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Ieri a Yaoundé l’incontro dell’arcivescovo Gallagher con l’episcopato del Paese

La Chiesa in Camerun sia un segno di speranza

 La Chiesa in Camerun sia un segno di speranza   QUO-260
16 novembre 2024

Il Camerun «è sempre stato considerato una terra di speranza»: l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali, parte da questa premessa nel discorso rivolto ieri pomeriggio, 15 novembre, ai membri della Conferenza episcopale del Paese africano, incontrati a Mvolyé-Yaoundé.

Giuntovi il giorno prima, il presule vi resta fino a lunedì 18, per portare il saluto e la benedizione di Papa Francesco, con l’incoraggiamento ai presuli per la missione evangelizzatrice e per una Chiesa sinodale. Occasione della visita è il decimo anniversario della firma dell’Accordo-Quadro tra la Santa Sede e il Camerun, datato 13 gennaio 2014. Un accordo, ha spiegato, che raffigura «uno strumento di capitale importanza» per consolidare i legami tra Chiesa locale e Stato «a favore dello sviluppo integrale di tutti i camerunesi», nonché «a favore della pace e della prosperità comune».

Rivolgendosi alla Conferenza episcopale, Gallagher ha ribadito «la necessità di costruire ponti che permettano di unire e non muri di separazione, perché siamo tutti fratelli». Di qui, il richiamo alla speranza, manifestata anche dal «dinamismo della Chiesa» camerunese, all’interno della quale, nel corso del tempo, sono cresciute in modo esponenziale le parrocchie, le istituzioni cattoliche educative e sanitarie, le strutture socio-caritative, nonché le vocazioni religiose e sacerdotali. Un esempio concreto, afferma il segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali, di quella «pastorale sociale» portata avanti con grande sforzo dalla Chiesa locale, per «rispondere sempre meglio ai bisogni delle persone» indipendentemente dalla loro provenienza o religione. Una Chiesa, insomma, che «arriva alle periferie esistenziali dell’umanità per offrire a tutti la vita di Gesù».

Al contempo, monsignor Gallagher ha messo in luce la grave crisi e le forti violenze, dovute anche a Boko Haram, che da anni attanagliano il Paese africano. In particolare, l’arcivescovo ha citato quanto riferito dai presuli della Provincia ecclesiastica di Bamenda che, di recente, hanno denunciato l’insicurezza e l’ingiustizia prevalente nella regione, parlando di casi di tortura, estorsione, sfollamenti forzati e perdite di vite umane e di beni materiali. Di fronte a tale drammatica situazione, Gallagher ha ricordato che «l’unica risposta valida è il Vangelo», capace di convertire i cuori e di costruire la famiglia umana «in unità, giustizia e pace».

La riconciliazione è anche la missione della Chiesa, ha aggiunto l’arcivescovo, esortando i presuli a «non esitare a far sentire la voce della Chiesa nel Paese» esercitando gli incarichi pastorali «in una dimensione profetica».

«Sapete quanto potete essere segno di consolazione e di speranza non solo per i vostri fedeli, ma anche per i vostri connazionali in generale» ha ribadito il segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali, invitando l’episcopato del Camerun a dire «con una sola voce e con la forza del Vangelo, parole forti e senza tentennamenti» per illuminare il Paese «nei momenti difficili». Di qui, il richiamo alla «unità nella diversità», perché solo così i vescovi camerunesi riusciranno ad affrontare «le numerose sfide pastorali che presentano la società e la cultura moderna», tra cui «il fenomeno migratorio, la corruzione e l’ingiustizia».

Un paragrafo del suo lungo discorso monsignor Gallagher lo ha quindi dedicato al tema della libertà religiosa: esprimendo apprezzamento per «i rapporti di cordialità e di corresponsabilità nel rispetto reciproco» esistenti tra la Chiesa e lo Stato africano, il rappresentante della Santa Sede ha richiamato la Dottrina sociale, affermando che «il dovere di rispettare la libertà religiosa richiede che la comunità politica garantisca alla Chiesa il necessario spazio di azione». «La Chiesa in Camerun — ha aggiunto — non può essere considerata come una organizzazione non governativa, né come una qualsiasi associazione, ma un partner dello Stato» nel rispetto delle rispettive autonomie. In tale ottica, il segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali ha esortato la Conferenza episcopale a «inserirsi a pieno titolo nel dialogo sociale e politico e a confrontarsi senza esitazione con le autorità pubbliche» per far conoscere loro «la realtà sociale dell’insegnamento della Chiesa».

Infine, in vista dell’imminente Giubileo, l’arcivescovo ha invitato i presuli del Camerun a «mantenere viva la fiamma della speranza», perseguendo con coraggio la missione al servizio della Chiesa e della società, e annunciando il Vangelo.

di Isabella Piro