Un bambino di soli quattro anni ricoverato con una maschera per l’ossigeno nell’ospedale municipale di Ghaziabad, nell’Uttar Pradesh. È anche questa, oltre alla fitta coltre di smog che da giorni avvolge numerose città dell’India e del Pakistan, un’immagine emblematica del grave livello di inquinamento che rende l’aria irrespirabile nella zona di New Delhi. All’ospedale di Ghaziabad, circa 30 km a nord-est della capitale indiana, i medici fanno sapere che sono più di 50 ogni giorno i pazienti ricoverati per gravi problemi respiratori dovuti all’inquinamento. E un’indagine dell’ong Local Circle conferma la gravità della situazione negli ospedali di New Delhi e in tutta la regione della capitale: il 75% delle famiglie ha almeno un parente in ospedale per mal di gola, tosse, asma e polmonite, ma l’aria inquinata è spesso causa anche di malattie cardiovascolari e tumori. A inizio settimana il tasso di inquinamento a New Delhi ha raggiunto livelli 100 volte superiori rispetto ai limiti indicati dall’Oms. Una delle cause è il fenomeno stagionale dei roghi agricoli, che ogni anno a novembre si combinano con il calo delle temperature e l’arrivo della nebbia rendendo irrespirabile l’aria in tutta la pianura indo-gangetica. Ma mentre alla Cop29 di Baku si tratta a oltranza per definire i contorni di un accordo sulla finanza climatica, queste immagini rendono ineludibile una domanda sul perdurante utilizzo di obsolete centrali a carbone che non sono mai state dotate di filtri per ridurre le emissioni nocive. Una buona e una cattiva notizia arrivano infine da Baku: 25 Stati, da vari angoli del mondo, hanno firmato un appello per non aprire mai più centrali a carbone, ma grandi Paesi come India, Cina e Stati Uniti non hanno colto questa opportunità gettando un’ombra sull’efficacia globale di questa azione. (valerio palombaro)
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23 novembre 2024
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