· Città del Vaticano ·

Il magistero

 Il magistero  QUO-264
21 novembre 2024

Venerdì 15

Artigiani
di pace
per un mondo
bello

L’artigianato mi è molto caro perché esprime il valore del lavoro umano. Quando creiamo con le nostre mani, nello stesso tempo attiviamo la testa e i piedi: il fare è sempre frutto di un pensiero e di un movimento verso gli altri.

L’artigianato è un elogio alla creatività; l’artigiano deve saper scorgere nella materia inerte una forma particolare che altri non sanno riconoscere. Questo vi rende collaboratori dell’opera creatrice di Dio.

Abbiamo bisogno del vostro talento per ridare senso all’attività umana e per metterla al servizio del bene comune.

Se nella vita si vuole crescere occorre abbandonare la paura e avere fiducia.

Il Vangelo ci chiama sempre ad avere uno sguardo di fede; a non pensare che ciò che realizziamo sia frutto solo delle nostre capacità o dei nostri meriti.

È frutto anche della storia di ognuno di noi, di tanta gente che ci ha insegnato ad andare avanti, incominciando dai genitori.

Mano
nella mano con
la Provvidenza

Mettere da parte la paura che paralizza e distrugge la creatività. Possiamo farlo anche nel modo di vivere il lavoro quotidiano, sentendoci partecipi di un grande progetto di Dio.

Dietro alle nostre ricchezze non c’è solo bravura, ma anche una Provvidenza che ci prende per mano e ci conduce.

Il vostro lavoro abbellisce il mondo.

Viviamo tempi di guerra, di violenze; dappertutto le notizie sono così e sembrano farci perdere la fiducia nelle capacità dell’essere umano, lo sguardo alle vostre attività consola e dà speranza.

Abbellire il mondo è costruire pace.

Dio distribuisce i suoi talenti, perché siano messi al servizio della vita e non sotterrati nella sterilità della morte e della distruzione, come fanno le guerre.

(Alla Confederazione italiana dell’artigianato
e della piccola e media impresa)

Un coraggioso gesto d’amore

La Chiesa di Roma, attraverso le parrocchie, le comunità religiose, le associazioni, i movimenti ecclesiali e le famiglie fa tanto per trasmettere l’amore di Dio, attraverso gesti concreti di carità (spesso nel silenzio), e generare speranza nella vita delle persone.

In vista del Giubileo ho chiesto alla mia Diocesi un segno tangibile di attenzione alle problematiche abitative affinché, accanto all’accoglienza rivolta ai pellegrini, siano attivate forme di tutela nei confronti di coloro che non hanno una casa o rischiano di perderla.

Tutte le realtà diocesane proprietarie di immobili offrano il loro contributo per arginare l’emergenza abitativa con segni di carità e di solidarietà per generare speranza nelle migliaia di persone che nella città di Roma versano in condizione di precarietà abitativa.

Le persone da accogliere saranno seguite dalle istituzioni e dai servizi sociali, mentre le associazioni e i movimenti forniranno i servizi alla persona, le attività di cura e i beni relazionali che contribuiscono a rendere l’accoglienza degna e a costruire fraternità.

(Lettera per il Giubileo a parroci,
a religiosi e clero)

Tornare
ad annunciare
la profezia
del Vangelo

Lo scorso anno vi ho affidato tre consegne: continuare a camminare, fare Chiesa insieme ed essere una Chiesa aperta. Le sintesi raccolte dalle Chiese locali sono testimonianza di una vivacità che si esprime nel cammino, nel coltivare l’insieme e nello stile di apertura.

Sono racconti nei quali ha agito lo Spirito, segnalando le dimensioni prioritarie per rimettere in moto alcuni processi, compiere scelte coraggiose, tornare ad annunciare la profezia del Vangelo, essere discepoli missionari.

Non abbiate paura di alzare le vele al vento dello Spirito!

Portare il lieto annuncio con gioia! I profeti vivono nel tempo, leggendolo con lo sguardo della fede, illuminato dalla Parola di Dio.

Si tratta di tradurre in scelte e decisioni evangeliche quanto raccolto. E questo si fa nella docilità allo Spirito.

Il Cammino sinodale sviluppa energie affinché la Chiesa possa compiere al meglio il suo impegno per il Paese.

Guardare alla società con compassione per preparare il futuro, superando atteggiamenti non evangelici, quali la mancanza di speranza, il vittimismo, le chiusure.

