Le crisi sovrapposte
La tv pubblica israeliana Canale 11 — recentemente oggetto di accese critiche da parte dell’estrema destra governativa che vorrebbe privatizzarla — ha trasmesso domenica sera un’intervista ad uno dei leader dei ribelli sunniti di Hayat Tahrir al-Sham (Hts) che hanno preso il controllo di Aleppo e di altre ampie zone della Siria, il quale ha dichiarato come la loro operazione militare sia stata agevolata dall’intensa campagna militare israeliana contro l’Iran, e i suoi alleati nell’area, e dai ripetuti attacchi contro Damasco, degli ultimi mesi. L’attività militare dei ribelli siriani sunniti è iniziata 24 ore dopo che era scattata la tregua tra Israele e i miliziani di Hezbollah. Un altro esponente dei ribelli si era dichiarato «molto soddisfatto» aggiungendo all’emittente israeliana: «Ci accusano di collaborare con Israele perché eravamo contenti quando attaccava Hezbollah, e molto contenti quando l’ha sconfitta». Entrambi gli interlocutori hanno aggiunto che i ribelli sunniti non hanno nulla contro Israele, e che «Israele non è ostile nei confronti di chi non è ostile contro di essa».
Intanto aerei statunitensi hanno bombardato ieri notte l’est della Siria, nella zona di al-Mayadeen, colpendo alcuni convogli iraniani che tentavano di rifornire di armi le truppe governative fedeli a Bashar al Assad.
Nel frattempo, molte sono invece le polemiche che infuocano il clima politico nello Stato israeliano. Continuano le reazioni alle dure dichiarazioni dell’ex ministro della difesa israeliano Moshe Ya’alon che aveva denunciato domenica in tv «la pulizia etnica» in corso a Gaza, ed è stato successivamente accusato di «aiutare i nemici di Israele». Ma Ya’alon non ha fatto marcia indietro, neanche davanti alle prese di posizione difensive dell’attuale Capo di Stato Maggiore Halevi, ed ha anzi alzato ulteriormente il tiro sostenendo che l’Idf non può definirsi «il più morale degli eserciti», specificando che non accusa «l’Idf di portare avanti una pulizia etnica, ma i politici» che la indirizzano.
Altra grave polemica è quella che sembra opporre il Primo Ministro al Capo del servizio interno di sicurezza, Shin Bet, Ronen Bar. Come si ricorderà, il 21 novembre scorso lo Shin Bet ha incriminato membri dello staff di Netanyahu di aver trafugato e diffuso documenti riservati, allo scopo di rendere impossibile il raggiungimento di un accordo per la liberazione degli ostaggi israeliani detenuti da Hamas. In una lettera dai toni molto accesi Bar ha difeso l’operato della sua agenzia e le risultanze dell’inchiesta, che era stata definita da Netanyahu (che non è comunque indagato) una “caccia alle streghe”. La polemica è resa ancora più accesa dalla discussione che si aprirà domani alla Knesset, che sostanzialmente depenalizza la trasmissione di documenti classificati dai militari ai politici. Proposta di legge che nei media è definita “legge Feldstein”, dal nome del portavoce del primo ministro Eli Feldstein attualmente in stato di detenzione.
Proprio sui media si consuma la terza polemica del giorno, quella relativa alla libertà di stampa. In un lungo e documentato articolo di Manuela Dviri su «Gariwo magazine» viene lanciato un allarme sul destino del quotidiano «Haaretz». Il quotidiano, stampato in ebraico e in inglese da più di 100 anni, e da sempre espressione dell’area liberal e democratica israeliana, sempre molto critico nei confronti dei governi di destra, antirazzista, e favorevole ad una pacificazione con i palestinesi, vanta firme famose e discusse come Gideon Levy e Amira Hass. Il governo, a seguito di controverse dichiarazioni dell’editore Amos Shocken — poi ritrattate — ha sospeso la pubblicità governativa sul giornale. I giornalisti israeliani hanno reagito definendo questo provvedimento un lesivo attacco alla libertà di stampa.
Sul fronte della guerra a Gaza, da segnalare nella serata di ieri la dura dichiarazione del presidente eletto americano Donald Trump secondo cui Gaza «pagherà l’inferno» se entro il 20 gennaio (data del suo insediamento alla Casa Bianca) tutti gli ostaggi israeliani non saranno liberati.
di Roberto Cetera
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