibilità di vivere l’esperienza di uno sport particolarmente “sociale” che, pur svolgendosi in una “gabbia”, è espressione di libertà dai propri limiti e dai pregiudizi. Accanto ai giovanissimi protagonisti del Tour ci sono compagni di gioco-insegnanti che condividono il campo nello stile del volontariato e dell’amicizia che diventa fraternità.
Ed è proprio l’esperienza che sta vivendo Margherita — e, come lei, gli altri 10 ragazzi con autismo che hanno preso parte alla prima tappa — trovando il coraggio di accettare l’invito a provare a tirare “il primo colpo”. In passato Margherita aveva giocato a tennis ma quel primo colpo nel padel, tirato peraltro con ottimo timing superando la paura di essere “coinvolta”, le ha suscitato un imprevisto sorriso. E via con altri sorrisi a ogni nuovo colpo, accompagnato anche da un piccolo salto per esprimere gioia. Semplice. Incontenibile. Arriva, inaspettatamente puntuale, anche il primo «batti cinque» che ha annullato — anche fisicamente — quella distanza imposta, con chiari gesti, da Margherita al momento di entrare, tentennante, in campo. «Ma sono brava?» è poi la domanda che ha segnato l’inizio della relazione diretta: da quel momento è stato un susseguirsi di sorrisi, proposte di provare colpi più complessi, volée comprese. Con un coinvolgimento che l’ha portata, spontaneamente, anche a raccogliere le palline sparse nel campo. Gesto non scontato. Per poi unirsi con tutti in un grande abbraccio, all’interno del campo, per la foto di gruppo di rito.
Forse solo i più tenaci e ottimisti sognatori potevano immaginare che in un campo di padel Margherita potesse cambiare il suo “approccio con il mondo” fino a tessere una nuova rete di relazioni.
Non è finita qui. Dopo la partita, Margherita ha rilanciato la sua “voglia di dialogo” tenendo anche a far sapere che conosce la lingua francese. Usandola non più come una barriera ma come espressione di dolcezza, come “qualcosa” che le appartiene nel profondo. E anche con la delicatezza di parlare piano per farsi capire da tutti. Una volée davvero vincente.
di Fabrizio Peloni