Da un Rapporto del Censis risulta un’Italia molto sfiduciata, impoverita, sempre più senza figli.
Durante il Covid-19 una ragazza di sedici anni aveva scritto: «Non sono più felice come prima; non sorrido più come una volta. Non mi sento più capita da nessuno».
In questa d0menica andando in chiesa ci sentiamo dire: «Gioisci, esulta, rallegrati con tutto il cuore… Non temere, non lasciarti cadere le braccia» (prima lettura). «Rallegratevi nel Signore sempre, non angustiatevi per nulla» (seconda lettura).
Cosa dobbiamo pensare? Forse anche noi ci troviamo tra quelle categorie di persone che andavano da Giovanni Battista, e chiedevano: «E noi, che cosa dobbiamo fare?» (Vangelo).
Che cosa rende l’uomo felice? Ancora oggi molti sono convinti che la gioia sia da identificare con il piacere, il godimento, l’allegria sfrenata, per poi scoprire che sono più delusi di prima.
Diceva giustamente un filosofo tedesco: «La felicità non ha volto, ma spalle: per questo noi la vediamo solo quando se n’è andata» (Nietzsche).
Esiste un’altra gioia, un’altra felicità, che è più profonda, più intima, nella coscienza. Un altro filosofo tedesco scriveva: «La vera felicità non la si ha, vi si è» (Theodor Adorno). È un dono divino.
Ecco cosa noi possiamo e dobbiamo fare: chiederla a Dio nella preghiera, e fare opere di bene, di amore, di altruismo per ottenerla in dono. È questo il segreto della felicità; è a portata di mano.
Di mani aperte nel dare per far felici gli altri. Di cuori che amano senza darsi troppa pena per sapere se sono amati in contraccambio. Vivere è aiutare a vivere. Occorre creare altre felicità per essere felici!
di Leonardo Sapienza
Il Vangelo in tasca
Domenica 15 dicembre, III di Avvento
Prima lettura: Sof 3, 14-18
Salmo: Is 12
Seconda lettura: Fil 4, 4-7
Vangelo: Lc 3, 10-18