· Città del Vaticano ·

DONNE CHIESA MONDO

Il «Dio nuovo» a Roma e le prime donne cristiane

Chiedi chi era
Pomponia Grecina

 Chiedi chi era Pomponia Grecina  DCM-011
07 dicembre 2024

Nel Libro Il Dio Nuovo, racconto la storia dei primi cristiani a Roma attraverso i luoghi che ne conservano la memoria. Un po’ mi attengo alle fonti, un po’ immagino: ma pur immaginando, mi sono dovuto arrendere ad una lacuna : le donne romane delle prime comunità cristiane non compaiono nei titoli di testa. Eppure sappiamo e intuiamo che ebbero un ruolo fondamentale: Paolo per esempio nella sua Lettera ai romani le cita eccome, attribuendo loro un posto di primo piano nelle comunità delle origini. E poi la storia del cristianesimo è piena di matrone che si sono convertite spesso a dispetto dei mariti, trasformando le loro abitazione nelle domus ecclesiae, cioè nei luoghi di ritrovo delle prime comunità. I nomi di quelle donne sono arrivati ai nostri giorni: divennero infatti, nel tempo, i tituli, cioè le intestazioni delle chiese più antiche: ad esempio Santa Sabina, Santa Cecilia e San Lorenzo in Lucina. Basiliche sorte sopra i luoghi dove i primi cristiani tenevano assemblee, leggevano la Parola, spezzavano il pane, gestivano l’assistenza ai più deboli. Ad ospitare e organizzare quelle comunità erano le padrone di casa.

La capostipite di queste matrone romane convertite ed assai attive, fa capolino nel Vangelo di Matteo, si tratta addirittura della moglie di Pilato, che, a quanto pare, fece il tentativo di evitare che il marito si lavasse le mani delle sue responsabilità: «Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: Non avere a che fare con quel giusto, perché oggi, in sogno, sono stata molto turbata per causa sua».

Quando a Roma arriva Pietro va ad abitare, secondo la tradizione, non in una insula, cioè in un caseggiato popolare a più piani, ma in una domus, una villa unifamiliare di un uomo ricco e potente: il senatore Pudente, (sopra quella domus oggi sorge l’antica e meravigliosa basilica di Santa Pudenziana, di cui scrivo nel libro). Eppure la Parola di Gesù potrebbe aver raggiunto un’altra famiglia altolocata, oltre quella del senatore. E la protagonista di quella conversione clamorosa sarebbe una donna.

Costei si chiama Pomponia Grecina, la sua storia è già stata romanzata in Quo vadis. Ecco cosa dice di lei lo storico Tacito: «Pomponia Grecina, nobile matrona romana, andata sposa a Plauzio, quando egli ritornò dalla Britannia che aveva governato con gli onori del trionfo, poiché era stata accusata di superstizione straniera (superstitionis externae rea), fu sottoposta al giudizio del marito». Dunque negli ambienti patrizi di Roma, gli stessi del senatore Pudente, accade un fatto che fa molto discutere. Questo signor Plauzio, un funzionario imperiale, torna dalla Britannia, e subito lo mettono al corrente di un guaio che riguarda sua moglie. No, lei non lo tradisce, ci mancherebbe. Ma per certi versi è peggio. La questione è religiosa. Pomponia, avrebbe aderito ad un culto straniero. Sarebbe stata sorpresa a partecipare a qualche strano rito. Di religioni alternative a Roma a quel tempo ce ne erano tante: orientali, misteriche, orgiastiche, filosofiche. Ma quale poteva essere questo culto, da rappresentare un danno di immagine, per un uomo in carriera? Probabilmente si trattava del cristianesimo. Plauzio, tornato dalla Britannia, si trova la moglie cristiana. E allora, cosa fa? Le organizza un processo, ma non pubblico, casalingo. Leggiamo: «e questi, secondo l'antico costume (prisco instituto), istruì il processo sulla vita e sull’onore della moglie alla presenza di tutti i congiunti, e la proclamò innocente (propinquis coram de capite famaque coniugis cognovit et insontem nuntiavit)». Questo Plauzio è un genio: su consiglio del suo avvocato (immagino io) riesuma un istituto di quelli della Roma antica, che può riassumersi così: i panni sporchi (delle mogli) si lavano in famiglia, perché è solo lì che la loro funzione si svolge. Plauzio processa la moglie, di fronte a un tribunale casalingo, e l’assolve. Mi pare evidente: è una soluzione per mettere a tacere lo scandalo e per proteggere la donna. Una volta che Pomponia è stata assolta, con un processo regolare, tutti zitti, anche quelli che l’avevano sorpresa e accusata.