(Messaggio alla prima Assemblea sinodale
delle Chiese in Italia)

Sabato 16

Non perdere
la capacità
di sognare

Mi ha fatto piacere leggere dalla vostra “Quarta Rilevazione dell’Indice di Fiducia” che la speranza è l’atteggiamento in cui i giovani italiani si riconoscono di più.

Incontriamo spesso persone sfiduciate perché guardano al futuro con scetticismo e pessimismo. È importante sapere che i giovani italiani sanno essere artigiani di speranza perché capaci di sognare.

Non siate “pensionati della vita”, e non lasciatevi rubare la speranza!

Nel dialogo con le istituzioni, siete l’organo consultivo chiamato a rappresentare il mondo giovanile a livello locale, nazionale ed europeo.

Dovete promuovere la partecipazione attiva dei giovani, facendo “rete” tra realtà associative ispirate a valori quali la solidarietà e l’inclusione.

Oggi c’è tanta gente che non ha voce, tanti esclusi, non solo socialmente, per i problemi di povertà, mancanza di educazione, dittatura della droga... ma anche di coloro che non sanno sognare.

Come sappiamo le sfide sono tante: la dignità del lavoro, la famiglia, l’istruzione, l’impegno civico, la cura del creato e le nuove tecnologie.

L’aumento di violenza e autolesionismo, fino al gesto più estremo di togliersi la vita, sono segni di disagio preoccupante.

Un cammino educativo
per relazioni umane
e aperte

Serve un “villaggio dell’educazione” dove, nella diversità, si condivida l’impegno a generare una rete di relazioni umane e aperte. Serve un patto, un’alleanza, tra coloro che desiderano mettere al centro la persona e, allo stesso tempo, sono disposti a investire nuove energie per la formazione di chi sarà al servizio della comunità.

Siete chiamati a essere testimoni della bellezza e della novità della vita. C’è una bellezza che va al di là dell’apparenza: è quella di ogni uomo e ogni donna che vivono con amore la loro vocazione personale, nel servizio disinteressato alla comunità, nel lavoro generoso per la felicità della famiglia, nell’impegno gratuito per far crescere l’amicizia sociale.

Il vostro servizio disinteressato per la verità e la libertà, per la giustizia e la pace, per la famiglia e la politica è il contributo più bello che potete offrire alle istituzioni.

Questo non si fa con le idee, si fa con le capacità umane, senza dimenticare gli “estremi” della vita.

Giocare con i bambini e accarezzare i vecchi. Oggi, nella nostra cultura, i bambini si lasciano crescere da soli, senza tenerezza, e i vecchi si mandano alle case di riposo, perché muoiano lì... Dobbiamo cambiare.

Dal labirinto
non si esce
da soli

Di fronte alle sfide e alle difficoltà che potrete incontrare nel vostro lavoro, non temete! Non abbiate paura di attraversare anche i conflitti.

Il conflitto è come un labirinto: non si può uscire da soli, si esce in compagnia di un altro che ci aiuti.

E dal labirinto si esce dall’alto. Lasciatevi aiutare dagli altri.

Invecchiare in un labirinto è invecchiare nei valori superficiali. È triste vedere un uomo o una donna, giovane, che vive la vita nella superficialità.

Serve per attraversare i conflitti la pazienza di trasformarli in capacità di ascolto, riconoscimento dell’altro, crescita.

Vi affido al Beato Pier Giorgio Frassati.

È un giovane come voi, che ha testimoniato con la vita la gioia del Vangelo. Vi invito a imitare la sua coerenza e il suo coraggio, la sua gioia.

(Ai membri del Consiglio nazionale
dei giovani italiani)

La cura
della cultura

La Biblioteca Vaticana ha voluto dialogare con 23 Istituzioni amiche e affini, avviando tavoli di studio che auspico possano continuare.

Tale dialogo, condotto nella concretezza su temi definiti, aiuterà a sviluppare al meglio le potenzialità formative e culturali [per] trasmettere il patrimonio del passato secondo modalità significative per le nuove generazioni, che vivono immerse in una cultura liquida, e dunque necessitano di ambienti solidi, accoglienti, inclusivi.

Oggi abbiamo di fronte sfide culturali e sociali altrettanto decisive, da affrontare col necessario aggiornamento.

La tecnologia ha notevolmente cambiato il lavoro dei bibliotecari, rendendolo più vario e veloce.

I mezzi di comunicazione e le risorse informatiche hanno aperto strade pochi anni fa impensabili.

I sistemi di studio, di catalogazione e di fruizione delle risorse librarie si sono moltiplicati. Ciò comporta molti benefici, insieme ad alcuni rischi: i grandi depositi di dati sono miniere ricchissime, ma difficilmente controllabili.

