Giovani vocazioni
Un momento di preghiera per coloro che della preghiera hanno fatto il centro e la missione della propria vita: è questo il senso della Giornata pro Orantibus che, da settantuno anni la Chiesa celebra ogni anno nella festa della Presentazione di Maria al tempio, il 21 novembre.
Nata nel 1953 su impulso della allora Sacra Congregazione dei Religiosi — oggi Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica — questa giornata di ringraziamento e preghiera aveva, e ha, l’obiettivo di far conoscere i valori spirituali della vita contemplativa, negli elementi essenziali, gettando luce su una vita, quella delle claustrali, spesso sconosciuta ai più nelle comunità ecclesiali. Una scelta radicale, quella delle monache contemplative, a volte non sufficientemente compresa e contestualizzata nella più ampia missione della Chiesa, a sostegno della quale le claustrali spandono ogni giorno, silenziosamente, il balsamo della preghiera.
Con l’istituzione della Giornata, a inizio anni Cinquanta del secolo scorso, presso la Congregazione nasceva anche il Segretariato Assistenza Monache, con l’intento di sostenere le claustrali nei bisogni quotidiani, contribuendo, ad esempio, alle spese mediche per le religiose. Oggi, il Segretariato provvede, soprattutto, alle necessità dei monasteri in difficoltà in tutto il mondo.
E la vita contemplativa, oggi, è realmente presente nei cinque continenti: le monache di clausura sono 34mila nel mondo, circa 4.500 in Italia dove si trovano circa cinquecento monasteri. Un numero più limitato, rispetto a un recente passato: da un lato cresce il numero delle sorelle anziane o malate, con la chiusura e l’accorpamento di alcuni monasteri, dall’altro vanno invece configurandosi presenze significative, e qualificate, con comunità che rifioriscono grazie a numerose giovani vocazioni, che mantengono viva la fiammella della contemplazione, con l’irrobustirsi in molti casi di comunità giovani e numerose, dove anche la qualità della vita monastica, intesa come liturgia, vita fraterna e servizio, ha conosciuto una bel rilancio in termini di animazione liturgica e vocazionale, e prima ancora di testimonianza di quel “già e non ancora” che le monache testimoniano con la vita. In altre parole, meno comunità, ma più fiorenti, formate ed organizzate.
Non pochi conventi sono poi capaci di far conoscere il proprio carisma anche attraverso l’intelligente uso di internet e dei social. È grande il servizio che molti monasteri offrono alle Chiese diocesane nelle quali sono inseriti, non solo con la condivisione della preghiera liturgica, ma anche con l’incontro in parlatorio con gruppi parrocchiali e di movimenti laicali, e in molti casi con l’accoglienza: tanti monasteri dispongono infatti di una foresteria aperta a coloro che desiderano incontrare Dio seguendo il ritmo della preghiera monastica, in un clima di silenzio e di raccoglimento. Oggi più che mai, infatti, sono in tanti a presentarsi alla loro grata, “assetati di Dio”, come dicono le sorelle, in cerca di una testimonianza e della preghiera delle monache.
«Alle sorelle claustrali chiamate dal Signore alla vita contemplativa, assicuriamo la nostra vicinanza. Non manchi ai monasteri di clausura il necessario sostegno spirituale e materiale della comunità ecclesiale» ha detto ieri, alla vigilia della Giornata, durante l’udienza generale Papa Francesco. Il quale ha fortemente voluto la riapertura del Monastero Mater Ecclesiae, nei Giardini Vaticani, fondato esattamente trent’anni fa da Giovanni Paolo ii , dove il Pontefice ha voluto nuovamente una comunità contemplativa, composta da Benedettine argentine, a sostegno del suo ministero petrino.
«Questa giornata evidenzia il nostro essere nella Chiesa e per la Chiesa» spiega madre Donata Reboldi, abbadessa delle Clarisse di Albano Laziale, il monastero contemplativo che sorge nelle Ville Pontificie di Castel Gandolfo.
«Con la preghiera d’intercessione vogliamo essere ponte tra il cielo e la terra. Sentendoci il cuore del Corpo che è la Chiesa, con la nostra vocazione, apportiamo del bene a tutto questo Corpo, richiamando a tutti i battezzati l’importanza del “cuore” nella cura della vita interiore e spirituale, come ci ricorda Papa Francesco nella Enciclica Dilexit nos. Anche noi, con l’intero popolo di Dio siamo pellegrine di speranza in questo mondo; segni tangibili per tanti fratelli e sorelle che vivono situazioni di fatica e bisognosi di recuperare la gioia di vivere. Come ci ricorda il Papa al n. 9 della Bolla di indizione del prossimo Giubileo, Spes non confundit , “l’uomo non può accontentarsi di sopravvivere, di adeguarsi al presente lasciandosi soddisfare da realtà soltanto materiali”. Per questo, con la nostra presenza orante sosteniamo la speranza delle membra deboli e vacillanti del Corpo di Cristo che è ogni uomo e annunciamo che siamo fatti per l’infinito» conclude Madre Reboldi.
di Francesco Marruncheddu