Come può fare però la donna, una volta assolta, a restare cristiana senza destare un nuovo scandalo? Pomponia individua la soluzione: ritirarsi a vita privata, e lo fa prendendo a pretesto un lutto familiare, che però assume una forte valenza politica: «Questa Pomponia ebbe poi lunga vita in continua tristezza (continua tristitia fuit). Infatti dopo l’uccisione di Giulia, figlia di Druso, voluta con inganno da Messalina (dolo Messalinae interfectam), per quarant’anni vestì a lutto, e sempre triste in cuore; per lei tutto ciò passò impunemente durante il regno di Claudio (imperitante Claudio), poi le fu motivo di gloria (mox ad gloriam vertit)». Questa povera Giulia, la donna in onore della quale Pomponia decide di vestire il lutto, è sua cugina. Era stata ammazzata. E addirittura la mandante del suo omicidio, era la moglie di Claudio, cioè dell’imperatore, Messalina: l’ha fatta uccidere oppure l’ha indotta al suicidio con false accuse di incesto, per stroncare pericolose linee di successione, visto che questa Giulia era imparentata con mezza dinastia giulio-claudia.

Messalina è giovane e bellissima, al contrario del marito Claudio che è vecchio, zoppo e malato. Doveva sembrare ai cristiani, specie quelli di provenienza ebraica, l’incarnazione stessa di Babilonia cioè la città del peccato (era “Babilonia” il nome in codice che i cristiani usavano per definire Roma). Dell’imperatrice Messalina, cioè della regina di Babilonia, si raccontavano le peggiori nefandezze: era accusata di partecipare alle orge, di commettere incesti, di ordinare omicidi. Gli storici pettegoli, Svetonio e Tacito, raccontano addirittura che frequentasse travestita i bordelli della Suburra, per competere sul campo con le prostitute professioniste. Però poi anche Messalina finì vittima degli intrighi messi in piedi da lei stessa. Suo figlio Britannico non divenne mai imperatore. Claudio, suo marito, preoccupato che gli amanti della moglie potessero costituire un piccolo esercito, la fece ammazzare e sposò Agrippina, la mamma di Nerone, che Messalina aveva fatto esiliare. Agrippina era una donna più stabile: al piacere preferiva il potere.

Però torniamo a Pomponia: questa matrona, accusata di aderire a culti esotici, assolta dal marito, veste insolitamente il lutto per quarant’anni in ossequio alla sua cugina uccisa. Per quanto potesse amarla, pare un tempo eccessivo. È evidentemente che fosse una scusa, per potersi ritirare dalla vita pubblica senza destare sospetti. O forse vuole mandare, non dico al mondo, ma all’ambiente senatorio e imperiale, un messaggio: il valore della Roma antica, e tra questo la celebrata austerità delle antiche matrone romane, quella che il capostipite Augusto voleva restaurare col paganesimo, è oggi recuperato da un culto nuovo. Si tratta del cristianesimo. Che restituisce alle donne la libertà di essere caste.

Sembra una contraddizione: ma lo sembra oggi, allora non lo era, perché le donne erano costrette a sposarsi e a fare figli, per cui sottrarsi a questa imposizione senza entrare in qualche ordine sacro, poteva rappresentare per le donne una straordinaria occasione di libertà. Più tardi, durante le persecuzioni anticristiane dei secoli successivi, furono molte le donne torturate e uccise proprio perché si ribellavano al loro destino di spose per forza.

Sono storie di martirio che assomigliano molto a quei delitti che oggi definiamo femminicidi. Come quella di sant’Agata a Catania, o di sant’Agnese a Roma.

Forse nella domus ecclesiae del senatore Pudente, ad ascoltare Pietro, veniva anche lei, Pomponia Grecina, che aveva trovato il modo di praticare il culto di Gesù senza dare nell’occhio. Nelle catacombe cristiane di San Callisto fu trovata un’epigrafe, riferita a un Pomponio Grecino sepolto lì. Era un discendente di quella donna. Sarebbe un indizio ulteriore di quella conversione.

di Alessandro Sortino


Un libro-pellegrinaggio


Il Dio nuovo – Storia dei primi cristiani che portarono Gesù a Roma di Alessandro Sortino è un viaggio spirituale e storico che conduce il lettore, passo dopo passo, alla scoperta delle radici della Chiesa cristiana. Con  una narrazione che intreccia fede e storia e diventa un pellegrinaggio, Sortino si incammina (e accompagna) in direzione del sepolcro degli Apostoli, sovrapponendo i propri passi  a quelli  dei pellegrini che a milioni hanno compiuto per secoli lo stesso percorso, passando attraverso la Porta Santa delle basiliche dedicate a san Pietro e san Paolo, «per scoprire se insieme a quelle ossa, nelle loro tombe, la speranza è piantata o è seppellita». Dall’arrivo di Pietro e Paolo a Roma fino all'incendio devastante della città, per cui i due Apostoli sono ingiustamente accusati e condannati a morte, si snoda  un viaggio che attraversa lo spazio e il tempo. La grande forza del libro sta nel modo in cui Sortino, che si professa cattolico, mescola il racconto personale, un cammino di fede, e la ricostruzione  storica. Mettendo in campo i vari strumenti professionali di cui dispone - giornalista, autore e conduttore televisivo e radiofonico,  personaggio televisivo - dipinge un affresco vivido della Roma antica e delle vite dei protagonisti di quell’epoca, muovendosi sulle  tracce incredibilmente intatte che questi uomini e donne hanno lasciato.