Gli elevati costi di gestione delle raccolte cartacee, specie quelle antiche, fan sì che solo pochi Paesi al mondo possano offrire certi servizi di consultazione e ricerca.

Le Nazioni più deboli risultano esposte, oltre che alla povertà materiale, anche a quella intellettuale e culturale.

Molte istituzioni culturali si trovano indifese davanti alla violenza delle guerre e della depredazione.

Contro
il colonialismo
ideologico

Allo scontro di civiltà, al colonialismo ideologico e alla cancellazione della memoria rispondiamo con la cura della cultura. Sarebbe grave che, oltre alle tante barriere tra gli Stati, si innalzassero anche muri virtuali.

Voi bibliotecari avete un ruolo importante, oltre che per la difesa del patrimonio storico, anche per la promozione della conoscenza.

Le biblioteche devono essere aperte a tutti gli ambiti di conoscenza, testimoniando una comunione d’intenti tra differenti prospettive.

Siamo chiamati ad armonizzare la tensione tra locale e globale, ricordando che nessuno è un individuo isolato, ma ognuno è una persona che vive di legami e reti sociali, cui partecipare con responsabilità.

(A un convegno della Biblioteca
Apostolica Vaticana)

La santità
fa spazio
all’amore
di Dio

Tutti siamo chiamati ad accogliere l’amore di Dio. La santità più che essere frutto dello sforzo umano, è fare spazio all’azione di Dio. Ciascuno può riconoscere in tante persone che ha incontrato nel cammino, dei testimoni delle virtù cristiane, in particolare della fede, della speranza e della carità.

Coniugi che hanno vissuto fedelmente il loro amore aprendosi alla vita; uomini e donne che nelle varie occupazioni lavorative hanno sostenuto le loro famiglie e cooperato alla diffusione del Regno; adolescenti e giovani che hanno seguito Gesù; pastori che mediante il ministero hanno effuso i doni della grazia sul popolo santo di Dio; religiosi e religiose che vivendo i consigli evangelici sono stati immagine viva di Cristo sposo.

Non possiamo dimenticare i poveri, i malati, i sofferenti che nella loro debolezza hanno trovato sostegno nel divino Maestro. Si tratta di quella santità “feriale” e della “porta accanto” di cui da sempre è ricca la Chiesa.

Siamo chiamati a lasciarci stimolare da questi modelli di santità, tra i quali emergono anzitutto i martiri che hanno versato il proprio sangue per Cristo e coloro che sono stati beatificati e canonizzati per essere esempi di vita cristiana e intercessori.

Il più bel volto
della Chiesa

Questi processi manifestano quanto la testimonianza della santità sia presente anche nel nostro tempo.

Sono nostri amici, compagni di strada, che aiutano a realizzare in pienezza la vocazione battesimale e mostrano il volto più bello della Chiesa, che è santa ed è madre dei Santi.

Nel corso dell’anno liturgico la Chiesa onora pubblicamente, in date e modalità prestabilite, i Santi e i Beati.

Tuttavia, mi pare importante che tutte le Chiese particolari ricordino in un’unica data i Santi e i Beati, come anche i Venerabili e i Servi di Dio dei rispettivi territori.

Non si tratta di inserire una nuova memoria nel calendario liturgico, ma di promuovere con opportune iniziative al di fuori della liturgia, oppure di richiamare all’interno di essa, ad esempio nell’omelia o in altro momento ritenuto opportuno, quelle figure che hanno caratterizzato il percorso cristiano e la spiritualità locali.

Pertanto, esorto le Chiese particolari, a partire dal 2025, a ricordare e onorare queste figure di santità, ogni anno al 9 novembre, Festa della Dedicazione della Basilica Lateranense.

Ciò permetterà alle singole Comunità diocesane di riscoprire o perpetuare la memoria di straordinari discepoli di Cristo che hanno lasciato un segno vivo della presenza del Signore risorto e sono ancora oggi guide sicure nel comune itinerario verso Dio, proteggendoci e sostenendoci.

A tal fine, indicazioni pastorali e linee guida potranno essere elaborate e proposte dalle Conferenze Episcopali.

(Lettera per il ricordo nelle Chiese particolari
dei propri santi, beati, venerabili e servi di Dio)

Lunedì 18

Solo la pace
restituisce
dignità a chi
vive conflitti

Nel contesto di un mondo globalizzato che sta affrontando una moltitudine di sfide interconnesse, è essenziale riconoscere le notevoli pressioni esercitate attualmente sul sistema internazionale.

