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I tanti volti della povertà abitativa a Roma Occorre una grande alleanza per dare segni concreti di speranza

Sospendere gli sfratti nell’anno del Giubileo

 Sospendere gli  sfratti  nell’anno del Giubileo  ODS-027
30 novembre 2024

Occorre chiamarla povertà abitativa e non emergenza. Infatti, questa ultima riguarda un evento imprevisto che richiede interventi immediati. La grave mancanza di case, invece, perdura, si aggrava da decenni a Roma e altrove; è una privazione di qualcosa di essenziale, per questo è corretto parlare di povertà abitativa. Parlarne con il Natale e l’avvio del Giubileo ormai prossimi e con un inverno che morde per chi non ha un tetto decente ha un significato particolare.

È vero, le persone non sono numeri, ma questi aiutano a vedere meglio le sofferenze e le ingiustizie umane che vi sono dietro. Sono quasi 30.000 i nuclei famigliari che nel 2022 hanno chiesto un contributo al Comune per pagare l’affitto; i provvedimenti di sfratto nel 2023 sono stati 3.528 (molti per morosità incolpevole, cioè l’impossibilità di pagare il dovuto!), di cui 2.058 eseguiti; 18.608 le famiglie in attesa di un alloggio popolare a fine 2023, con 7.259 di esse dal 2013, cioè da 10 anni; erano ancora 778 i nuclei familiari (1.500 persone) a carico di Roma Capitale nei residence. Sono tra i 2.000 e i 2.500 gli alloggi occupati senza titolo.

Abbiamo poi gli insediamenti abusivi (tende, baracche, giacigli...), circa 350 quelli censiti dalla polizia locale di Roma Capitale nel primo semestre 2024. Sono 23.420 i “senza tetto e senza fissa dimora” censiti dall’Istat alla fine del 2022 nell’area metropolitana di Roma, 22.162 nella capitale. Erano 2.204 le persone che vivevano per la strada censite al 20 aprile 2024 grazie alla collaborazione tra Roma Capitale e Istat e 1.962 volontari, nella sola area dell’anello ferroviario di Roma, comprese le stazioni ferroviarie di Roma Ostiense, Tiburtina, Trastevere e Tuscolana e nei quartieri residenziali del x Municipio (Ostia).

Per circa 70.000 studenti universitari fuori sede che frequentano gli 11 atenei a Roma, l’offerta di alloggi pubblici, forniti dall’Ente regionale per il diritto allo studio e alla conoscenza, nella capitale raggiunge appena il numero di 2.439. Per tutti gli altri non resta che arrangiarsi, fino a pagare 500 euro al mese per una camera. Molti giovani invece rinunciano a studiare a Roma. Abbiamo poi il dilagare degli affitti “brevi” (per i turisti e nel 2025, per i pellegrini del Giubileo) che permettono ai proprietari di guadagnare mensilmente ben di più rispetto agli affitti “lunghi”, cioè ai regolari contratti di affitto (3 anni + 2). Affitti brevi che stanno stravolgendo il tessuto sociale di molti quartieri non solo centrali. A luglio 2024 il dossier dell’Istat segnala che in dieci anni la popolazione residente nel i Municipio è scesa del 38%, cioè di oltre 20.000 persone trasferitesi altrove. Nel mentre sul web l’offerta di affitti brevi arriva a 35.000 tra case vacanza e mini appartamenti, senza considerare il mercato irregolare.

Che dire poi dello scandalo di circa 200.000 appartamenti vuoti, cioè senza persone dentro, mentre i canoni di affitto continuano ad aumentare (al di là del centro, siamo sui 1.200 al mese per 70/80 metri quadri) e decine di migliaia di famiglie, di persone cercano affannosamente un’abitazione dignitosa? Non si affitta, la grande proprietà per speculazione, molti singoli piccoli proprietari perché hanno timore di non recuperare l’appartamento a scadenza del contratto, o perché temono che non gli venga pagato l’affitto mensile. Per uno straniero, poi, tutto si complica, perché la diffidenza domina. Per stipulare un regolare contratto di affitto, oltre a disporre di un contratto di lavoro a tempo indeterminato, viene richiesta a garanzia una polizza assicurativa o una fideiussione bancaria.

La povertà abitativa è un insieme di fenomeni complessi, per affrontare i quali servirebbe un impegno corale, post ideologico, della politica, delle istituzioni, dell’economia e delle comunità locali, oltre che dei singoli proprietari che non c’è ancora. Roma capitale, la città, da sola non può farcela.

Occorre una grande alleanza per la capitale del paese per cambiare rotta e trovare le risorse necessarie e approvare le riforme indispensabili, come quella costituzionale per dotare Roma di un nuovo ordinamento. Oltre alle grandi e primarie responsabilità che spettano alle forze politiche tutte a livello locale, regionale o nazionale, per affrontare la povertà abitativa è necessario che pure i singoli e le comunità facciano la loro parte per aiutare a dare un tetto dignitoso a molte famiglie disperate.

La priorità è quella di tirare fuori dalla strada i troppi che vi dormono. Occorre ampliare notevolmente la rete diffusa di primissima accoglienza, assicurare in tutti i modi un primo dignitoso riparo a chi ne è sprovvisto ed affrontare poi la questione abitativa, insieme a quella sanitaria, economica e quella lavorativa per coloro che sono ancora in grado di lavorare. Occorre, in secondo luogo, sospendere almeno nell’anno del Giubileo, l’esecuzione degli sfratti, in particolare quelli per morosità incolpevole (l’85% del totale), venendo però incontro alle legittime esigenze dei piccoli proprietari, perché non si può essere ligi per far uscire le persone dalle case e non aiutarle a trovare una alternativa dignitosa. Una terza cosa urgente da fare è disincentivare al massimo gli affitti brevi ed incentivare, viceversa, gli affitti “lunghi”, modificando subito le regole a livello nazionale e locale utilizzando anche la leva fiscale.

Penso che pure come Chiesa, cioè come popolo di Dio, dobbiamo e possiamo fare molto di più per dare, a partire dall’anno del Giubileo della Speranza, effettivi segnali di speranza e per testimoniare una carità intelligente, operosa e soprattutto concreta. Quanti sono, tra i proprietari di quelle circa 200.00 case vuote, coloro che frequentano le nostre chiese e che potrebbero rendersi disponibili, con le necessarie garanzie e le dovute facilitazioni anche fiscali, ad affittare il proprio appartamento vuoto? Quante sono le proprietà ecclesiali, mi riferisco pure agli istituti religiosi, che potrebbero meglio conciliare le legittime esigenze di valorizzare il proprio patrimonio immobiliare per trovare risorse indispensabili per sostenere in Italia e nel mondo il proprio compito missionario e di solidarietà, con l’esigenza di destinare una parte anche minima del proprio patrimonio abitativo per venire incontro, applicando canoni sociali, calmierati, a tante famiglie senza casa o sotto l’incubo di uno sfratto prossimo all’esecuzione?

È giunta l’ora di compiere quel «coraggioso gesto di amore per il prossimo» che Papa Francesco ci ha chiesto nella lettera per il Giubileo che il 15 novembre ha indirizzato ai parroci, ai religiosi e al clero della diocesi: «Arginare l'emergenza abitativa con segni di carità e di solidarietà per generare speranza nelle migliaia di persone che nella città di Roma versano in condizione di precarietà abitativa».

di Giustino Trincia
Direttore della Caritas di Roma