Sabato 23
Giustizia |
Il fulcro del messaggio che oggi vorrei lasciarvi è questo: voi siete chiamati ad amare la giustizia, la carità e la verità, e a impegnarvi quotidianamente per attuarle nel vostro lavoro come canonisti e in tutti i compiti che svolgete al servizio dei fedeli. |
Si tratta di amarle tutte e tre contemporaneamente, perché esse vanno insieme — giustizia, carità e verità, vanno insieme — e, se si prescinde da una, le altre perdono di autenticità.
Il nostro modello è Gesù Cristo, che è la Verità ed è giusto e misericordioso.
Né giustizia senza carità, né carità senza giustizia.
Una carità senza giustizia non è carità.
La giustizia è virtù cardinale importantissima, che porta a dare a ciascuno il suo diritto.
Questa virtù va vissuta anche all’interno della Chiesa: lo esigono i diritti dei fedeli e i diritti della Chiesa stessa.
Tuttavia, in nessuna comunità umana, e tanto meno nella Chiesa, basta rispettare i diritti: occorre andare oltre i diritti, con lo slancio della carità, cercando il bene dell’altro mediante la donazione generosa della propria esistenza.
Anche nelle vostre mansioni giuridiche dovete ricordarlo sempre: le persone vanno trattate non solo secondo giustizia, il che è imprescindibile, ma anche e soprattutto con carità.
Va così evitata una giustizia fredda che sia meramente distributiva senza spingersi al di là, cioè senza misericordia.
Ma nemmeno si può ipotizzare una carità senza giustizia.
Coltivate la vostra sensibilità giuridica, non intesa come si pensa quale mero adempimento delle formalità peraltro dovute, bensì come delicato riconoscimento di ciò che costituisce un vero diritto della persona nella Chiesa.
Un servizio |
Come operatori della giustizia avete il compito di contribuire ad accertare quali siano i diritti e i doveri dei fedeli e come ci si debba adoperare per tutelarli, anche mediante i processi, tanto necessari all’occorrenza per il bene della Chiesa. |
La carità non dissolve la giustizia, non relativizza i diritti.
In nome dell’amore non si può tralasciare ciò che è dovere di giustizia.
Da parte sua, la misericordia non cancella la giustizia, al contrario spinge a viverla più delicatamente come frutto della compassione dinanzi alle sofferenze del prossimo.
L’armonia tra carità e giustizia si illumina nel loro comune riferimento alla verità.
Vera carità e vera giustizia: ecco l’orizzonte affascinante e la sfida attraente del vostro servizio ecclesiale.
(A un corso promosso dalla Rota Romana)
La fatica |
Nel Vangelo i pescatori incarnano atteggiamenti importanti. Ad esempio la costanza nella fatica: i discepoli sono descritti come «affaticati nel remare» per colpa del vento contrario, o ancora provati dall’insuccesso, mentre stanchi ritornano a terra a mani vuote, dicendo: «Abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla». |
Ed è proprio così: il vostro è un lavoro duro, che richiede sacrificio e tenacia, di fronte sia alle sfide di sempre, sia a nuovi urgenti problemi, come il difficile ricambio generazionale, i costi che continuano a crescere, la burocrazia che soffoca, la concorrenza sleale delle grandi multinazionali.
Questo però non vi scoraggia, anzi alimenta un’altra caratteristica vostra: l’unità. In mare non si va da soli.
Per gettare le reti è necessario faticare insieme, come equipaggio, o meglio ancora come una comunità in cui, pur nella diversità dei ruoli, il successo del lavoro di ciascuno dipende dall’apporto di tutti.
In questo modo la pesca diventa una scuola di vita, al punto che Gesù la usa come simbolo per indicare la vocazione degli apostoli: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini».
Le relazioni |
E ora mi rivolgo a voi, fratelli e sorelle del mondo della Sanità. Anche la vostra è una missione che costa fatica e richiede di saper lavorare insieme, in équipe. |
La fatica di turni estenuanti, le preoccupazioni che portate nel cuore e il dolore che raccogliete dai vostri pazienti richiedono conforto, richiedono guarigione.
