Una difesa integrale
«Una difesa della vita... che non tiene conto in modo integrale di tutte le dimensioni esistenziali, sociali e culturali, rischia di essere inefficace e può cadere nella tentazione di un approccio ideologico»: lo ha scritto Papa Francesco in un messaggio ai partecipanti all’incontro “Bene comune: teoria e pratica”, organizzato dalla Pontificia Accademia per la vita e svoltosi nel pomeriggio di ieri, 14 novembre, in Vaticano. Pubblichiamo il testo pontificio.
Sono molto lieto di porgere il mio cordiale saluto a tutti i partecipanti all’incontro “Bene comune: teoria e pratica”, organizzato dalla Pontificia Accademia per la Vita.
All’interno delle molteplici riflessioni sul tema del bene comune, l’incontro è particolarmente significativo per almeno due motivi.
Il primo è che è promosso dalla Pontificia Accademia per la Vita. Se si vuole realmente custodire la vita umana in ogni contesto e situazione, non si può prescindere dal collocare i temi della vita, anche quelli più classici del dibattito bioetico, nel contesto sociale e culturale in cui tali fenomeni accadono. Una difesa della vita che si limita solo ad alcuni aspetti o momenti e che non tiene conto in modo integrale di tutte le dimensioni esistenziali, sociali e culturali, rischia di essere inefficace e può cadere nella tentazione di un approccio ideologico, dove si difendono più i principi astratti che le persone concrete. La ricerca del bene comune e della giustizia sono aspetti centrali e imprescindibili di qualunque difesa di ogni vita umana, soprattutto le più fragili e indifese, nel rispetto dell’intero ecosistema che abitiamo.
Il secondo motivo che vorrei sottolineare è che a questo evento saranno presenti due donne con responsabilità e provenienze diverse. Abbiamo bisogno, nella società come nella Chiesa, di ascoltare voci femminili; abbiamo bisogno che saperi diversi cooperino all’elaborazione di una riflessione ampia e saggia sul futuro dell’umanità; abbiamo bisogno che davvero tutte le culture mondiali possano offrire il loro contributo ed esprimere bisogni e risorse. Solo così possiamo “pensare e generare un mondo aperto”, come ho auspicato nel capitolo terzo della mia Enciclica Fratelli tutti.
Con riferimento a questa Enciclica, desidero rimarcare che la fraternità universale è, in qualche modo, un modo “personale”, caldo, di intendere il bene comune. Non semplicemente un’idea, un progetto politico e sociale, piuttosto una comunione di volti, di storie, di persone. Il bene comune è anzitutto una pratica, fatta di accoglienza fraterna e di comune ricerca della verità e della giustizia. Nel nostro mondo segnato da tanti conflitti e contrapposizioni che sono frutto dell’incapacità di alzare lo sguardo oltre interessi particolari, è di grande importanza richiamare il bene comune, uno dei capisaldi della dottrina sociale della Chiesa. Abbiamo bisogno di solide teorie economiche che assumano e sviluppino questo tema nel suo specifico, affinché possa diventare un principio effettivamente ispiratore delle scelte politiche (come ho indicato nella mia Enciclica Laudato si’) e non soltanto una categoria tanto invocata nelle parole quanto disattesa nei fatti.
Di cuore benedico tutti, chiedendo, per favore, di pregare per me.
Città del Vaticano, 12 novembre 2024
Francesco