Testimone di Cristo
Pubblichiamo in una nostra traduzione dal tedesco stralci dell’omelia pronunciata dal cardinale prefetto del Dicastero per la promozione dell’Unità dei cristiani che, in rappresentanza di Papa Francesco, ha presieduto domenica 17 nella cattedrale di Freiburg im Breisgau la messa con il rito di beatificazione del sacerdote tedesco Max Josef Metzger, martire del nazismo.
Sulla tomba di Metzger sono scritte parole costituiscono il suo testamento: «Ho offerto la mia vita a Dio per la pace nel mondo e per l’unità della Chiesa».
Nella penultima domenica dell’anno liturgico, le Letture hanno un carattere apocalittico, accennando a un tempo di angoscia, parlando della fine del mondo. Talvolta questi testi sembrano provenire da un mondo a noi estraneo. Tuttavia, se osserviamo le terribili guerre in Medio Oriente, in Ucraina e in tanti altri luoghi, quelle tetre visioni non dovrebbero più sembrarci fuori dal mondo.
I tristi ricordi costituiscono anche lo sfondo buio dell’opera di Metzger. Appena tre anni dopo l’ordinazione sacerdotale, fu mandato come cappellano militare sul fronte francese. Ammalatosi, dopo un anno ritornò nel suo Paese. Tuttavia, le esperienze vissute bastarono per far diventare il giovane sacerdote un appassionato apostolo della comprensione e della pace tra i popoli. Così, già nel 1917, elaborò un «programma di pace religioso internazionale», che fece recapitare anche a Benedetto xv.
Il Papa non solo si espresse con approvazione a riguardo; ma senz’altro il suo grande impegno per una mediazione di pace servì a promuovere in modo determinante anche il ramo cristiano del movimento pacifista. Benedetto xv censurò aspramente la guerra definendola un’«inutile strage». La pace tra i popoli e quella tra le nazioni divennero la grande passione di Metzger, per cui fondò la Lega della pace universale della croce bianca e la Lega della pace dei cattolici tedeschi. In seguito, dal 1938 divenne anche promotore della comunità ecumenica Una sancta. Infatti, era convinto che la Chiesa potesse impegnarsi in modo credibile per la pace solo se i cristiani si fossero riconciliati tra loro.
Pace e unità della Chiesa sono le preoccupazioni gemelle alle quali dedicò l’intera vita. Quanto queste due preoccupazioni siano inscindibili emerge dalla lettera sui possibili passi per la riunificazione della cristianità che scrisse a Pio xii dal carcere il 2 marzo 1939. Da qui emerge anche che tra l’importante eredità di Metzger c’è la sua profonda spiritualità teologica, nella quale si è fatto guidare totalmente dal regno di Cristo. Dopo l’istituzione da parte di Pio xi, nel 1925, della solennità di Cristo Re, Metzger nel 1928 trasferì la Società missionaria della croce bianca, da lui fondata nel 1919 a Graz con il motto “Cristo deve essere Re”, a Meitingen, nei pressi di Augsburg, chiamandola Societas Christi Regis, ovvero Società di Cristo Re. Della spiritualità di Cristo Re ha dato conto soprattutto nel “Trattato teologico sulle basi spirituali della Societas Christi Regis”, spiegando anche la sua visione della missione ecumenica della Chiesa cattolica. Questo trattato spirituale può essere considerato la sua eredità spirituale perché l’ha scritto con le mani legate nella cella in cui attendeva la morte ed è riuscito a consegnarla al cappellano del carcere Peter Buchholz tre settimane prima di essere giustiziato.
È dunque una bella coincidenza poter celebrare la beatificazione di Metzger una settimana prima della domenica dedicata a Cristo Re. Al centro di quella solennità, infatti, c’è il mistero di fede indicato nella lettura dalla Lettera agli Ebrei, ossia che Gesù ha dato la propria vita in “sacrificio per i peccati”. Essa contiene quindi il messaggio esigente e al contempo consolatorio che il Re della Pace non conosce altro trono che la croce.
Di questa croce ha avuto parte in modo intenso anche Metzger. Poiché il suo impegno per la pace e l’unità fu considerato dai nazionalsocialisti un tradimento della loro ideologia, nel 1934 e nel 1939 fu arrestato due volte ad Augsburg; infine, a giugno 1943 fu messo in custodia cautelare a Berlino, dove il 14 ottobre venne condannato a morte e poi, il 17 aprile, giustiziato nel carcere di Brandenburg-Görden. La sua morte è una testimonianza eloquente di ciò che, nella comprensione cristiana della fede, costituisce un martire. Come Gesù ha dato la propria vita sulla croce per amore di noi uomini, anche il martire cristiano accetta la propria morte come conseguenza della sua fedeltà alla fede, e pertanto nell’amore per Cristo e gli uomini. L’amore costituisce addirittura il segno distintivo del martire. Poiché rende concreta la vittoria sull’odio e sulla morte, il martirio cristiano risulta l’atto di amore più alto verso Dio e i fratelli e le sorelle, come insegna il concilio Vaticano ii.
Questa verità è stata confermata migliaia di volte nel corso della storia della Chiesa ed emerge anche nel mondo attuale, in cui ci sono perfino più martiri che durante le crudeli persecuzioni dei cristiani dei primi secoli. Il martirio cristiano è ecumenico. Il sangue che i cristiani nelle diverse Chiese versano per Cristo non ci divide, bensì ci unisce. Perciò possiamo vivere nella speranza che il sangue dei martiri diventi seme della futura unità del Corpo di Cristo, ferito dalle numerose divisioni.
Anche noi, oggi, viviamo — come Metzger — in un mondo profondamente lacerato e siamo chiamati a essere testimoni di Cristo, anche in contraddizione con le ideologie che imperversano nella società.
di Kurt Koch