Il Papa, i cardinali,
«Non abbiamo ascoltato abbastanza la voce delle donne nella Chiesa». Da questa (sua) constatazione è nata la scelta inedita di papa Francesco di far riflettere i cardinali del proprio Consiglio, il cosiddetto C9, sulla questione femminile. Non da soli, però. Bensì insieme alle donne, chiamate a un confronto libero, franco e autentico con le massime autorità ecclesiastiche. Nella convinzione che «la Chiesa da esse ha ancora molto da imparare». Nei mesi fra le due sessioni del Sinodo sulla sinodalità, il Pontefice ha così affidato alla religiosa salesiana e teologa Linda Pocher la regia di un ciclo di incontri di formazione sul tema.
«Ci eravamo conosciuti nel 2022 quando mi aveva chiesto un approfondimento sul pensiero di Hans Urs von Balthassar, che avevo studiato a lungo. Un anno dopo, nel giugno 2023, mi ha ricontattato – racconta suor Pocher -. Mi ha dato la massima libertà nell’articolazione dell’intera proposta a cominciare dalla scelta dei temi e degli invitati. Il Papa mi ha consegnato solo tre aggettivi guida in merito dall’approccio da sviluppare: funzionale, amministrativo e ministeriale». La teologa li ha declinati in un ciclo di quattro momenti distribuiti tra dicembre 2023 e giugno 2024, - i cui resoconti sono contenuti in altrettanti libri pubblicati dalle Paoline – che, con una prospettiva interdisciplinare, mettessero in luce le diverse sfaccettature della tematica e combinassero i problemi più urgenti con alcuni nodi di fondo da sciogliere. «Questi ultimi – spiega - in un’ottica di lungo periodo potrebbero rivelarsi molto più fecondi frutti di novità delle prime».
Linda Pocher ha coinvolto, dunque, otto persone – sette donne e un uomo - con competenze, biografie, sensibilità differenti che offrissero una pluralità di sguardi: la brasiliana e afrodiscendente Regina da Costa Pedro della Congregazione missionarie dell'Immacolata-Pime, il sacerdote e teologo Luca Castiglioni, la consacrata dell’Ordo virginum e insegnante Giuliva Di Berardino, la canonista Donata Horak, la teologa Stella Morra, l’economista Valentina Rotondi, la presidente del Coordinamento delle teologhe italiane Lucia Vantini, la vescova anglicana Jo Wells. Il percorso è cominciato proprio dal confronto critico con il principio mariano-petrino di Balthasar, a cui si sono ispirati gli ultimi pontificati, per affrontare, senza remore, il dibattito sui ministeri, l’influenza del fattore culturale, e, infine, quello che Michel Focault chiamava l’interdetto: il tema del potere.
«Lo confesso, ero preoccupata quando ho ricevuto l’invito. Suor Linda mi ripeteva che si sarebbe trattato di una riunione semplice, informale. E davvero, contrariamente a ciò che pensavo, è stato così. A cominciare dal luogo: una sala di Casa Santa Marta – racconta suor Regina, unica non europea del gruppo, chiamata a dialogare, insieme a Stella Morra, sulla cultura -. Mi hanno accolto con estrema cordialità. Contro ogni aspettativa mi sono sentita incredibilmente a mio agio. Ci hanno fatto sedere di fronte al Papa, al suo segretario e al cardinale Pietro Parolin. Gli altri porporati erano ai lati. Ci hanno lasciato un tempo disteso per parlare – circa una quarantina di minuti a testa - e ci hanno ascoltato con grande attenzione: erano sinceramente interessati. Lo conferma il fatto che ci hanno rivolto numerose domande. Francesco, ad esempio, ci ha chiesto quali pensavamo fossero le radici del clericalismo e le cause delle resistenze a una presenza più incisiva delle donne. Il segretario di Stato ci ha domandato se dietro la richiesta di riconoscimento non potesse nascondersi un desiderio di potere. L’ho trovato molto sincero: ha dato voce a un dubbio che serpeggia all’interno di tanti uomini di Chiesa». «Solo un aneddoto per descrivere il clima – le fa eco Donata Horak che, con Valentina Rotondi, si è concentrata sul potere -. Quando è finito l’incontro, sono rimasta nel corridoio ad aspettare una collega; il Papa, ormai sull’ascensore, è uscito ed è tornato da me perché “non sta bene ritirarsi prima che gli ospiti siano andati via”». La canonista ha scelto di non tenere un vero e proprio discorso. «Ovviamente avevo scritto le mie riflessioni. Ma ho preferito parlare a braccio, affinché fosse uno spazio autentico di vero ascolto e vera discussione. I cardinali tra loro sono diversi, hanno posizioni e visioni diverse, appartengono ad ambiti culturali molto distanti. Ci siamo confrontati con franchezza sulle questioni della riforma del diritto canonico e di alcune dinamiche ecclesiali».