Tali pressioni si manifestano in diverse forme, tra cui l’intensificarsi di guerre e conflitti, le attività terroristiche, le politiche estere assertive e gli atti di aggressione, come anche il persistere delle ingiustizie.

Il Gruppo dei 20 identifichi nuove vie per raggiungere una pace stabile e duratura in tutte le aree di conflitto, con l’obiettivo di restituire la dignità alle persone colpite.

I conflitti armati non sono solo responsabili di un numero importante di morti, sfollamenti di massa e degrado ambientale; contribuiscono anche all’aumento di fame e povertà, sia direttamente nelle aree coinvolte sia indirettamente in Paesi lontani centinaia o migliaia di miglia dalle zone di conflitto, specie attraverso l’interruzione delle catene di approvvigionamento.

Commette
omicidio chi
per avidità
causa
fame e morte

C’è un paradosso in termini di accesso al cibo. Da un lato oltre 3 miliardi di persone non hanno accesso a una dieta nutriente. Dall’altro quasi 2 miliardi sono sovrappeso a causa di cattiva alimentazione e vita sedentaria.

Ciò esige uno sforzo concertato per impegnarsi attivamente per un cambiamento a tutti i livelli e riorganizzare i sistemi alimentari nel loro insieme.

L’accettazione silenziosa della carestia da parte della società umana è una scandalosa ingiustizia e un’offesa grave.

Coloro che, per usura e avidità, causano la fame e la morte dei loro fratelli e sorelle nella famiglia umana stanno indirettamente commettendo un omicidio, che è loro imputabile.

Il problema della fame non è soltanto una questione di cibo insufficiente; piuttosto, è una conseguenza di ingiustizie sociali ed economiche più ampie.

La povertà, in particolare, è un fattore che contribuisce alla fame, perpetuando un circolo di disuguaglianze economiche e sociali dilaganti nella società. Tra fame e povertà c’è un legame inestricabile.

Occorre un’azione immediata e decisa per sradicare fame e povertà [che] deve essere intrapresa in maniera congiunta e collaborativa, con il coinvolgimento di tutta la comunità internazionale.

Reindirizzare
le risorse

L’attuazione di misure efficaci esige un impegno concreto da parte dei governi, delle organizzazioni internazionali e della società nel suo insieme.

La centralità della dignità umana donata da Dio a ogni individuo, l’accesso ai beni essenziali e l’equa distribuzione delle risorse devono essere priorità in tutte le agende politiche e sociali.

Di fatto, c’è già abbastanza cibo per nutrire tutte le persone del pianeta; semplicemente è distribuito in modo ineguale.

Le risorse posso essere reindirizzate verso investimenti che aiutino i poveri e gli affamati.

Servono una visione e una strategia a lungo termine.

L’Alleanza Globale Contro la Fame e la Povertà possa avere un impatto significativo. Dovrebbe implementare la proposta di lunga data della Santa Sede, che chiede di reindirizzare i fondi attualmente stanziati per le armi e per altre spese militari verso un fondo globale costituito per affrontare la fame e promuovere lo sviluppo nei Paesi più poveri.

Tale approccio aiuterebbe i cittadini di quei Paesi a evitare di fare ricorso a soluzioni violente o ingannevoli o di lasciare i loro Paesi alla ricerca di una vita più dignitosa.

Occorre programmare e attuare interventi e progetti in risposta ai bisogni delle persone e delle loro comunità, e non imposti dall’alto o da enti che cercano solo il proprio interesse o profitto.

La Santa Sede continuerà a promuovere la dignità umana e a dare il suo contributo specifico, offrendo l’esperienza e l’impegno delle istituzioni cattoliche in tutto il mondo, di modo che nel nostro mondo nessun essere umano sia privato del suo pane quotidiano.

(Messaggio al G20 di Rio de Janeiro)

Mercoledì 20

Nella famiglia
una sfida
educativa
comune

La sorte della Chiesa Cattolica in Iran, un “piccolo gregge”, mi sta molto a cuore. La Chiesa non è contro il governo, queste sono bugie!

Sono al corrente della sua situazione e delle sfide che è chiamata ad affrontare per continuare il suo cammino, per testimoniare Cristo e dare il suo contributo, discreto ma significativo, al bene dell’intera società, libera da discriminazioni di carattere religioso, etnico o politico.

Mi congratulo per la scelta dell’argomento di questo Colloquio: “L’educazione dei giovani in particolare nella famiglia: una sfida per cristiani e musulmani”.

La famiglia, culla della vita, è il luogo primordiale dell’educazione.

Un elemento comune delle nostre tradizioni religiose lo si può riscontrare nel contributo educativo dato dagli anziani ai giovani.

