Una vita guidata
La santità è «un cammino di progressiva conformazione a Cristo» ed è «unica» perché ha «in Cristo la sua misura e il suo metro», ma «i suoi modelli nel corso della storia sono senz’altro cambiati». Partendo da questa premessa il cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle cause dei santi, ha sviluppato nel pomeriggio di ieri, 29 novembre, il suo intervento all’incontro svoltosi a Concesio, in occasione del decennale della beatificazione di Papa Montini.
L’evento ha avuto inizio nella casa natale di san Paolo vi , con l’inaugurazione della “Visita virtuale” all’edificio, ed è poi proseguito nell’auditorium “Vittorio Montini” dell’Istituto Paolo vi .
Nella sua relazione, dal titolo La santità cristiana oggi. Il modello di Paolo vi , il porporato si è soffermato su tre punti: la santità di Papa Montini come è stata delineata nel processo canonico culminato nella canonizzazione il 14 ottobre 2018; il magistero, ambrosiano e romano, sul tema della santità; il testo paolino — «Non vivo più io. Ma Cristo vive in me» — ritenuto da Romano Guardini il nucleo della santità cristiana così come recepito da Montini.
Circa il primo punto, il cardinale ha affermato che in Paolo vi si riscontrano «quei sentimenti o autocoscienza di sé stesso che troviamo in Gesù e che ogni battezzato dovrebbe anche ricordare, proprio in base alla sua appartenenza a Cristo»; e che «nella luce di Cristo vedeva e misurava la vita di quaggiù». Sono aspetti che emergono anche in un discorso dello stesso Montini agli studenti delle scuole cattoliche di Roma, il 25 febbraio 1978, quando ai ragazzi disse che «la soluzione radicale ai vostri problemi non sta in un complesso di “cose”, ma in “Qualcuno”. Qualcuno in cui tutti i valori che segretamente cercate si trovano riuniti: Cristo», esortando poi ad andare «incontro a Cristo, al Cristo vivo, la cui voce risuona anche oggi in modo autentico nella Chiesa», a non fermarsi «in superficie» e a raccogliere «il messaggio, di cui la Chiesa è portatrice sicura, perché assistita dallo Spirito». Insomma, ha fatto notare il prefetto del Dicastero delle cause dei santi, «il desiderio di Cristo è la linea rossa di tutta la sua vita terrena».
Circa il magistero di Montini sul tema della santità, il porporato ha proposto un passaggio dell’udienza generale del 9 luglio 1975, Anno Santo, nel quale il Pontefice spiegava che «chi accetta d’essere positivamente cristiano avverte, ad un dato momento», la «sempre più stringente esigenza» della perfezione, aggiungendo che «avere Dio come modello di perfezione» è «stimolo ad essere simili nella realtà a quel Dio, del quale è impressa la ineffabile somiglianza sul nostro volto» e che è «Cristo che ci propone questa vera statura dell’uomo, questo autentico tipo di superuomo». Ai tempi in cui era arcivescovo di Milano, per la festa di Tutti i Santi del 1957, Montini affermava che la santità è possibile e «che non è una vocazione esclusiva ed eccezionale per alcune grandi anime, ma è una chiamata rivolta a tutti», indicando «nella carità l’essenza della perfezione, la radice di tutto l’agire cristiano, la via maestra per la santità: una via che ciascuno può percorrere» e aggiungendo che «la Chiesa non cessa di presentare all’ammirazione e al culto dei fedeli i giganti della santità, gli atleti della penitenza, gli eroi del martirio», offrendo, però, «alla imitazione comune», «modelli più accessibili».
Infine, circa il versetto della Lettera ai Galati di Paolo «Non vivo più io. Ma Cristo vive in me», il porporato ha illustrato alcune delle tante occasioni nelle quali Papa Montini ha insistito sul senso dell’affermazione dell’apostolo delle genti, tra le quali spicca l’udienza generale del 15 gennaio 1964, dopo il viaggio in Terra Santa. «Noi siamo cristiani, veramente; dopo tanti secoli, e tanta trasformatrice esperienza storica, siamo ancora come Lui ci fece e ci volle — proclamava il Pontefice —, siamo, per grazia sua, suoi autentici discepoli, anzi noi siamo suoi autentici apostoli, suoi autentici rappresentanti».
Questa unione con Cristo, che Paolo vi scrivendo ai sacerdoti per la Settimana Santa 1961 delinea come «presenza in noi», ha anche una corrispondenza con le testimonianze rese nel processo per la sua beatificazione e canonizzazione, ha concluso il cardinale Semeraro. Infatti una delle suore che abitavano con lui nell’appartamento in Vaticano ha dichiarato che «quando era in cappella, il suo sguardo era fisso sempre al tabernacolo, sembrava una persona attratta dal cielo».
di Tiziana Campisi