Per questo vi raccomando di non trascurarvi, anzi di farvi custodi gli uni degli altri; e a tutti dico che è importante riconoscere la vostra generosità e ricambiarla, garantendovi rispetto, stima e aiuto.
Ecco la via: essere uniti nella solitudine perché nessuno sia solo nel dolore. E lì c’entra la vicinanza, sempre.
Vorrei allora concludere ricordando a tutti l’importanza della famiglia, cellula della società. Essa è fondamentale per entrambe le vostre professioni.
Anzitutto per i sacrifici che i vostri familiari condividono con voi, adattandosi agli orari e ai ritmi esigenti del vostro lavoro, che non è solo una professione, ma è un’“arte”, e dunque coinvolge tutta la persona e il suo ambiente.
Poi per il sostegno che i vostri familiari vi danno nella fatica e spesso nella stessa attività.
Custodite le vostre relazioni familiari, per favore: esse sono “medicina”, sia per i sani che per i malati.
L’isolamento e l’individualismo, infatti, aprono le porte alla perdita della speranza, e questo fa ammalare l’anima, e spesso anche il corpo.
(A pescatori di varie parti d’Italia e a partecipanti a un convegno sui servizi sanitari nazionali)
Domenica 24
Dal Signore |
Oggi il Vangelo presenta Gesù davanti a Ponzio Pilato: è stato consegnato al procuratore romano affinché lo condanni a morte. Tra i due, però, inizia — tra Gesù e Pilato — un breve dialogo. |
Attraverso le domande di Pilato e le risposte del Signore, due parole in particolare si trasformano, acquistando un senso nuovo.
Due parole: la parola “re” e la parola “mondo”. Il potere regale di Gesù, il Verbo incarnato, sta nella sua parola vera, la sua parola efficace, che trasforma il mondo.
Il “mondo” di Ponzio Pilato è quello dove il forte vince sul debole, il ricco sul povero, il violento sul mite, cioè un mondo che purtroppo conosciamo bene.
Gesù è Re, ma il suo regno non è di quel mondo, anche non è di questo mondo.
Il mondo di Gesù, infatti, è quello nuovo, quello eterno, che Dio prepara per tutti donando la sua vita per la nostra salvezza.
È il regno dei cieli, che Cristo porta sulla terra effondendo grazia e verità.
Ascoltare il Signore infonde luce nel nostro cuore e nella nostra vita.
Proviamo a chiederci — ognuno si chieda nel suo cuore —: posso dire che Gesù è il mio “re”? O dentro il cuore ho altri “re”?
In che senso? La sua Parola è la mia guida, la mia certezza?
Vedo in Lui il volto misericordioso di Dio che sempre perdona, che ci sta aspettando per darci il perdono?
(Angelus in Piazza San Pietro)
Lunedì 25
Semi |
Sono molto lieto che la vostra visita si inserisca nel crescente dialogo tra giainisti e cristiani, che si svolge da decenni, promosso dal Dicastero per il Dialogo Interreligioso. |
Gran parte dei problemi che oggi affliggono la società sono dovuti all’individualismo e all’indifferenza, che portano molte persone a disprezzare la dignità e i diritti del prossimo, in particolare nei contesti multiculturali.
Da una parte ci sono gruppi che dominano ed escludono le minoranze, restando sordi al «grido della terra e al grido dei poveri».
D’altra parte, vi sono quanti si propongono di costruire l’amicizia sociale, la solidarietà e una pace duratura. Tre cose che dobbiamo sempre avere in mente: amicizia sociale, solidarietà e pace.
Purtroppo, questi sforzi costruttivi sono spesso ostacolati e bloccati.
Dal confronto |
Eppure non dobbiamo scoraggiarci, né temere di seminare speranza attraverso iniziative che coltivino il senso di umanità in noi credenti e in tutti. |
Questo impegno costante è fondato sul fatto che «Dio ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a vivere insieme come fratelli e sorelle».
La fratellanza universale non dobbiamo dimenticarla mai.
Ogni persona di buona volontà può diffondere amore, dedicarsi a chi è nel bisogno rispettando le differenze.
È questo stile che ci dà sempre nuova energia per prenderci cura gli uni degli altri e della casa comune.
