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Giornata «pro Orantibus»

Formazione:
un’imperativa necessità
per generare futuro

 Formazione: un’imperativa necessità per generare futuro  QUO-264
21 novembre 2024

Nell’incontro del maggio scorso con i Membri della Confederazione Nazionale Formazione Aggiornamento Professionale e dell’Associazione Italiana degli Enti di Formazione Professionale, Papa Francesco ha usato questa significativa espressione, ponendo l’accento sull’importanza della formazione come strumento essenziale per generare futuro.

Credo che il concetto espresso dal Santo Padre dica qualcosa di essenziale a tutta la Chiesa — e quindi anche a monaci e monache — rafforzando la consapevolezza che la formazione non è una cosa tra le tante ma è il punto su cui è necessario investire, cercando e ricercando cammini possibili per questo nostro tempo definito genericamente “tempo di crisi”.

Lo abbiamo imparato anche dentro il cammino della vita personale: la crisi non è un semplice “incidente di percorso”, ma un passaggio essenziale per crescere, un’occasione preziosa di apertura a nuove e “altre” fasi dell’esistenza. Ma per agire e reagire affinché la crisi diventi benefica e benevola occorre una profonda e solida formazione che non si fermi soltanto all’organizzazione dei pur necessari piani formativi e alla loro scrupolosa messa in atto. Forse occorre riandare al senso della formazione per la vita religiosa e monastica, che è quello di lasciarsi trasformare ad immagine del Cristo, sotto l’azione dello Spirito santo, durante tutta la vita. Non dice forse l’Apostolo che noi siamo chiamati a essere trasformati a immagine di Cristo (cf. 2 Cor 3, 18), in un processo ininterrotto nel volgere dei tempi e delle stagioni? Questo ci autorizza a non cadere nella trappola di sentire la formazione come un ripasso, un aggiornamento che ci concediamo di tanto in tanto, in alcune occasioni speciali o particolari, quasi fosse un lusso. La necessità di acquisire sempre più i sentimenti che furono in Cristo Gesù per crescere umanamente fino a fare della propria vita un capolavoro, un’opera d’arte, cioè fino a riprodurre nella nostra vita la vita di Gesù non è un lusso ma una condizione essenziale che esprime la natura della vita contemplativa, come è anche una necessità per generare futuro. Qualcuno potrebbe chiedersi per chi, viste le consistenti diminuzioni numeriche. Per noi che ancora ci siamo, e per tutti coloro che a noi si avvicinano in cerca di uno sguardo e di una parola di senso.

La formazione deve essere pensata riguardo a due condizioni assolutamente necessarie per la vita cristiana e quindi per la vita monastica, condizioni che sono anche scopo della vita: la libertà e l’amore. Non è mai sufficientemente sottolineata questa necessità, con il rischio di perseguire cammini formativi belli più dal punto di vista organizzativo che dal versante della crescita.

Libertà e amore: due parole significativamente al centro della memoria di Gesù Cristo e al centro della vita cristiana, quindi al centro della vita contemplativa.

La genuina tradizione monastica — a qualunque carisma appartenga — ha come modus vivendi quello proposto dal Signore Gesù nel Vangelo. Per questo l’essenzialità di cui vive e la sua “abitudine” alla marginalità le danno la libertà di tentare il nuovo senza tradire le radici. Una delle condizioni perché libertà e amore continuino il loro corso nella nostra vita rimane quella di un impegno formativo radicale entro cui collocare l’educazione del cuore, la sua custodia, la ricerca appassionata di Dio, dei fratelli e delle sorelle, la sequela evangelica, l’apertura a cogliere i segni dei tempi e i semi del Verbo sparsi ovunque nella storia che viviamo. Contenti di rispondere alla originaria vocazione umana cui siamo tutti chiamati: quella di essere generativi di vita perché creati da colui che è la Vita e che nel Figlio è venuto a donarcela in abbondanza.

Un certo filone della riflessione ebraica lega la radice della parola formazione alla radice della parola creare. Tenendo conto di questa suggestiva sollecitazione possiamo riconoscere che formarsi e dedicarsi alla formazione è come lavorare ad un’opera artistica, generare, partorire quella persona nuova che — dentro ognuno di noi — attende di essere liberata. La formazione diventa dunque come una gestazione che culmina nei dolori del parto. I dolori si dimenticano velocemente perché portano alla nascita e alla vita; e così anche il lento lavorio perché i buoni contenuti conquistino terreno nella nostra esistenza e il cuore giunga ad una pienezza, tale da aprire cammini di felicità possibile.

Ciò che siamo può essere annuncio di significanza; ma per esserlo ha bisogno che ci mettiamo nella disponibile accoglienza di essere formati da questo nostro magnifico tempo, fatto di generazioni di persone che apparentemente nulla hanno a che fare con la fede, ma molto hanno da donare in umanità. È vero che siamo pochi, deboli e poveri, che non abbiamo un futuro assicurato; ma non ce l’hanno neppure i poveri. Non possiamo offrire alle poche nuove vocazioni sicurezza e complete garanzie; ma potremmo invece essere segno di una grande avventura evangelica, aperta al futuro e al soffio dello Spirito, lasciando andare quello che non potrà più dare vita e liberare vita per coloro che ancora possono generare futuro. La gratuità e la pazienza sono ciò che ci serve per formarci alla libertà e all’amore. Il poeta Rilke ce lo ricorda, con parole ben più incisive di quelle usate fino ad ora.

«Aspettate con umiltà e con pazienza l’ora della nascita di un nuovo chiarore. [...] il tempo, qui, non è una misura. Un anno non conta, dieci anni non sono niente. Essere artisti vuol dire non contare, vuol dire crescere come l’albero che non sollecita la sua linfa, che resiste fiducioso ai grandi venti della primavera, senza temere che l’estate possa non venire. L’estate viene. Ma non viene che per quelli che sanno attendere, tanto tranquilli e aperti che se avessero l’eternità davanti a loro. Lo imparo tutti i giorni a prezzo di sofferenze che benedico: la pazienza è tutto». (Rainer M. Rilke, Lettere a un giovane poeta).

di Chiara Francesca Lacchini
Monastero delle Clarisse Cappuccine di Primiero