· Città del Vaticano ·

In tempo di Avvento (e di conflitti)

Risollevarsi
e crescere nell’amore

 Risollevarsi e crescere nell’amore  QUO-272
30 novembre 2024

È di nuovo Avvento. È ancora Avvento. Perché Avvento è speranza. E non possiamo dismettere la speranza. Specie quando tutto nel mondo sembra volercela strappare via. L’Avvento di un nuovo anno liturgico che sarà anche giubilare. E nell’indire il Giubileo Papa Francesco ci chiama appunto a conservare la speranza, anzi a essere diffusori di speranza, pellegrini di speranza. Scrivo queste note da Betlemme dove sentiamo in modo molto forte il valore di questo tempo, perché qui Dio ha realizzato le sue promesse facendo nascere il suo figlio Gesù dalla Vergine Maria. Ma come possiamo vivere questa nostra vita terrena, questa nostra difficile e a volte tragica quotidianità, come un pellegrinaggio di speranza?

La Parola di Dio che meditiamo in questo inizio di Avvento ci da tre indicazioni: siamo chiamati ad alzare il capo, a vegliare pregando, e a crescere nell’amore. Di fronte alla perigliosità del nostro vivere (specie in questa nostra Terra Santa afflitta dalla guerra) Gesù ci dice «Risollevatevi e alzate il capo perché la vostra liberazione è vicina» (Luca, 21, 28), cioè ci dice che non dobbiamo mai disperarci, mai ripiegarci su noi stessi, mai aver paura, ma alzare ancora di più il nostro sguardo verso Gesù, perché è l’unico che può cambiare il corso della storia verso il rinnovamento, verso il bene. Alzare il capo allora vuole appunto dire tenere viva in noi la speranza. Di fronte al male, alla disperazione, alla malattia, allo scoraggiamento, a questa orribile guerra che ci angoscia e ferisce, non abbiamo altra alternativa che tenere alta la testa.

Per tenere viva questa speranza occorre che sappiamo vegliare pregando. Mi ha molto colpito leggere su questo nostro giornale la ricorrente testimonianza di un giovane di Gaza, Suhail Abo Dawood, che racconta come sotto i più terribili bombardamenti si sentiva sicuro perché era in chiesa, a pregare, assieme agli altri cristiani, e sentiva così che la sua vita era nelle mani di Dio. Testimone di speranza, scrive su “L’Osservatore Romano” del 19 novembre scorso: «Siamo certi che questa guerra finirà presto e speriamo che i nostri giorni a venire saranno migliori». Alzare la testa dunque, ma alzarla verso il Cielo, verso Gesù, pregando. E poi, infine, essere capaci di raccogliere l’invito che san Paolo faceva ai primi cristiani: crescere e abbondare nell’amore vicendevole e verso tutti (cfr. 1 Tessalonicesi, 13, 12). L’amore nella famiglia, nelle comunità, nella società, è un moltiplicatore di speranza. Ma un amore verso tutti. Senza distinzioni di popolo, nazione, religione o lingua. Un amore incondizionato verso chiunque Dio mette sulla nostra strada.

Se ci impegniamo veramente a crescere nell’amore, non solo cresceremo ancor più nella speranza ma riceveremo in dono anche la pace. Quella vera, quella che solo Gesù può donare. Quella di cui il mondo, la Terra Santa, i nostri cuori hanno oggi tanto bisogno. Sperando e pregando e amando, arriverà.

di Francesco Patton
Padre custode di Terra Santa