La buona Notizia
Il Vangelo di questa prima domenica di Avvento si ricollega ai testi dell’anno liturgico appena concluso: scenario apocalittico, eventi spaventosi, terrore. Ma l’invito non è di cedere alla paura, bensì di risollevarsi e alzare la testa. La posta in gioco è di «comparire davanti al Figlio dell’uomo». Indicazioni che danno il senso della veglia attiva alla quale siamo invitati: la fiducia che prevale sul panico, qualsiasi cosa accada.
In questi tempi turbolenti, è bello saperlo.
La seconda lettura dà alcune indicazioni sul tenore di questa veglia attiva: un amore sempre più intenso e traboccante tra noi ma anche “verso tutti” che apre all’infinito e impedisce di ripiegarsi in sé stessi, tanto più confortante e rassicurante quanto più minaccioso ci appare il mondo. È la grazia che Paolo chiede al Signore per i destinatari della sua lettera, a immagine dell’amore che lui prova per loro. Si può percepire sullo sfondo l’amore che Cristo prova per lui, Paolo, e per ognuno e ognuna di noi.
È così, in questa fratellanza universale, che la grazia rafforza i nostri cuori, per renderli «irreprensibili nella santità, davanti a Dio e Padre nostro».
Si capisce meglio il significato della promessa di felicità evocata nella prima lettura e della giustizia a essa collegata. Quando i destinatari della promessa la intendono come un ripiegarsi su sé stessi contro il resto del mondo portano solo sventura e calpestano l’Alleanza.
Di fronte a questa ondata di violenza, rialziamo la testa e decidiamo risolutamente di amare senza confini fiduciosi che, qualunque cosa accada, come scriveva Etty Hillesum, «non si è nelle grinfie di nessuno finché si è nelle Sue braccia».
Saranno irreprensibili dinanzi a Dio coloro che non sono tanto preoccupati per la propria salvezza quanto per quella degli altri, per la “salvezza del mondo”, come proclamiamo all’inizio della liturgia eucaristica, confidando in una promessa di felicità che va ben al di là di qualsiasi chiusura gelosa.
di Bruno Lachnitt