Santa Sede e Camerun:
La diplomazia della Santa Sede con gli Stati dell’Africa contemporanea: un «servizio all’umanità» volto alla promozione delle «libertà ecclesiastiche», anche in caso di «cambiamenti politici e alla tutela del «bene comune». Questo il cuore dell’intervento odierno dell’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali, pronunciato all’Università Cattolica dell’Africa Centrale a Yaoundé.
Nell’ateneo della capitale del Camerun il presule, al suo quarto e ultimo giorno di viaggio nel Paese africano, ha ricevuto il dottorato honoris causa. Nella circostanza ha tenuto un’articolata conferenza sottolineando che gli accordi stipulati dalla Santa Sede con gli Stati rappresentano un aspetto fondamentale della lunga tradizione diplomatica della Chiesa cattolica, la quale, pur rimanendo una «realtà altamente spirituale», è anche un attore significativo nelle «relazioni multilaterali» con «quasi tutti gli Stati del mondo» e con «organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite».
Lo scorso 8 gennaio, erano presenti 180 ambasciatori al saluto del Papa al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, mentre sono attualmente 91 le missioni accreditate presso il Vaticano. La diplomazia vaticana, che affonda le sue radici ai tempi di Papa Martino v (1417-1431), si affida alla segreteria di Stato, definita dall’arcivescovo Gallagher «il centro stesso della diplomazia papale». Accettando con «commozione» l’onorificenza conferita dall’ateneo camerunese, il presule ha ricordato l’importante «accordo-quadro» tra la Santa Sede e lo Stato del Camerun, ratificato a Yaoundé il 13 gennaio 2014. Ha inoltre sottolineato come i rapporti con l’Africa risalgano indietro nel tempo con i primi accordi firmati con la Tunisia e il Congo belga, che segnarono l’inizio di una «lunga e ricca collaborazione». Un momento decisivo in questa relazione fu il periodo coloniale, durante il quale, come ha ricordato Gallagher, «quasi tutta l’Africa — a eccezione dell’Etiopia e della Liberia — era sotto il dominio delle potenze europee». In quel contesto, la Santa Sede si è fatta portavoce dei fedeli e del clero locale, gradualmente inserendosi in convenzioni che riguardavano anche i territori colonizzati. Ad esempio, nel caso del Congo belga, l’arcivescovo ha ricordato le due convenzioni del 26 maggio 1906, sotto il pontificato di Pio x , e dell’8 dicembre 1953, siglata da Pio xii . La prima mirava a «promuovere la diffusione del cattolicesimo, sostenendo al contempo il governo nell’opera educativa attraverso la creazione di scuole e centri di formazione professionale»; la seconda, invece, si proponeva di «adattare l’organizzazione della Chiesa in Congo alle nuove circostanze, caratterizzate da un lato dall’aumento del numero di cattolici e delle dimensioni del clero locale, e dall’altro dal graduale emergere di uno Stato moderno che lottava per l’indipendenza». Con la fine del periodo coloniale, ha affermato monsignor Gallagher, «l’attività diplomatica della Santa Sede è accelerata in Africa». A partire dal 1960, sono state istituite nuove delegazioni apostoliche in città come Lagos (Nigeria), Nairobi (Kenya) e Antananarivo (Madagascar), mentre altre missioni sono state trasformate in internunziature. La prima internunziatura per l’Africa francofona fu aperta a Dakar (Senegal) nel 1961, divenendo la quarta continentale dopo quelle del Cairo (Egitto), Addis Abeba (Etiopia) e Monrovia (Liberia). Nel caso del Camerun, la delegazione apostolica di Yaoundé è stata istituita il 3 aprile 1965, con giurisdizione su tutti i distretti che compongono l’attuale Africa centrale. Tuttavia, solo nel 1997 la Santa Sede ha ratificato il primo «accordo-quadro» con uno Stato africano, il Gabon.
Ad oggi, 51 dei 54 Stati africani mantengono relazioni diplomatiche stabili con la Santa Sede. Tali rapporti sono guidati dai principi stabiliti dal concilio Vaticano ii , che intendono mantenere la libertà religiosa «senza distinzioni» e preservare «il bene comune», ossia «quel complesso di condizioni sociali che consente ai gruppi e a ciascuno dei loro membri di raggiungere più pienamente e più facilmente la propria perfezione», come chiarisce la Costituzione pastorale Gaudium et spes. «Firmando accordi con gli Stati», ha aggiunto monsignor Gallagher, «la Chiesa non chiede più privilegi, come accadeva in epoche precedenti, ma rivendica semplicemente il beneficio della libertà religiosa per la essa e il suo popolo».
L’arcivescovo ha poi ricordato le intese firmate con il Camerun, tra cui quelle relative all’Istituto Cattolico di Yaoundé. La prima, del 5 luglio 1989, ha permesso la creazione di un’università di diritto pontificio nel Paese, contribuendo a «dinamizzare l’istruzione superiore in una nazione che all’epoca aveva una sola università pubblica e nessun ateneo privato. La seconda, del 17 agosto 1995, ha conferito all’istituto la capacità di rilasciare diplomi riconosciuti dalle istituzioni civili camerunesi. Monsignor Gallagher ha poi evidenziato i benefici dell’accordo-quadro del 2014 su due livelli: quello «immediato» e quello «prospettico».
«Nel breve periodo, l’intesa ha riaffermato con forza l’attaccamento delle parti alla libertà religiosa come quadro essenziale dell’azione della Chiesa in Camerun» ha detto l’arcivescovo, mentre «dal punto di vista prospettico, esso consente alla comunità ecclesiale di precisare i principi e le disposizioni giuridiche riguardanti i suoi rapporti e la sua collaborazione con lo Stato camerunese».
Tra i punti «essenziali» dell’accordo figurano il «riconoscimento» delle varie personalità giuridiche, la «semplificazione della procedura di acquisizione» delle stesse, l’autonomia della Chiesa in settori come l’erezione, divisione o soppressione di istituzioni ecclesiastiche e le nomine, trasferimenti ed accettazione delle dimissioni dei vescovi.
Inoltre, l’accordo impegna la Chiesa «al servizio dello sviluppo integrale e per il bene di tutti, creando istituzioni adeguate con personalità giuridica in diritto camerunese».
Concludendo il suo intervento, monsignor Gallagher ha sottolineato che «la diplomazia della Santa Sede rappresenta un servizio alla Chiesa e all’umanità, con le sue fragilità». Essa costituisce la base per il mantenimento delle «libertà ecclesiastiche», protette da eventuali «cambiamenti politici» nei vari Paesi, ed è una risorsa fondamentale per le comunità locali, che possono così promuovere i loro impegni apostolici a favore della persona umana.
«Tutti gli Stati devono riscoprire uno spirito di servizio con l’intenzione di costruire una solidarietà globale che si esprima concretamente nell’aiutare coloro che soffrono», aveva dichiarato Gallagher in occasione della Settimana di Alto-Livello alla 78ª Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 18 settembre 2023.
Richiamando quell’intervento, l’arcivescovo ha auspicato che anche l’accordo-quadro siglato con il Camerun, nel suo decimo anniversario, porti «sempre più frutti per il benessere dei cristiani e dei cittadini di questo nobile Paese ma soprattutto per i più fragili».
di Edoardo Giribaldi