La distruzione delle statue nel passato come nell’oggi, rappresenta per i Paesi l’emblema della caduta di un potere, che in Siria ha dominato dal 1970. L’abbattimento oggi a Damasco del monumento dedicato ad Hafez al-Assad, padre del presidente Bashar, e morto nel 2000, segna simbolicamente la fine di una dinastia. La città viene raccontata come se avesse ripreso a respirare, ma i confini della Siria sono in agitazione.
La speranza di molti è che ora il Paese possa in qualche modo aprirsi alla riconciliazione e senza spargimenti di sangue. È anche l’auspicio del cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco, che si augura che per i siriani possa arrivare anche un po’ di prosperità, così come il rispetto per i cristiani e le varie confessioni religiose, e che poi si appella alla comunità internazionale affinché vengano eliminate le sanzioni che hanno messo in ginocchio la popolazione.
Eminenza, cosa è successo nelle ultime ore ?
Dalle cinque di ieri mattina non ho più dormito. Ero preso dalla paura perché sentivo spari, spari continui spari, anche adesso per strada ci sono spari ma sono di festa, come si usa da queste parti. La gente che spara in alto è contenta perché si è risolta questa questione che poneva molta apprensione. Grazie a Dio ecco c’è stato questo passaggio senza spargimento di sangue, senza la carneficina che si temeva. Ora la strada è tutta in salita, chi ha preso il potere ha promesso che tutti saranno rispettati, che si farà una nuova Siria, e speriamo che mantengano le promesse, ma la strada è naturalmente ancora tutta in salita.
Lei ha dei timori per quello che potrebbe essere il futuro della comunità cristiana?
I ribelli hanno incontrato i vescovi ad Aleppo subito, nei primi giorni, assicurando che rispetteranno le varie confessioni religiose e rispetteranno i cristiani. Speriamo che mantengano questa promessa e che si vada verso una riconciliazione e che oltre alla riconciliazione la Siria possa trovare anche un po’ di prosperità, perché la gente ormai non ne poteva più.
Le persone stavano fuggendo, di fronte all’impossibilità di sopravvivere nel Paese come era arrivato ad essere…
L’unico desiderio dei giovani era in questi ultimi tempi, soprattutto questi ultimi due anni, quello di scappare perché non vedevano futuro nel loro Paese. Adesso speriamo che si apra la porta un po’ alla speranza perché quello che vedevamo era la speranza che stava morendo o era già morta. Quindi adesso speriamo che con l’aiuto della comunità internazionale, con la buona volontà di tutti i siriani si intraprenda un cammino di riconciliazione e di ricostruzione e di prosperità di un minimo di prosperità per tutta la gente.
Lei ha citato la comunità internazionale che naturalmente sta mostrando preoccupazione per ciò che sta accadendo. Secondo lei, quale dovrebbe essere il ruolo soprattutto delle grandi potenze in questo momento?
Io direi, sperando che quelli che hanno preso potere mantengano la promessa di rispettare e di creare una nuova Siria su basi democratiche, l’augurio è che anche la comunità internazionale risponda, magari abolendo le sanzioni, perché sono un peso che grava molto, soprattutto sulla povera gente. Voglio sperare che poco a poco vengano eliminate le sanzioni.
di Francesca Sabatinelli