Gli incontri interreligiosi come quello a cui voi date vita contribuiscono a rafforzare la comune volontà di lavorare insieme per costruire un mondo migliore.
(Alla delegazione internazionale giainista)
Artigiani |
La situazione attuale rende la promozione della pace ancora più importante e sono lieto di vedere che la vostra delegazione è composta da giovani appartenenti a contesti e religioni diverse. |
Questo è un segno che il desiderio della pace è radicato nel cuore umano e che è capace di portare unità nella diversità.
Sappiamo tutti, però, che il vostro compito non è facile.
Abbiamo bisogno dei giovani per svolgere questo importante servizio, perché essi possiedono un tipo di idealismo, entusiasmo e speranza, che ricordano a tutti noi che un mondo migliore è possibile, che la pace è possibile.
In particolare, i giovani possono aiutare gli altri a scoprire gli elementi cruciali che preparano la strada alla pace: il perdono e la disponibilità a lasciare andare i pregiudizi e le ferite del passato.
I giovani sono creativi, ma è brutto quando noi incontriamo giovani ideologizzati, nei quali l’ideologia prende il posto dei pensieri, e la volontà di fare il bene.
Dobbiamo sempre ricordare e imparare dalla storia, un attaccamento malsano alle ferite e ai pregiudizi del passato non può mai portare a una pace vera e duratura.
Di fatto, perpetua soltanto la spirale del conflitto e della divisione.
Il dialogo è l’unica strada per la pace, per incontrarci.
I giovani possono essere grandi artigiani di pace attraverso il dialogo.
Il quotidiano |
È così facile scoraggiarsi, quando vediamo gli effetti devastanti della guerra e dell’odio, per non parlare della povertà, della fame, della discriminazione e di varie altre realtà che minacciano la prospettiva della pace. |
Queste realtà sono frutto delle guerre.
Ciò può indurci a pensare che il nostro impegno nel dialogo sia vano perché produce pochi risultati concreti.
Forse sarete anche criticati perché vi concentrate sul bisogno del dialogo, allo scopo di portare avanti la causa della pace.
In quei momenti, ricordate che qualsiasi cosa che valga la pena di fare, non è mai facile.
Richiede sacrificio, richiede la volontà di tornare a impegnarsi ogni giorno, soprattutto quando le cose sembrano non andare come vorremmo.
Mantenete viva la speranza, cari giovani, tenendo sempre presente che siamo tutti parte di un’unica famiglia umana.
Siamo tutti fratelli e sorelle e gli sforzi per promuovere la riconciliazione, l’armonia e la pace varranno sempre la pena del nostro tempo e dei nostri sforzi.
E, naturalmente, non perdere mai il senso dell’umorismo, quella gioia sana!
(Alla Delegazione del “Universal Peace Council”)
Un impegno |
Vi incoraggio a impegnarvi nella sensibilizzazione al rispetto delle regole del Codice di sicurezza stradale. |
La diffusione dell’educazione stradale — prevista anche dai vostri Statuti attraverso l’organizzazione di corsi da svolgere nelle scuole — vi rende merito.
In questo modo, avete la possibilità di far riflettere i ragazzi, che ammirano i campioni delle “moto” ma spesso sono incoscienti dei pericoli.
In effetti, sono moltissime le vittime di incidenti stradali, e tante sono giovani!
In molti casi la cattiva conoscenza o la mancata applicazione delle norme di sicurezza mette in pericolo l’incolumità non solo di chi guida, ma anche quella altrui.
Per questo il tempo dedicato alle iniziative didattiche in tal senso è un investimento a favore della vita.
(Alla Federazione motociclistica italiana)
Porte aperte |
Sappiamo quanto il matrimonio e la famiglia siano decisivi per la vita dei popoli: da sempre la Chiesa se ne prende cura, li sostiene e li evangelizza. |
Purtroppo, ci sono Paesi in cui le autorità pubbliche non rispettano la dignità e la libertà cui ogni essere umano ha inalienabile diritto quale figlio di Dio.
Spesso vincoli e imposizioni pesano soprattutto sulle donne, costringendole in posizioni di subalternità. E questo è molto brutto.
Ricordiamo che le prime comunità cristiane si sono sviluppate in forma domestica, ampliando nuclei familiari con l’accoglienza di nuovi credenti, e si riunivano nelle case.
