· Città del Vaticano ·

La catechesi
Il Pontefice prosegue le riflessioni su «Lo Spirito e la Sposa» parlando dall’azione carismatica del Paraclito

Quei doni incarnati
con amore e moltiplicati
dalla carità

 Quei doni incarnati con amore  e moltiplicati dalla carità   QUO-263
20 novembre 2024

I laici non sono collaboratori esterni o  “truppe ausiliarie” del clero hanno carismi  propri con cui contribuire alla missione della Chiesa


I carismi come doni di Dio che «acquistano valore straordinario se ispirati dallo Spirito Santo e incarnati nelle situazioni della vita con amore» sono stati al centro della catechesi di Papa Francesco all’udienza generale di stamani, mercoledì 20 novembre, in piazza San Pietro. Con i fedeli presenti e con quanti lo seguivano attraverso i media, il Pontefice ha proseguito il ciclo di riflessioni sul tema «Lo Spirito e la Sposa», ricordando che anche i laici «hanno dei carismi e dei doni propri con cui contribuire alla missione della Chiesa».

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Nelle tre ultime catechesi abbiamo parlato dell’opera santificatrice dello Spirito Santo che si attua nei sacramenti, nella preghiera e seguendo l’esempio della Madre di Dio. Ma ascoltiamo cosa dice un testo famoso del Vaticano ii: «Lo Spirito Santo non solo per mezzo dei sacramenti e dei ministeri santifica il Popolo di Dio e lo guida e adorna di virtù, ma [anche] “distribuendo a ciascuno i propri doni come piace a lui” (cfr. 1 Cor 12, 11)» (Lumen gentium, 12). Anche noi abbiamo doni personali che lo stesso Spirito dà ad ognuno di noi.

È giunto, perciò, il momento di parlare anche di questo secondo modo di operare dello Spirito Santo che è l’azione carismatica. Una parola un po’ difficile, la spiegherò. Due elementi contribuiscono a definire cos’è il carisma. Primo, il carisma è il dono dato “per l’utilità comune” (1 Cor 12, 7), per essere utile a tutti. Non è, in altre parole, destinato principalmente e ordinariamente alla santificazione della persona, ma al servizio della comunità (cfr. 1 Pt 4, 10). Questo è il primo aspetto. Secondo, il carisma è il dono dato “a uno”, o “ad alcuni” in particolare, non a tutti allo stesso modo, e questo è ciò che lo distingue dalla grazia santificante, dalle virtù teologali e dai sacramenti che invece sono gli stessi e comuni per tutti. Il carisma è dato a una persona o a una comunità specifica. È un dono che Dio ti dà.

Anche questo ce lo spiega il Concilio. Lo Spirito Santo — dice — «dispensa pure tra i fedeli di ogni ordine grazie speciali, con le quali li rende adatti e pronti ad assumersi opere ed uffici, utili al rinnovamento e alla maggiore espansione della Chiesa, secondo quelle parole: A ciascuno...la manifestazione dello Spirito è data perché torni a comune vantaggio» (1 Cor 12, 7).

I carismi sono i “monili”, o gli ornamenti, che lo Spirito Santo distribuisce per rendere bella la Sposa di Cristo. Si capisce così perché il testo conciliare termina con l’esortazione seguente. «E questi carismi, straordinari o anche più semplici e più comuni, siccome sono soprattutto adattati e utili alle necessità della Chiesa, si devono accogliere con gratitudine e consolazione» (Lumen gentium, 12).

Benedetto xvi ha affermato: «Chi guarda alla storia dell’epoca post-conciliare può riconoscere la dinamica del vero rinnovamento, che ha spesso assunto forme inattese in movimenti pieni di vita e che rende quasi tangibile l’inesauribile vivacità della santa Chiesa». E questo è il carisma dato a un gruppo, tramite una persona.

Dobbiamo riscoprire i carismi, perché questo fa sì che la promozione del laicato e in particolare della donna venga inteso non solo come un fatto istituzionale e sociologico, ma nella sua dimensione biblica e spirituale. I laici non sono gli ultimi, no, i laici non sono una specie di collaboratori esterni o delle “truppe ausiliarie” del clero, no! Hanno dei carismi e dei doni propri con cui contribuire alla missione della Chiesa.

Aggiungiamo un’altra cosa: quando si parla dei carismi bisogna subito dissipare un equivoco: quello di identificarli con doti e capacità spettacolari e straordinarie; essi invece sono doni ordinari — ognuno di noi ha il proprio carisma — che acquistano valore straordinario se ispirati dallo Spirito Santo e incarnati nelle situazioni della vita con amore. Una tale interpretazione del carisma è importante, perché molti cristiani, sentendo parlare dei carismi, sperimentano tristezza o delusione, in quanto sono convinti di non possederne nessuno e si sentono esclusi o cristiani di serie B. No, non ci sono i cristiani di serie B, no, ognuno ha il proprio carisma personale e anche comunitario. A costoro rispondeva già, a suo tempo, sant’Agostino con un paragone assai eloquente: «Se ami — diceva al suo popolo — quello che possiedi, non è poco. Se, infatti, tu ami l’unità, tutto ciò che in essa è posseduto da qualcuno, lo possiedi anche tu! Soltanto l’occhio, nel corpo, ha la facoltà di vedere; ma è forse soltanto per sé stesso che l’occhio vede? No, esso vede per la mano, per il piede e per tutte le membra»1.

Ecco svelato il segreto per cui la carità è definita dall’Apostolo «la via migliore di tutte» (1 Cor 12, 31): essa mi fa amare la Chiesa, o la comunità in cui vivo e, nell’unità, tutti i carismi, non solo alcuni, sono “miei”, così come i “miei” carismi, anche se sembrano poca cosa, sono di tutti e per il bene di tutti. La carità moltiplica i carismi: fa del carisma di uno, di una sola persona, il carisma di tutti. Grazie!


1 S. Agostino, Trattati su Giovanni, 32, 8.