I nonni, con la loro saggezza, assicurano l’educazione religiosa ai nipoti, fungendo da anello decisivo nel rapporto familiare tra le generazioni.

È possibile riscontrare una sfida educativa comune, per cristiani e musulmani, nelle nuove complesse situazioni matrimoniali con disparità di culto.

In questi contesti familiari si può riconoscere un luogo privilegiato di dialogo interreligioso.

L’indebolimento della fede e della pratica religiosa, in alcune società, ha effetti diretti sulla famiglia. Sappiamo quante sfide essa è chiamata ad affrontare in un mondo che cambia velocemente e non va sempre nella giusta direzione.

Per questo ha bisogno del sostegno di tutti, compreso quello dello Stato, della scuola, della propria comunità religiosa e delle altre istituzioni per compiere al meglio la sua missione educativa.

La libertà
religiosa
pietra angolare dei diritti
umani

Tra i vari compiti della famiglia vi è quello di educare e “abitare” oltre i limiti della propria casa. Il dialogo tra credenti di varie religioni fa proprio questo, permette di uscire dagli schemi strutturati per aprirsi all’incontro nella grande famiglia umana universale.

Per essere fruttuoso, il dialogo dev’essere aperto, sincero, rispettoso, amichevole, concreto.

Infine, l’educazione delle giovani generazioni si attua attraverso la cooperazione fraterna. Non dobbiamo mai stancarci di parlare e operare a favore della dignità e dei diritti di ogni persona, comunità e popolo.

La libertà di coscienza e la libertà di religione sono la pietra angolare dell’edificio dei diritti umani.

La libertà religiosa non si limita all’esercizio del proprio culto, ma consente di essere totalmente liberi di decidere nel campo del proprio credo e della pratica religiosa.

Il nostro mondo è diviso e lacerato da odio, tensioni, guerre e minacce di un conflitto nucleare.

Questa situazione spinge noi, credenti nel Dio della pace, a pregare e a operare per il dialogo, la riconciliazione, la pace, la sicurezza e lo sviluppo integrale dell’intera umanità.

(Ai Partecipanti a un colloquio promosso dal Dicastero per il dialogo interreligioso)

Doni incarnati con amore
e moltiplicati dalla carità

Nelle ultime catechesi abbiamo parlato dell’opera santificatrice dello Spirito che si attua nei sacramenti, nella preghiera e seguendo l’esempio della Madre di Dio.

Ma anche noi abbiamo doni personali che lo stesso Spirito dà ad ognuno di noi. È giunto, perciò, il momento di parlare anche di questo secondo modo di operare dello Spirito che è l’azione carismatica.

Due elementi contribuiscono a definire il carisma. Primo è il dono dato “per l’utilità comune”, per essere utile a tutti.

Non è destinato principalmente alla santificazione della persona, ma al servizio della comunità.

Secondo, il carisma è il dono dato “a uno”, o “ad alcuni” in particolare, non a tutti allo stesso modo, e questo è ciò che lo distingue dalla grazia santificante, dalle virtù teologali e dai sacramenti che invece sono gli stessi e comuni per tutti.

Il carisma è dato a una persona o a una comunità specifica. È un dono che Dio dà.

I carismi sono i “monili”, o gli ornamenti, che lo Spirito Santo distribuisce per rendere bella la Sposa di Cristo.

Dallo Spirito Santo valore
a ogni carisma

Dobbiamo riscoprire i carismi, perché questo fa sì che la promozione del laicato e in particolare della donna venga inteso non solo come un fatto istituzionale e sociologico, ma nella sua dimensione biblica e spirituale.

I laici non sono gli ultimi, una specie di collaboratori esterni o “truppe ausiliarie” del clero! Hanno carismi e doni propri con cui contribuire alla missione della Chiesa.

Quando si parla dei carismi bisogna subito dissipare un equivoco: quello di identificarli con doti e capacità spettacolari e straordinarie.

Sono doni ordinari che acquistano valore straordinario se ispirati dallo Spirito e incarnati nella vita con amore.

Molti cristiani, sentendo parlare dei carismi, sperimentano tristezza o delusione, in quanto sono convinti di non possederne nessuno e si sentono esclusi o cristiani di serie B.

A costoro rispondeva già sant’Agostino: «Se ami — diceva — quello che possiedi, non è poco».

Ecco svelato il segreto per cui la carità è definita dall’Apostolo «la via migliore di tutte». [Essa] moltiplica i carismi: fa del carisma di una sola persona, il carisma di tutti.

(Udienza generale in Piazza San Pietro)