Una civiltà dell’amore
Accogliamo con gratitudine questa nuova enciclica di Papa Francesco e ne sottolineiamo qui alcuni aspetti importanti.
L’aspetto più significativo dell’enciclica e della devozione al Sacro Cuore di Gesù è che consentono di riscoprire che al centro della fede cristiana non ci sono idee astratte, e neppure un’etica o certi valori, ma Gesù Cristo vivo dal Cuore palpitante. Lui ci aspetta “senza condizioni” (n. 1), ci ama con amore infinito, e scopriamo il suo Cuore nel Vangelo attraverso i suoi gesti, i suoi sguardi e le sue parole (capitolo ii ). Il testo insiste sul fatto che possiamo avere un rapporto personale di amicizia con il Signore.
Dilexit nos completa in modo audace le due encicliche precedenti di Papa Francesco: Laudato si’ e Fratelli tutti. Di fatto, afferma che questi due documenti possono essere meglio compresi alla luce di quest’ultimo (n. 217). Francesco ha voluto presentare il Cuore di Gesù come chiave di volta che completa e articola il suo magistero e il suo pontificato: l’ecologia integrale e il dialogo tra popoli e culture — temi affrontati nei documenti precedenti — vanno compresi alla luce di Cristo.
È significativo il riferimento al magistero dei Papi precedenti, da Leone xiii a Benedetto xvi, e le citazioni delle encicliche anteriori sullo stesso tema, di modo che risulti evidente che la devozione al Cuore di Gesù non è una moda passeggera, bensì un messaggio costante della Chiesa nella sua tradizione. Altrettanto importanti sono i riferimenti ai santi degli ultimi secoli che hanno posto l’accento su questo mistero: Newman, Teresa de Lisieux e Charles de Foucauld, tra gli altri.
Il Santo Padre ripropone questa devozione in pieno xxi secolo. Ciò dissipa i pregiudizi che hanno portato a relegarla ai decenni passati: questa devozione non è una pratica antica. La riflessione sul mondo contemporaneo con cui inizia fa capire che il Cuore di Gesù Cristo è necessario nel presente. La devozione al Cuore di Gesù non è emotivista, ha invece una straordinaria profondità e offre ai suoi devoti una spiritualità forte e coerente. I riferimenti alla carità fraterna e alla costruzione di una nuova realtà sociale fugano il timore che questa devozione possa essere un po’ intimista, che isoli dalla società e dal mondo. Al contrario, ci unisce a Gesù Cristo nella sua ansia redentrice, ci fa uscire da noi stessi e ci spinge a compiere una missione nel mondo. Il lungo elenco di citazioni bibliche dissipa ogni dubbio sul fondamento teologico di questa devozione, che non ha la propria origine nelle rivelazioni private di Paray-Le-Monial (n. 83), anche se queste ultime hanno sicuramente contribuito a chiarirla e a diffonderla.
L’enciclica arricchisce la comprensione della riparazione. Ora capiamo che ci sono vari modi di riparare il cuore di Gesù (cfr. L.M. Mendizábal, En el corazón de Cristo): evitargli nuove sofferenze (riparazione negativa), consolarlo (riparazione affettiva) e condividere la sua sofferenza nell’opera di redenzione. Inoltre, Francesco insiste sull’impegno con i fratelli, e soprattutto con quelli che soffrono (malati, poveri, etc.), come forma autentica di riparazione del Cuore di Gesù, che unisce l’amore verso Dio con l’amore per il prossimo.
Il testo contiene anche un importante riferimento all’effetto sociale della devozione al Cuore di Cristo. Quello che tradizionalmente è stato chiamato Regno sociale di Cristo — che nella solennità liturgica di domenica prossima adoriamo come Re dell’Universo — dai tempi di san Giovanni Paolo ii è stato denominato, con una terminologia più attuale, civiltà dell’amore. È un bene che in Dilexit nos sia presente questa dimensione sociale, necessaria in un mondo in cui «manca il cuore» (n. 9).
Il Papa vuole distinguere l’essenza della devozione dalle sue espressioni concrete. I riferimenti all’Ora Santa e alla comunione riparatrice di ogni primo venerdì del mese permettono di comprendere l’attualità di queste pratiche, che sono al tempo stesso radicate nella comprensione globale della devozione.
Molto opportuno è anche il riferimento dell’enciclica ai santuari del Sacro Cuore (n. 150), che sono così importanti nel nostro Paese: quello della Gran Promesa, a Valladolid, dove il beato Bernardo de Hoyos udì il Signore dire «Regnerò in Spagna»; quello del Tibidabo, a Barcellona; e quello del Cerro de los Ángeles, a Getafe (Madrid), dove nel 1919 Alfonso xiii consacrò la Spagna al Sacro Cuore.
«L’amore di Cristo rappresentato nel suo santo Cuore. Lì possiamo trovare tutto il Vangelo, lì è sintetizzata la verità che crediamo, lì vi è ciò che adoriamo e cerchiamo nella fede, ciò di cui abbiamo più bisogno» (n. 89). Basta questa citazione a sintetizzare il testo: siamo di fronte a un’enciclica straordinaria.
di Manuel Vargas Cano de Santayana
Vicario episcopale della diocesi di Getafe, dottore in Teologia