· Città del Vaticano ·

La preoccupazione del nunzio apostolico a Damasco, cardinale Mario Zenari

«In Siria la speranza muore la gente vuole solo scappare»

People walk at Aleppo's ancient citadel, after the Syrian army said that dozens of its soldiers had ...
02 dicembre 2024

In Siria «la speranza è morta, sta morendo, in alcuni casi è già sepolta». La gente ha un unico desiderio: «Scappare». Quattordici anni di conflitto, la povertà estrema, le sanzioni internazionali, il terremoto, ora una nuova ondata di tensioni e violenze iniziano a pesare anche sul cuore del cardinale Mario Zenari. Da sedici anni nunzio a Damasco, il porporato guarda con preoccupazione alla presa di Aleppo che ha già provocato centinaia di morti e migliaia di sfollati. «Si vedrà cosa succederà. C’è una calma sospetta ora», riferisce il porporato ai media vaticani. Una telefonata breve, in mezzo a mille richieste, con il telefonino che squilla a ripetizione in sottofondo. Segnali di una nuova emergenza che il Paese sta vivendo. Una nuova guerra.

«Purtroppo non si parlava più della Siria da circa tre anni, era sparita dai radar dei media. Adesso è tornata a far parlare di sé con questi tragici eventi», osserva il porporato, spiegando di essere in contatto con le comunità cristiane di Aleppo. «C’è molta paura, gli uffici governativi sono spariti, l’esercito pure, ci sono gruppi armati che girano e che hanno promesso di non toccare la popolazione civile. Finora sembra che abbiano rispettato questo, ma la gente comunque sta rinchiusa in casa». Tutto, sottolinea il nunzio, «è molto incerto»: «Regna l’inquietudine. I vescovi hanno rassicurato i fedeli che rimarranno ad Aleppo e così pure i preti, i religiosi, accanto alla popolazione». Difficile da prevedere se la violenza possa espandersi ad altre zone del Paese. «Non si sa cosa riserverà il futuro per questa zona e per la Siria in generale. D’altra parte tutto il Medio Oriente sta bruciando e le carte geopolitiche si sono scombinate».

La sofferenza più grande per il nunzio è vedere la gente fuggire, in particolare i giovani. Questa situazione sarà una nuova spinta all’emigrazione, rileva: «Il numero già preoccupante degli sfollati interni — circa 7 milioni — sicuramente aumenterà, come aumenterà il numero dei rifugiati. È inevitabile. Nei Paesi vicini ci sono quasi 6 milioni di siriani. Tra quelli fuori e quelli dentro, la Siria mantiene un triste primato di profughi: circa 13 milioni, più della metà della popolazione».

La gente scappa perché «non ha più speranza nel futuro del Paese. Non si vede ricostruzione, non si vede avvio economico, non c’è lavoro, quindi l’unico desiderio della gente, dei giovani, è quello di andare via», sottolinea ancora Zenari. E con un filo di voce scandisce: «Qui la speranza è morta». L’auspicio è che l’imminente Giubileo «possa inviare una boccata d’ossigeno a questa gente che soffre la guerra, la fame, la mancanza di lavoro».

Un ultimo messaggio il cardinale lo lancia alla comunità internazionale: «È giusto aiutare a risolvere i conflitti, ma prima di tutto c’è la prevenzione. Certi conflitti nel mondo erano prevedibili, bisognava fare qualcosa prima. In Medio Oriente, in Ucraina... Insisterei sul muoversi prima, sennò poi ci muoviamo quando i cocci sono già rotti».

di Salvatore Cernuzio