L’Osce è a un bivio:
Successi, in questi 50 anni dall’Atto finale di Helsinki, ce ne sono stati tanti, come pure sfide vinte. Quello a cui si assiste, invece, negli ultimi anni all’interno dell’Osce è «una crescente rottura della fiducia reciproca tra alcuni Stati partecipanti, un aumento dell’aggressività ideologica e un palese disprezzo dei principi fondamentali» contenuti nello stesso Atto finale di Helsinki. Non risparmia denunce e richiami, monsignor Paul Richard Gallagher, ai membri dell’Organizzazione per la sicurezza e cooperazione in Europa, a cui rilancia l’invito a recuperare uno spirito di dialogo e collaborazione. Pena l’«auto-annullamento» dello stesso organismo. «L’Osce è innegabilmente a un bivio e il suo futuro è responsabilità di ogni singolo Stato partecipante», dice l’arcivescovo nel suo intervento di ieri al 31° Consiglio dei Ministri in corso a Malta, Paese che nel 2024 ha la presidenza annuale dell’organismo.
Ai ministri degli Esteri dei 57 Stati partecipanti di tre continenti, Gallagher porta il saluto del Papa e la gratitudine per tanti traguardi raggiunti, sempre con l’impegno di perseguire «pace», «sicurezza» e «giustizia», ma porta al contempo la «preoccupazione» della Santa Sede nell’osservare «la crescente frammentazione e le divisioni che stanno oscurando le radici stesse dell’Osce e influenzano il suo lavoro quotidiano». A tal proposito, il segretario per i Rapporti con gli Stati ricorda nel suo intervento il monito di Papa Francesco che, parlando di cooperazione internazionale, ha messo in guardia dal «rischio di dividersi in ‘club’ che ammettono solo Stati ritenuti ideologicamente compatibili». «Anche le agenzie dedicate al bene comune e alle questioni tecniche, che finora si sono dimostrate efficaci, rischiano la paralisi a causa della polarizzazione ideologica e dello sfruttamento da parte di singoli Stati», diceva Francesco, e Gallagher lo ha ribadito.
Il principale richiamo è all’Atto finale di Helsinki, l’accordo dell’estate 1975 che, firmato da 35 Stati, pose un freno alla Guerra Fredda. Quella stessa intesa tante volte invocata da Papa Francesco e dal cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, in quest’epoca segnata da conflitti e lacerazioni. L’Osce è frutto proprio dello ‘spirito’ di Helsinki, cioè, ha ricordato monsignor Gallagher, la «comprensione comune di tutti gli Stati partecipanti che la pace non è semplicemente l’assenza di guerra o il mantenimento di un equilibrio di potere, ma piuttosto il frutto di relazioni amichevoli, di un dialogo costruttivo e della cooperazione tra gli Stati nell’adempimento degli obblighi derivanti dal diritto internazionale e dal rispetto di tutti i diritti umani universali».
Ecco, queste relazioni, questo dialogo, questa volontà di cooperare sembrano oggi venir meno all’interno dell’Organizzazione. L’arcivescovo ribadisce al consiglio dei ministri quale principale organo decisionale e di governo del’Osce, la preoccupazione nell’osservare tali fratture, oltre ad «una mancanza di consenso procedurale». Ne è esempio, dice, «il fatto che ci sono voluti diversi mesi per nominare le prime quattro posizioni». Senza dimenticare che «non c’è stata alcuna discussione formale sulla presidenza in carica per il 2026». «Purtroppo – annota Gallagher — le sfide in corso all'efficacia e alla credibilità dell’Osce riflettono la più ampia situazione geopolitica, in particolare la guerra in Ucraina».
Come organismo di Stati allineati che opera per consenso, bisogna allora ripristinare «il paziente lavoro del dialogo e del negoziato piuttosto che l’imposizione con la forza». «Sarebbe profondamente deplorevole se gli Stati partecipanti rinunciassero alla speranza e compromettessero l’essenza stessa dell’Osce, rinunciando a perseguire decisioni basate sul consenso per trasformarla in un forum per soli Stati che la pensano allo stesso modo». Il rischio è infatti di un vero e proprio «auto-annullamento» o perlomeno di un «cambiamento di forma» dell’Organizzazione, la cui forza e unicità risiedono nella «diversità di prospettive» che arricchiscono dialogo e processi decisionali. «Restiamo quindi fermi nel nostro impegno a portare tutte le parti al tavolo dei negoziati», è quindi l’invito di Gallagher. «La Santa Sede è convinta che l’Osce continui a essere un forum unico e indispensabile per un dialogo autentico e negoziati fruttuosi, dove possono essere prese decisioni necessarie e urgenti basate sul consenso», aggiunge. «È fondamentale preservare la nostra Organizzazione, soprattutto in un momento in cui sono necessari il dialogo, la de-escalation e la distensione».
di Salvatore Cernuzio