«Non dimenticherò mai l’emozione che ho provato entrando in quella stanza – sottolinea Valentina Rotondi -. Avevo accettato e preparato l’intervento senza rendermi pienamente conto dell’eccezionalità del momento che avrei vissuto. Là ho realizzato. Papa Francesco, per farmi rilassare, ha fatto una battuta sul fatto che gli avessi portato un nipotino per distrarlo. Si riferiva al mio bambino di due mesi che, nel frattempo, si trovava in un’altra sala, accudito da mio cognato. Mi ha dato del tu, come a tutti, non per mancanza di rispetto, ma per creare fraternità e sororità. Mi sono sciolta immediatamente». «Quando ho ricevuto l'invito ho pensato si trattasse di uno scherzo – aggiunge la vescova Jo Wells, convocata con Giuliva Di Berardino per parlare dei ministeri -. Quando, però, è mi sono trovata a Santa Marta, mi ha colpito la normalità con cui si sia svolto il tutto. Appena abbiamo varcato la soglia, unendoci a una riunione già iniziata, papa Francesco si è alzato in piedi per darci il benvenuto. Dopo le presentazioni, ha passato la presidenza a suor Linda, un segno di straordinaria fiducia e libertà. Il modello gesuita di discernimento era molto evidente, non da ultimo quando lei stessa ha iniziato con un breve momento di preghiera affinché lo Spirito Santo guidasse il nostro ascolto e apprendimento. Ho notato l'ironia: una donna stava già guidando il culto e le orazioni». Quella stessa mattina, Giuliva Di Berardino non ha avuto reticenze nel sostenere di fronte al Pontefice e al Consiglio, l’opportunità di aprire il diaconato alle donne. «Non posso negare di aver avvertito una grande responsabilità nell’offrire la mia proposta, sapendo che diverse donne avevano (e hanno) delle aspettative importanti a riguardo – dice -. Io non ne avevo, ma l’argomento mi stava a cuore, soprattutto dopo aver studiato la situazione delle donne come emerge dal Sinodo dell’Amazzonia. La discussione che è seguita è stata vivace e costruttiva».
Lucia Vantini ha sostenuto, invece, che il principio mariano-petrino di Balthasar, su cui è intervenuta insieme a Luca Castiglioni, non fosse un buon punto di partenza per la corresponsabilità ecclesiale tra i sessi. «La reazione è stata plurale: qualche resistenza, qualche stupore, qualche buona complicità – racconta -. Non avevo quell’ansia di prestazione che a volte si prova quando il compito è solo e tutto personale. Sono arrivata là dopo una storia di studio, di formazione e di collaborazione con altre donne. Nel Coordinamento teologhe italiane, in particolare, ho imparato a riconoscere e ad arginare il sentimento d’elezione, la tentazione di parlare per sé stesse, il desiderio di essere “la favorita del re”».
«Siamo sicuri che la questione delle donne non sia, forse, la “questione degli uomini”? – domanda Luca Castiglioni, l’eccezione maschile del ciclo di formazione - La buona notizia è che questa problematica non è più intesa come settoriale, ma riconosciuta come urgenza per la Chiesa intera, la cui credibilità oggi dipende molto dalla qualità delle relazioni fra i ministri ordinati e gli altri battezzati, in particolare le battezzate. Del problema ha fatto parte, a lungo, il suo insabbiamento: non si riusciva ad ascoltare il grido delle donne e si credeva risolutiva l’esaltazione del “genio femminile”. Queste convocazioni del Papa – e le conseguenti pubblicazioni, con prefazioni da lui firmate – segnalano, invece, una consapevolezza e un orientamento: chiede di riflettere su come “smaschilizzare” la Chiesa, favorisce il dialogo anche critico con le argomentazioni tradizionali e ascolta diverse donne. Che, però, anche quando erano in tre rimanevano in minoranza davanti a lui e ai nove cardinali! Questi hanno reagito con garbo, umanità e misura, ma con una parola sempre più “pesante” di quella delle loro invitate. In ogni caso, hanno ascoltato riflessioni inusuali nei “sacri palazzi”. Se l’operazione, nel suo insieme, contribuirà all’edificazione del consenso sul tema, sarà già un frutto. Magari primaticcio. Sarebbe bello se non marcisse». «Non è solo una questione di equità di genere – dice Regina da Costa Pedro -. Sono convinta che lo Spirito abbia molto da dire alla Chiesa attraverso la parola e l’azione delle donne».
«Al di là dei suoi effetti immediati, questa serie di riunioni è stata un fatto decisivo – conclude Stella Morra -. Che le autorità della Chiesa dicano di avere necessità di capire meglio e si mettano in attitudine di apprendimento e di apprendimento da donne è il vero cambio di paradigma».
di Lucia Capuzzi
Giornalista «Avvenire»