· Città del Vaticano ·

Benedetto XVI e Giorgio Napolitano nei ricordi dell’allora sostituto della Segreteria di Stato

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22 novembre 2024

Il rapporto fra Benedetto xvi e il presidente italiano Giorgio Napolitano è stato al centro dell’intervento del cardinale Fernando Filoni, gran maestro dell’Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, al colloquio svoltosi mercoledì 20 novembre all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede e intitolato “L’Accordo di Villa Madama nei rapporti tra Papi e Presidenti della Repubblica (1984-2024)”. Dal suo speciale osservatorio di allora sostituto della Segreteria di Stato, il porporato ha sottolineato che negli anni del loro mandato, il Pontefice e il presidente hanno scoperto affinità, coltivato rispetto e permesso ad un profondo senso di fiducia di crescere. Pubblichiamo ampi stralci del suo discorso.

Benedetto xvi , venuto dalla Baviera nel 1981, si era integrato nella complessa realtà romana e italiana; da uomo di Chiesa e poi da Papa, aveva una chiara e articolata visione della fede in quanto avvenimento cristiano e razionale. La realtà socio-politica italiana, con la sua laicità acquisita specialmente nel dopo-Concilio, rappresentava, per lui, un campo di osservazione e di studio: nel complesso esercizio delle relazioni tra parti diverse e contrapposte, era sacrosanto sia l’ascolto delle diverse opinioni, sia il rispetto dell’altro, criteri indispensabili per non cadere in vacue controversie e inaccettabili intolleranze (…).

Il suo Pontificato, in senso temporale, si svolse tra gli ultimi mesi della presidenza di Carlo Azeglio Ciampi (18 maggio 1999 - 15 maggio 2006) e quella del presidente Giorgio Napolitano (15 maggio 2006 - 14 gennaio 2015); con essi ebbe relazioni di profonda stima, rappresentando — direi — il più elevato e rispettoso rapporto tra un Pontefice romano e la massima istituzione della Repubblica Italiana. Scoprirono affinità, coltivarono rispetto e senso di fiducia.

Già il 20 novembre 2006, qualche mese dopo la sua elezione, con grande tempismo e sensibilità, il presidente Napolitano era stato in Vaticano; fu un incontro con Benedetto xvi che diede inizio alla bella relazione tra le due supreme cariche della Chiesa cattolica e del popolo italiano; il 4 ottobre 2008 Benedetto xvi restituiva la visita andando al Quirinale; disse: «È con vero piacere che varco nuovamente la soglia di questo palazzo [...] Entro in questa Sua residenza ufficiale, Signor Presidente, simbolica casa di tutti gli italiani, con memore gratitudine per la cortese visita che Ella ha voluto rendermi nel novembre 2006 in Vaticano, subito dopo la Sua elezione alla Suprema Magistratura della Repubblica Italiana».

Devo dire che, a mio parere, con il presidente Napolitano si instaurò oltre all’amicizia tra due capi di Stato, un’affinità d’animo non comune; li univa l’onestà intellettuale, la complessa tematica sull’uomo, così al centro della loro lunga attività di insegnamento teologico e di vita pastorale per l’uno, e di fine politico e cultore delle libertà per l’altro, nell’ambito di quella libertà etica rispettosa e al tempo stesso religiosa e laica. Napolitano vedeva in Benedetto xvi l’uomo dei grandi valori cristiani espressi in una sintesi moderna e originale e ciò lo intrigava profondamente; Benedetto xvi sapeva bene che un laico illuminato, come il presidente Napolitano, sarebbe stato per lui un buon compagno di viaggio durante il cammino in cui la Provvidenza e la Storia li avevano accomunati.

Li accomunava, inoltre, pur da punti di partenza e da esperienze differenti, ma non contrapposte, una profonda sensibilità e una lucida riflessione sul futuro dei Paesi dell’Unione europea; per questo, un gesto, che a tutti parve altamente simbolico, fu il dono al Pontefice, in occasione della menzionata visita del Papa al Quirinale, di una pregiata riedizione del De Europa, della Biblioteca Apostolica Vaticana. Nella Prefazione alla preziosa edizione, il presidente Napolitano scrisse di vedere «un parallelismo implicito tra la figura di un grande uomo italiano, Enea Silvio Piccolomini, che ebbe la ventura di vivere e di conoscere in profondità la Germania e divenne poi Papa, con quella di un grande uomo di cultura tedesco, Joseph Ratzinger, che ha vissuto più di trent’anni in Italia ed è divenuto Papa con il nome di Benedetto xvi ». (…)

