Sanità accessibile a tutti,
La guarigione del corpo come segno della necessità umana di una ripresa «più profonda, radicale, spirituale». Un ideale da portare avanti a livello europeo, perché proprio la cura è il «marcatore che unisce i popoli». Un impegno da perseguire a livello continentale, favorendo «modernizzazione e digitalizzazione», così come l’esplorazione delle nuove piaghe sociali a partire da quella della salute mentale. Sempre guardando all’obiettivo di «cure accessibili» per tutti.
Ieri pomeriggio, 22 novembre, si è svolto alla Pontificia Università Lateranense, alla presenza del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, il convegno “Universalità e sostenibilità dei Servizi sanitari nazionali (Ssn) in Europa», promosso dalla Cei insieme alle Federazioni e ai Consigli nazionali degli Ordini delle Professioni sanitarie e sociosanitarie.
«Il Vangelo — ha esordito Parolin — tratteggia una prospettiva profonda» della guarigione, con uno sguardo ampliato «all’intera persona, compresa la sua salvezza eterna». Il riferimento è al paralitico di Betesda «un vero e proprio lungodegente» che trascorse 38 anni nei pressi della piscina senza che nessuno lo conducesse all’interno per le cure. «L’intervento taumaturgico non è sufficiente — ha spiegato il segretario di Stato —. Il peggio non è l’aggravamento della malattia, ma la mancanza di un incontro con Dio». Il pilastro dei Sistemi sanitari nazionali si individua nello sguardo evangelico «che si posa su ogni essere umano e vi vede un fratello, una sorella». L’assistenza sanitaria, ha proseguito il porporato, deve essere accompagnata da un’attenzione alla sostenibilità economica, e trainata dalla speranza «vero motore della ricerca».
«I sistemi di cura devono essere accessibili a tutti — ha ribadito Parolin —. La ricerca della salute per tutti è lo sguardo che da secoli dà il cristianesimo... La grande sfida è mantenere questo caposaldo universalistico come progetto di progresso per l’umanità».
Allargando lo sguardo ai Paesi del vecchio continente, il cardinale ha evidenziato che «la sanità europea si confronta con variazioni geografiche e climatiche» e dunque serve un grande sforzo per garantirne la stabilità: la giustizia precede gli investimenti. Il bene dell’uomo, così come la giustizia e la pace si diffondono con scelte concrete». Il segretario di Stato ha messo in guardia dal rischio di «moltiplicare la cultura dello scarto per chi non ha nulla per curarsi. La sofferenza ci interpella ad agire».
Infine con uno sguardo all’imminente Giubileo della speranza, Parolin ha evidenziato come la speranza, tema dell’Anno santo, sia un «motore che aiuta le professioni sanitarie a progredire».
Ai lavori è intervenuto anche, con un videomessaggio, il cardinale presidente della Cei Matteo Maria Zuppi, che ha evidenziato come la «cura della persona malata e ferita» appartenga alla civiltà umana nella sua interezza, rappresentando un «marcatore che unisce i diversi popoli: una società che non è capace di contribuire a condividere la sofferenza è crudele e disumana».
Anche a livello europeo, pure quando la guarigione «non è possibile, la cura è sempre dovuta: speriamo che per curarsi non ci sia bisogno di verificare se si ha la carta di credito» ha commentato amaramente il porporato, rilanciando l’appello alla speranza, declinata nell’apertura a Dio «verso cui viene rivolta la domanda ultima di chi soffre di una salute precaria. C’è molto da fare per convergere su obiettivi comuni che come Europa abbiamo a disposizione da tempo. Dobbiamo non sciuparli» ha ammonito il cardinale arcivescovo di Bologna.
Le nuove tecnologie, come l’intelligenza artificiale applicata all’ambito sanitario, rappresentano il simbolo di una necessaria «tendenza all’eccellenza», che deve farsi carico della «cronicità della povertà» ha aggiunto ancora Zuppi. Essa si ritrova anche negli ambiti ospedalieri: «Ci si cura di meno, e si è più malati» ha riassunto il presidente dei vescovi italiani, auspicando un cambio di rotta: «Occorre perseguire il bene della persona intera, promuovere il bene della salute di ogni cittadino».
Sul confronto tra i diversi sistemi sanitari, a livello continentale, come «possibilità per il processo di integrazione europea» è stato quindi il cuore dell’intervento del vescovo Mariano Crociata, presidente della Commissione delle Conferenze episcopali della Comunità Europea (Comece).
Si tratta di uno sviluppo, quello dell’integrazione, che è «lungi dall’essere compiuto, ma nella cui direzione è indispensabile muoversi. Del resto la Comece, nel suo dialogo con le istituzioni dell’Unione europea, da sempre sostiene «la ricerca del bene comune centrato sulla persona». Il presule ha elencato in proposito alcune iniziative «di regolazione» da essa accompagnate. Su tutte, le discussioni sulla necessità di sostenere la «modernizzazione e digitalizzazione» delle strutture ospedaliere, e l’attenzione alla salute mentale «le cui criticità sono destinate a crescere».
di Edoardo Giribaldi