In preghiera per le vittime
Un tessuto squarciato e all’interno, sullo sfondo, il colore rosso sangue. È il particolare dell’opera dell’artista Alberto Burri — “Sacco e oro” del 1956 — che campeggia sul manifesto che la Conferenza episcopale italiana (Cei) ha preparato per annunciare la iv Giornata nazionale di preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi che si svolge oggi, lunedì 18 novembre. Un’immagine che sintetizza in un solo colpo d’occhio lo stato d’animo di chi ha subito violenze da parte di sacerdoti o operatori pastorali laici: il cuore lacerato e disperato che deve essere aiutato a risanarsi. Per questo, la stessa opera suggerisce che ritessere la «fiducia vuol dire tentare di ricucire lo strappo, magari ancora aperto e sanguinante, con il filo d’oro della prossimità e della cura» come ha voluto evidenziare Chiara Griffini, presidente del Servizio nazionale tutela minori e adulti vulnerabili della Cei, nel testo che accompagna i sussidi utili per l’animazione della giornata a livello parrocchiale e diocesano. Suturare i tagli profondi delle anime ferite è un compito arduo ma che non può non coinvolgere tutta la compagine ecclesiale perché il male inflitto ad una singola persona della comunità si ripercuote inevitabilmente su tutti gli altri membri. Proprio per questo, i vescovi italiani si augurano che il materiale messo a disposizione — scaricabile tramite il sito internet ufficiale della Cei — possa essere «utilizzato anche durante tutto l’anno per nuovi momenti di riflessione e possa generare ulteriori percorsi di ascolto e diventare parte integrante delle attività formative proposte nelle parrocchie, nelle diocesi, nei seminari, nelle comunità religiose, nelle associazioni e nei movimenti». I testi ai quali fa riferimento la Griffini sono stati preparati dalle vittime o dai loro familiari e contengono approcci di risposte a domande che interpellano profondamente: quale fiducia dobbiamo ritessere? In chi riporre la fiducia? Come ricucire la fiducia tradita? «È lo scandalo dell’abuso — scrivono le vittime — che lacera irrimediabilmente e paralizza genitori e familiari, attoniti e increduli nella tragica consapevolezza di aver aperto gli occhi e compreso soltanto troppo tardi». La Cei ha previsto che interrogativi e testimonianze possono trovare spazio all’interno di una veglia di preghiera durante la quale si ascolta e si medita la Parola Di Dio in un atto di completo e totale abbandono filiale. Nel pomeriggio dello scorso sabato 16 novembre anche i mille delegati alla prima assemblea sinodale delle Chiese in Italia che si è svolta nella Basilica di San Paolo fuori le mura di Roma hanno voluto dedicare spazio all’orazione per ricordare le vittime e i sopravvissuti agli abusi. E proprio nell’omelia pronunciata durante la celebrazione dei Vespri, monsignor Giuseppe Baturi, segretario generale della Cei, ha messo in evidenza come lo strappo dell’abuso «non può essere sanato da una nuova toppa ma solo da una nuova veste, da un cambiamento radicale di cultura, di metodo, di cuore, un cambiamento che richiede l’infinita pazienza del dolore espresso e ascoltato, la speranza alimentata e valorizzata, la fiducia riannodata».
di Federico Piana