Le mine antiuomo e i residuati bellici esplosivi sono una pesante eredità delle guerre, che perdura anche una volta siglati gli accordi di pace e cessate le ostilità.
Il rapporto Land Mine Monitor 2024, diffuso ieri dalla Campagna internazionale per la messa al bando delle mine antiuomo (Icbl), segnala un drammatico aumento dei morti dovuti all’esplosione delle mine: lo scorso anno sono stati quasi 2.000 e oltre 3.600 i feriti, per un totale di 5.757 vittime nei vari Paesi del mondo. Un dato che conferma la non trascurabile recrudescenza nel numero delle vittime, in aumento dalle 4.710 del 2022, ancor più grave considerando che l’84 per cento di queste sono civili tra cui anche molti bambini (oltre un terzo del totale).
Il Myanmar, dilaniato dal conflitto tra giunta militare al potere e gruppi ribelli, per la prima volta ha registrato il maggior numero di vittime annuali (1.003) sostituendo la Siria in questo triste primato. Il Paese medio orientale, segnato dagli strascichi del conflitto esploso 13 anni fa, rimane secondo al mondo per numero di vittime seguito dall’Ucraina e dall’Afghanistan.
Il rapporto documenta l’uso allarmante di questi “subdoli ordigni”, come li ha definiti Papa Francesco, da parte di Stati che non fanno parte del Trattato per la messa al bando delle mine, ovvero la Convenzione di Ottava del 1999: in particolare Myanmar, Russia, Iran e Corea del Nord. Questa importante Convenzione, attualmente ratificata da 164 Stati, non è stata mai firmata da grandi Paesi come Cina, Russia, India, Pakistan e Stati Uniti. Le mine antiuomo sono molto utilizzate anche dai gruppi armati non statali: in particolare nel Sahel, in Colombia, India, Myanmar, Pakistan e a Gaza.
Sono in totale ancora 58 gli Stati contaminati dalle mine antiuomo. Ma nel 2023 ci sono stati anche alcuni sviluppi positivi riguardo la bonifica dei campi minati: 33 Paesi con obblighi in tale senso hanno “ripulito” oltre 280 chilometri quadrati di territorio, un’estensione pari a quella di tutto il Regno Unito. La Cambogia e la Croazia, in particolare, hanno trainato questi progressi bonificando quasi 210 chilometri quadrati di terreni, ovvero il 75 per cento del totale.
Il 2024 si caratterizza inoltre per un record storico nel finanziamento globale per l’azione contro le mine, che ha superato per la prima volta 1 miliardo di dollari. Ma tali finanziamenti languono per Paesi come Afghanistan e Yemen, alle prese anche con gravi problemi legati ai servizi sanitari e di riabilitazione per i feriti. «Dietro queste preoccupanti statistiche sulle vittime ci sono persone che cercano di ricostruirsi una vita dopo l’impatto devastante delle mine. Troppe vittime non possono accedere a cure mediche adeguate, servizi di riabilitazione o altro supporto», ha evidenziato Eléa Boureux, Project Manager del Landmine Monitor, invitando la comunità internazionale a fare di più in vista dell’imminente appuntamento con la quinta Conferenza di revisione della Convenzione di Ottawa che dal 25 novembre vedrà riuniti in Cambogia i rappresentanti degli Stati firmatari. (valerio palombaro)