I segni del cambiamento climatico «non possono essere nascosti o dissimulati», così come «contenuti in poche parole», in quanto causano «fenomeni estremi» che colpiscono maggiormente le «nazioni più povere»: è l’allarme lanciato da Papa Francesco in un messaggio ai partecipanti al seminario Affrontare i problemi della crisi ambientale alla luce della Laudato si’ e della Laudate Deum, esperienze in America Latina, accompagnato dall’invito a «rafforzare le relazioni» tra i popoli e «i legami con tutto ciò che è il Creato». L’evento si è svolto ieri 28 novembre a Palazzo San Calisto, promosso dalle ambasciate di Bolivia, Cuba e Venezuela presso la Santa Sede, con il sostegno della Pontificia commissione per l’America Latina. Numerosi i relatori che si sono succeduti nell’Aula Pio xii , a cominciare dal cardinale Robert Francis Prevost, prefetto del Dicastero per i vescovi e presidente della suddetta commissione, il quale in un saluto iniziale ha sottolineato l’urgenza di passare «dal discorso all’azione» di fronte all’aggravarsi della crisi ambientale. Il «dominio sulla natura» delegato da Dio all’uomo non deve essere «dispotico», ha detto; egli è «amministratore che deve rendere conto del suo lavoro» in un rapporto di «reciprocità» con l’ambiente. «La nostra missione è quella di trattarlo come fa il suo Creatore», condannando «azioni tiranniche a beneficio di pochi», ha affermato Prevost, mettendo in guardia dalle possibili conseguenze «nocive» dello sviluppo tecnologico ed evidenziando l’impegno della Santa Sede per la sostenibilità.
Da parte sua il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, cancelliere della Pontificia accademia delle scienze, ha parlato di un «fallimento»: quello nel «creare troppo» e non «condividere i doni». Urge un cambio di rotta «del progresso umano, della gestione dell’economia e degli stili di vita», ha affermato il porporato ghanese. «Il mondo non è un incidente» ma un «atto intenzionale di Dio» e ognuno è chiamato a essere «co-creatore». Turkson ha messo in guardia dai movimenti negazionisti che bollano come «falsi» i vari «allarmismi» portando la comunità globale a rimanere immobile quando in realtà «c’è molto da fare». Nel suo intervento il prefetto del Dicastero per la comunicazione, Paolo Ruffini, si è concentrato sul rapporto tra informazione e crisi climatica: la valanga di notizie «molto spesso false e quasi sempre raccontate in modo confuso» ha portato l’umanità «a un punto di non ritorno». Diventa necessario pertanto chiamare le cose con il loro nome, così come ha fatto Papa Francesco nei riguardi della crisi climatica, definendola «incontestabile». «Sappiamo tutto, ma non sappiamo nulla», ha aggiunto Ruffini parafrasando Oscar Wilde. In questo contesto prolifera «la macchina dei negazionisti» che «minimizza» l’emergenza. Da qui, la necessità di «una cura giornalistica pari a quella della scienza, per trovare storie potenti ed efficaci». A tal proposito il prefetto ha citato l’iniziativa Laudato si’ Media Project realizzata dai media vaticani che racconta storie tradotte in più di trenta lingue che trattano «il positivo già in atto».
Fra gli ospiti avvicendatisi nelle due sessioni Emilce Cuda, segretario della Pontificia commissione per l’America Latina, che ha evidenziato, partendo dalle radici, la natura «socio-ambientale» della crisi climatica. Da Cuda anche un focus sulla «produttività sociale» che provoca effetti devastanti sul mondo del lavoro e uno sguardo all’attualità, in primis la tragedia di Valencia: vicenda nota a tutti perché in Europa, ha osservato, mentre rimangono invisibili le drammatiche alluvioni in Brasile che hanno «spazzato via intere popolazioni».
«Siamo tutti interconnessi ma ciascun popolo rischia di rinchiudersi nel proprio piccolo o grande cortile» è stata poi la denuncia al convegno di monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la vita. «Per la prima volta nella storia, l’uomo ha l’opportunità di distruggere sé stesso e il Creato», ha ammonito il presule, incoraggiando a «individuare strade innovative e coraggiose» per «mettere al centro lo sviluppo di tutti i popoli». Il problema, infatti, è che «nessuno pensa che ciò che accade in Ucraina o nelle cinquantanove guerre aperte nel mondo interessi direttamente al proprio paese». Questa «inconsapevolezza», ha detto Paglia, è sintomo di una nuova «religione», il culto dell’io, o di visioni «sovraniste». Tra gli interventi quello dell’ambasciatore della Bolivia presso la Santa Sede, Teresa Susana Subieta Serrano, che ha evidenziato il ruolo cruciale degli accordi multilaterali nel promuovere la sostenibilità ambientale. A farle eco il vicepresidente boliviano David Choquehuanca Céspedes che ha puntato il dito contro un «capitalismo verde», causa di una crisi «trasversale» che colpisce in particolare le popolazioni indigene.
Kaveh Zahedi, direttore dell’Ufficio cambiamento climatico, biodiversità e ambiente presso la Fao, ha presentato gli interventi in America Latina e Caraibi per la protezione delle popolazioni indigene «attraverso sistemi agricoli di valore». Progetti che incarnano le preoccupazioni della Laudato si’ sullo «sfruttamento delle risorse naturali». Zahedi ha citato pure la Cop29 appena conclusa a Baku dove si è registrata «un’azione più forte davanti alla crisi climatica» ma resta la necessità di aumentare le basse percentuali di fondi destinati ai sistemi agro-alimentari.
È stato invece un inno alla bellezza della Creazione il discorso di María Paz Jurado, rappresentante della Fondazione Scholas Occurrentes, ma anche un richiamo a prestare attenzione ai giovani che «stanno gridando e cercano di essere ascoltati».
Mentre il ministro venezuelano Josué Alejandro Lorca Vega ha illustrato il modello dell’«ecosocialismo» che si concretizza in politiche pubbliche di successo nel paese che avvicinano soprattutto i giovani e insegnano loro a «pulire la casa che noi stessi abbiamo sporcato», Pedro Luis Pedroso Cuesta, a nome del Ministero degli affari esteri di Cuba, ha ribadito l’urgenza di una cooperazione internazionale per i cambiamenti climatici e di «strumenti giuridicamente vincolanti» per affrontare la crisi ambientale: essa è sintomo delle preoccupazioni dell’agenda multilaterale globale, ha detto. La risposta, però, è «frammentata», come ha dimostrato la Cop29 dove non è stato raggiunto un «traguardo finanziario» per i paesi in via di sviluppo.
Infine Alfredo Luciani, presidente dell’Associazione internazionale Carità politica, ha citato Papa Francesco per ribadire la necessità di un paradigma di ecologia «integrale» che vede il Creato non come «macchina da sfruttare» ma come casa comune da curare.
di Edoardo Giribaldi