· Città del Vaticano ·

A Barcellona domani la beatificazione di Gaetano Clausellas e Antonio Tort

Testimoni di speranza

BEATIFICAZIONE.jpg
22 novembre 2024

Il Santo Padre Francesco, nella Bolla d’indizione del prossimo Giubileo, ha definito la testimonianza dei martiri come la testimonianza della speranza. Chi accetta di professare la propria fede in Gesù Cristo fino al dono supremo della propria vita, non lo fa per assurdo masochismo, ma perché risplende nel suo cuore la fiamma della speranza nella promessa di Gesù (cfr. Mt 10, 32).

È il caso dei due nuovi martiri della persecuzione del 1936-1939 in Spagna, che il cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle cause dei santi, in rappresentanza di Papa Francesco, proclamerà beati nella Basilica della Sagrada Familia di Barcellona domani, sabato 23 novembre, alle 11.00.

Si tratta, in primo luogo, del servo di Dio Gaetano Clausellas (1863-1936), originario di Sabadell (Barcellona, oggi diocesi di Terrassa), ordinato sacerdote pro servitiis Ecclesiae il 3 maggio 1888. Svolse il suo ministero sacerdotale in alcune parrocchie della diocesi e, come coadiutore, in quella di San Félix di Sabadell, della cui parrocchia anni dopo fu beneficiario. Era inoltre confessore ordinario di varie comunità di religiose e, in particolare, dal 31 luglio 1916, fu cappellano della Casa di riposo della stessa città, servizio che non abbandonò fino a quando fu arrestato, nel 1936, e che gli valse l’appellativo di «Padre dei poveri«.

I testimoni del processo informativo del servo di Dio sono unanimi nell’affermare che la sua caratteristica più peculiare era di essere uno spirito eminentemente sacerdotale, un uomo di fede e degno di fiducia. Risplendeva in lui un costante spirito di preghiera, che si manifestava nella celebrazione dell’Eucaristia, nell’adorazione del Santissimo esposto nel tabernacolo e nella recita del breviario. Era austero nel modo di vestire e nel suo stile di vita, e si distingueva per la sua carità e la sua delicatezza verso i poveri e i malati; spesso dava da mangiare agli anziani nelle Case di riposo scegliendo quelli che versavano nelle condizioni peggiori, a volte lo faceva in ginocchio. E consegnava interamente all’ospizio le elemosine che riceveva. La sua semplicità era conseguenza della sua stessa umiltà, non lo infastidiva essere considerato un uomo senza alcun rilievo sociale nella città. Ma per tutte le sue virtù era noto ovunque come «un santo che camminava».

Non è strano quindi che, con questa tempra spirituale, pochi giorni prima del suo arresto, dichiarasse: «Dobbiamo essere generosi, molto generosi con nostro Signore. Che gioia immensa per noi poter dare la vita per Dio e suggellare con il sangue la nostra fede!». E a sua cognata disse poco prima di essere arrestato: «Se dovessero venire a cercarmi, pensa che io mio offro a Dio ogni giorno; e per accettare questa offerta, Dio deve servirsi di qualcuno. Perciò non serbare alcun rancore verso chi verrà; al contrario, se un giorno puoi fagli un favore, faglielo».

Per questo motivo non volle né fuggire né nascondersi in casa di nessuno. «Ho promesso al mio predecessore nell’incarico e fondatore [dell’ospizio] che non avrei mai e poi mai abbandonato gli anziani; e che, se questo significa che devo versare il mio sangue, lo accetto pienamente e offro la mia vita a Dio». E aggiunse: «Ho fatto tutto il bene che ho potuto, non so se ho fatto del male a qualcuno. Sono qui, sia fatta la volontà di Dio».