Come dimora aperta e accogliente, fin dall’inizio la Chiesa si è prodigata affinché nessun vincolo economico o sociale impedisse di vivere la sequela di Gesù.
Entrare nella Chiesa significa sempre inaugurare una fraternità nuova, fondata sul Battesimo, che abbraccia lo straniero e perfino il nemico.
Impegnata nella stessa missione, anche oggi la Chiesa non chiude la porta a coloro che faticano nel cammino di fede, anzi, spalanca la porta, perché tutti «hanno bisogno di un’attenzione pastorale misericordiosa e incoraggiante». Tutti.
Non dimenticare quel “tutti”, che è un po’ la vocazione della Chiesa, madre di tutti.
Senza escludere nessuno, la Chiesa promuove la famiglia, fondata sul Matrimonio, contribuendo in ogni luogo e in ogni tempo a rendere più solido il vincolo coniugale, in virtù di quell’amore che è più grande di tutto: la carità. Nelle famiglie le ferite si guariscono con l’amore.
All’Istituto Giovanni Paolo ii spetta una speciale cooperazione su questo terreno, mediante studi e ricerche che sviluppino una conoscenza critica dell’atteggiamento di diverse società e culture nei confronti del matrimonio e della famiglia.
Auspico che in ogni parte del mondo l’Istituto sostenga gli sposi e le famiglie nella loro missione, aiutandoli a essere pietre vive della Chiesa e testimoni di fedeltà, di servizio, di apertura alla vita, di accoglienza.
Camminiamo insieme nella sequela di Cristo!
Questo stile sinodale corrisponde alle grandi sfide di oggi, davanti alle quali le famiglie sono segno della fecondità e della fraternità fondate sul Vangelo.
In questo stile di Chiesa è molto importante l’annuncio della Parola, ma più importante l’ascolto della Parola.
Prima di annunciare, ascoltare: l’ascolto della Parola come viene predicata e l’ascolto della Parola che viene dalle voci degli altri, perché Dio parla mediante tutti.
(Al Pontificio Istituto teologico Giovanni Paolo ii per le scienze del matrimonio e della famiglia)
Mercoledì 27
La gioia |
A differenza dei carismi, che lo Spirito dà a chi vuole e quando vuole per il bene della Chiesa, i frutti dello Spirito — amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé — sono il risultato di una collaborazione tra la grazia e la nostra libertà. |
Non tutti nella Chiesa possono essere apostoli, profeti, evangelisti; ma tutti indistintamente possono e debbono essere caritatevoli, pazienti, umili, operatori di pace e così via.
Tutti noi dobbiamo essere caritatevoli, dobbiamo essere pazienti, dobbiamo essere umili, operatori di pace e non di guerra.
La gioia, frutto dello Spirito, ha in comune con ogni altra gioia umana un certo sentimento di pienezza e di appagamento, che fa desiderare che duri per sempre.
Sappiamo per esperienza, però, che questo non avviene, perché tutto quaggiù passa in fretta.
La gioia del Vangelo, a differenza di ogni altra gioia, può rinnovarsi ogni giorno e diventare contagiosa.
È la duplice caratteristica della gioia frutto dello Spirito: non solo non va soggetta all’inevitabile usura del tempo, ma si moltiplica condividendola con gli altri!
Una vera gioia si condivide con gli altri, e si “contagia”.
Cinque secoli fa, viveva qui a Roma un santo chiamato Filippo Neri.
Egli è passato alla storia come il santo della gioia.
Aveva un tale amore per Dio che a volte sembrava che il cuore gli scoppiasse nel petto.
La sua gioia era, nel senso più pieno, un frutto dello Spirito.
Il santo partecipò al Giubileo del 1575, che egli arricchì con la pratica, mantenuta in seguito, della visita alle Sette Chiese.
Fu, al suo tempo, un vero evangelizzatore mediante la gioia.
La parola “Vangelo” significa lieta notizia. Perciò non si può comunicare con musi lunghi e volto scuro, ma con la gioia di chi ha trovato il tesoro nascosto e la perla preziosa.
(Udienza generale in piazza San Pietro)