Li accomunava, ancora, la passione per la cultura e, in particolare, la buona musica, tanto che più volte il presidente Napolitano volle offrire a Benedetto xvi concerti musicali di altissimo valore nella Sala Nervi. A questi si aggiunse il concerto del 5 febbraio 2013 organizzato dall’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede in onore del Santo Padre e del presidente Napolitano; quell’evento appare oggi quasi un commiato: «In questi sette anni — disse il Papa che l’11 febbraio 2013 avrebbe annunciato di rinunciare al ministero petrino — ci siamo incontrati più volte e abbiamo condiviso esperienze e riflessioni». E concluse: «Pregherò per l’Italia». Napolitano aveva appena saputo personalmente dal Pontefice che stava per rinunciare al Soglio Pontificio, ma, come poi disse ai suoi collaboratori, non capì che la rinuncia sarebbe stato così immediata. Ma ne rimase commosso e ammirato. (…)

Verso le istituzioni italiane Benedetto xvi nutriva un obbligo non di formale cortesia o di simbolica relazione, ma di profondo rispetto e attenzione; quei luoghi che ricordano pagine liete e tristi della storia del papato, di promozione dell’arte e della cultura e che ora ospitano enti fondamentali della pubblica amministrazione del popolo italiano. Vorrei qui raccontare un episodio significativo nei confronti di una pagina drammatica dell’Italia verso cui Benedetto xvi , con assoluta discrezione e altrettanta chiarezza, manifestò i suoi sentimenti. Nel 2010, il Papa era in visita pastorale a Palermo (3 ottobre); si percorreva l’autostrada che dall’aeroporto porta alla città; si era passati da Capaci, il punto in cui il giudice Falcone era stato ucciso dalla mafia con la consorte e la scorta. Parlai con il Papa e feci presente se riteneva opportuno che al ritorno ci si fermasse per una breve preghiera silenziosa. Fu completamente d’accordo: portammo un cesto di fiori bianchi e, all’insaputa dei più, il Pontefice, scese dall’auto e davanti al cippo che ricorda la strage, nel crepuscolo di una sera tersa, pregò in silenzio e depose il cesto di fiori; un evento che passò quasi inosservato dai media, ma che fu di grande importanza per Benedetto xvi e profondamente commovente anche per me che assistevo a questa sua attenzione delicata.

La storia dell’Italia non gli era indifferente, né pertanto ignorò di citare, ad esempio, la “questione romana”, per ribadire che essa era stata composta in modo «definitivo» e «irrevocabile» con i Patti Lateranensi (11 febbraio 1929), divenuti l’emblema di due sovranità vicendevolmente rispettose e pronte a cooperare per promuovere e servire il bene integrale della persona umana e la convivenza civile: concetti che Benedetto xvi volle presenti nel Messaggio al Presidente della Repubblica Italiana in occasione dei 150 anni dell’unità politica dell’Italia (…).

A me pare che il presidente Napolitano e Benedetto xvi abbiano vissuto pienamente il loro secolo, avendolo attraversato simultaneamente con i suoi drammi, le sue angosce e conquiste; c’era tra di essi, dunque, una carica di affinità, anche se ognuno visse quel secolo o alla luce di una fede chiara e cristallina, o di una visione politica pensierosa e carica di umanità. Benedetto xvi ammirava del presidente Napolitano proprio la sua rettitudine e intelligenza politica, il senso dell’equilibrio e quel rispetto alto che aveva non solo per le istituzioni repubblicane, ma anche per la Chiesa. Se mi è permessa una confidenzialità, anch’io durante il mandato del presidente Napolitano ebbi la sensazione di un uomo giusto e intellettualmente coerente; al termine del suo mandato, volli inviargli un semplice biglietto: «Grazie, Signor Presidente».

In un ipotetico Cortile dei Gentili, dove Benedetto xvi avrebbe collocato il presidente Napolitano? Forse in quell’area antistante la porta del Tempio, magari attento a sbirciarvi, ad ascoltare e a interrogare in linea con quell’attitudine laica rispettosa che è l’anticamera della fede, dalla quale il presidente era affascinato e culturalmente attratto, specialmente nella testimonianza che ne dava Benedetto xvi . Di quel Tempio, la Chiesa, Papa Ratzinger fu custode attento fino a quel 28 febbraio 2013, allorché, come un lampo storico che squarcia il cielo da oriente a occidente, scelse di scendere dal Soglio di Pietro.

Una volta divenuti emeriti, Benedetto xvi (il 28 febbraio 2013) e il presidente Napolitano (il 14 gennaio 2015), ebbero modo di incontrarsi riservatamente nel Monastero intra moenia vaticana dove Joseph Ratzinger si era ritirato.

Nella piccola saletta al primo piano in cui egli riceveva i suoi visitatori e i suoi graditi ospiti, Joseph Ratzinger, il teologo che aveva parlato di Dio come nessuno nei secoli più recenti, incontrava Giorgio Napolitano, amico onesto e attento al discorso spirituale; e piace pensare che i due, dopo aver attraversato il secolo ventesimo si preparassero all’eternità, «guidati dalla luce della stessa stella». («Avvenire», 6 agosto 2023).

di Fernando Filoni