Era il 14 agosto 1936, intorno alle 18.00, quando i miliziani andarono a cercarlo a casa sua per arrestarlo. Li ricevette gentilmente e, dopo aver salutato la cognata, cominciò a recitare il Te Deum. Fu portato in macchina fino alla strada che da Sabadell conduce a Matadepera. Lungo il tragitto, il servo di Dio disse ai miliziani: «Se pensate che la mia morte sia un bene per voi, potete uccidermi». Dopo un momento di esitazione, un miliziano ordinò di fermare l’auto, fece scendere il servo di Dio e gli sparò alle spalle uccidendolo. Aveva 73 anni. Fu sepolto nel cimitero di Sabadell, ma nel 1957 la sua salma fu traslata nella parrocchia di San Félix dell’omonima città.

Il servo di Dio Antonio Tort (1895-1936), fedele laico, nacque a Monistrol de Montserrat (Barcellona) e fu battezzato nella parrocchia di San Pedro di quella località. Nel 1903 la famiglia si trasferì a Barcellona dove Antonio frequentò la scuola di San Pedro Apóstol.

Cominciò la sua attività di orefice come apprendista fino a quando, grazie all’esperienza acquisita, nel 1915 iniziò a lavorare in proprio, diventando un eccellente professionista, specializzato negli oggetti liturgici. Il 17 agosto 1917 si sposò con Maria Gavín, unione che Dio benedisse con 13 figli.

Nella sua vita familiare, professionale e apostolica fu un fervente cattolico, un marito e un padre esemplare, molto affettuoso, dal grande spirito eucaristico, membro dell’Adorazione notturna e portatore del Santo Cristo. Per la sua devozione mariana si recò 18 volte in pellegrinaggio a Lourdes con l’Ospitalità di Nostra Signora dove aiutava generosamente i malati. La domenica mattina andava a fare la barba ai malati di tubercolosi dell’ospedale San Lázaro e anche agli anziani delle Piccole suore dei poveri, e dedicava il pomeriggio alla catechesi parrocchiale. Era molto stimato dai sacerdoti e dai fedeli, che lo consideravano un santo per la sua pietà, le sue opere di carità e il suo apostolato.

Il 21 luglio 1936, in piena persecuzione, accolse nella propria casa il vescovo diocesano, il suo segretario e quattro religiose. Lì conducevano una vita di preghiera, con la celebrazione quotidiana dell’Eucaristia e la comunione, fino al 1° dicembre, giorno in cui un gruppo di miliziani perquisì la sua abitazione. Quando videro l’altare e gli oggetti religiosi, li requisirono e li distrussero. Ma quando uno di loro afferrò la pisside con le ostie consacrate, il servo di Dio gliela sottrasse subito dicendo: «Il mio Signore non lo toccate!». Dopodiché, distribuì l’Eucaristia tra i presenti e, giunto a suo figlio Jaime, che aveva 5 anni, gli chiese se credeva nella presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, e aggiunse: «Ti tolgono il padre tuo della terra e io ti do il Padre tuo del cielo». E in quel momento gli diede la comunione.

Verso le 18.00 portarono via come prigionieri il vescovo, il suo segretario, due religiose, un fratello e una figlia del servo di Dio, e lui stesso, per aver nascosto dei sacerdoti e delle religiose. Disse a quanti rimasero lì: «Addio, ci vediamo in cielo, non temete perché non possono toccarci neanche un capello della testa senza che Dio lo permetta». Li condussero alla sede del comitato e da lì alla checa [il centro di polizia] di San Elías. Il servo di Dio, convinto che sarebbero stati giustiziati, invitò tutti a pregare. La notte del 3 dicembre 1936, Antonio Tort fu condotto al cimitero di Montcada, dove fu ucciso, all’età di 41 anni. Il suo corpo fu gettato in una fossa comune di quel cimitero, ma nel maggio 1939 il suo cadavere fu riconosciuto e sepolto nel cimitero di Les Corts di Barcellona.

«Il martirio di questi due nuovi beati — come ha scritto il cardinale Juan José Omella Omella, arcivescovo metropolita di Barcelona — deve aiutarci ad affrontare le croci di ogni giorno con amore, serenità e speranza».

di Josep M. Blanquet
Responsabile dell’Ufficio delle cause dei santi dell’Arcivescovado