· Città del Vaticano ·

La strada ...non è mai senza uscita

Grazie per avermi visto

  Grazie per avermi  visto    ODS-027
30 novembre 2024

Ti sentivo arrivare, ma non sempre potevo muovermi. Quando non faceva troppo freddo e riuscivo ad alzare lo sguardo, scostando la sciarpa ruvida e sporca dal mio viso, prendendo spazio tra le montagne di buste, i nostri occhi si incrociavano per un istante e allora sorridevo, e anche tu. Mi vergognavo per il mio stato, per quella dignità che mi era stata rubata. Ma tu ridevi, comunque, e allora forse...

Pochi istanti e chissà se ti avrei mai più rivisto. Ho pensato a te quando mi sono venuti a prendere. A te che mi ricordavi casa, i profumi degli agrumi, il sale del mare di Messina e la sabbia delle Mortelle che si infilava tra le dita dei piedi. A te e alle parole che mi hai detto la prima volta quando mi hai regalato una coperta rosa. Concetta come stai? Oi si cchiù bedda di sempri, risplanni comu nu ciuri ô suli.

Come potevi conoscere il mio nome? Come facevi a sapere il mio dialetto e che la mia terra amata era la Sicilia? Forse mi avevi sentita parlare con mia sorella? O forse ti avevo conosciuto e dimenticato assieme alle mille cose che dimenticavo ogni giorno per non soffrire; assieme alle persone che ci sfuggivano davanti all’ingresso della Stazione di Roma Termini.

Francesca non poteva capire. Lei gli uomini li ha sempre evitati. Schiva, arcigna e brontolona. Ma in fondo era buona, la mia sorellina. Era quello che le avevano fatto da ragazza che l’aveva segnata, dopo che il mondo ci era crollato addosso. Prima la mamma con quella brutta malattia che l’aveva svuotata come una noce senza gheriglio, poi nu frati Salvatore che scelse di perdersi nelle acque del porto; e la casa distrutta da quella maledetta alluvione e poi il babbo. Puvireddhu patruzzu, quantu beni nni vulìa! Ù Scèccu Comunista lo chiamavano. Ancora credeva negli ideali lui, ma poi quando chiddu vastasu si è approfittato di Francesca, nulla ha potuto dire. Nulla. Mutu comu ’n pisci. È da quel giorno che è iniziato a morire. Franceschina, a me picciridda, mancu diciassett’anni avia…

Se n’è andato così il babbo. Non lo hanno investito, non ci ho mai creduto. Lo so che l’ha cercata. S’ammucciò darrè a strata da funtana pi poi jittàrisi a muriri ‘n facci a chiddu camiuni.

È così che arriviamo a Roma Termini. Che dovevamo restare a fare lì? Quaranta anni sono passati, ma sembra un attimo. Non c’era più spazio per noi, non c’era più luce, non c’era più nessuno. Solo sguardi pietosi mischiati al vociare.

Poviri cristiani… uccelli di mala nova sunnu, tutti a iddi ci capitanu… e ora, doppu u fattu, cu s’a pigghia a dda criatura?

Non lo ricordo il tuo nome. Forse me lo hai detto, o forse no… Ma i tuoi occhi mi sono rimasti nell’anima, ancora adesso. Sono una vecchia, lo so, ma il cuore non smette mai di battere. E ora non ho più stracci addosso, ora profumo di vita e di arance e di sale del mare. Non so come abbiano fatto a capire che solo tornando qui saremmo potute rinascere; proprio nel luogo dove tutto è cominciato e poi finito. È proprio vero che la vita non smette mai di sorprenderci: acuì u suli cu u ventu.

Avevamo paura quando ci hanno messo sull’ambulanza e Francesca strillava e agitava il bastone… Vastasi!!! Lasciatici… Chi mali vi facemmu?

Ma stava troppo male. Era la terza volta in una settimana che girava gli occhi in su e iniziava a tremare, come avesse il diavolo dentro. E allora capii che sarebbe stato l’unico modo per salvarci… per salvarmi, per te.

La casa dove ci hanno accolto è bella e mi ricorda la nostra, che era proprio poco distante da qui, in fondo alla collina. E il primo pasto caldo con il profumo di melanzane fritte e ricotta salata… che meraviglia!

Vorrei che mi vedessi adesso, ora che ti scrivo una lettera che forse metterò in una bottiglia come si faceva una volta e lascerò viaggiare in mare, fino alle coste di Roma…

Vorrei che mi vedessi adesso come sono, una donna, vera, fiera, bella, con il vestito rosso come le Signore. Di nuovo viva, come una volta. Ma tu già mi conoscevi, già mi avevi trovata, oltre quell’odore che ci portavamo dietro, oltre i capelli unti, oltre i mucchi di buste piene di scarti e mondezza, oltre quel maledetto secchio dove eravamo costrette a fare i nostri bisogni in mezzo alla piazza.

Grazie, per avermi visto davvero. Grazie per avermi salvato.

Anche per questo ti amo.

di Alessandro Radicchi *

* Fondatore di Binario 95 (Roma)