· Città del Vaticano ·

Concluso il convegno sulla “safeguarding” nella Chiesa in Europa

Tessere reti per il bene
e per fare la differenza

 Tessere reti per il bene e per fare la differenza   QUO-259
15 novembre 2024

Si dicono arricchiti, rafforzati, incoraggiati in un lavoro che vuole assumere sempre più una rilevanza europea, gli oltre cento partecipanti alla conferenza Safeguarding in the Catholic Church in Europe, che, promossa dalla Pontificia Commissione per la Tutela dei minori, si è conclusa oggi a Roma. Vescovi, religiosi, laici, esperti di diocesi e Conferenze episcopali hanno discusso e condiviso per tre giorni buone pratiche sui temi della tutela, della prevenzione, del contrasto agli abusi. Quelli che il cardinale presidente della Commissione, Sean O’Malley, ha definito un «flagello» per la Chiesa nel suo video-intervento di apertura, preceduto da un messaggio di Papa Francesco.

Soprattutto è l’aspetto del «fare rete» quello che maggiormente è emerso nella tre giorni a Palazzo Maffei Marescotti, rinforzare, cioè, l’E co Network avviato alla conferenza di Varsavia del 2021. «L’abuso fa incontrare per distruggere, qui invece abbiamo tessuto reti per il bene perché, pur nelle differenze di ogni Stato, ci sono ricorrenze», spiega ai media vaticani Chiara Griffini, psicologa, laica, nominata a maggio presidente del Servizio nazionale per la Tutela dei minori della Conferenza episcopale italiana (Cei). In questa veste ha partecipato alle sessioni dell’evento di Roma portando «il contributo della rete capillare avviata dalla Cei a partire dal 2019».

Griffini si dice soprattutto incoraggiata dall’aver visto numerosi «progetti di riparazione in atto in alcune Chiese locali europee in cui le vittime diventano attori per la cura spirituale ed ecclesiale». Con gli altri partecipanti, spiega, si sono trovati tutti d’accordo nell’affermare che è necessario un maggiore pungolo «perché le procedure di giustizia all’interno della Chiesa rispondano sempre di più» (tema affrontato anche nel confronto col Dicastero per la dottrina della fede), oltre che una più forte «incidenza» della Chiesa in Europa sulla legislazione dell’Ue per «fare la differenza».

Griffini parla di passi avanti, di traguardi raggiunti, a cominciare dall’Italia che conta 226 diocesi. Quasi tutte, dice, si sono dotate di una rete di tutela e prevenzione e dal 2020 al 2022 oltre 24.000 persone sono state formate in materia di safeguarding: «Tenendo conto del blocco di tutte le attività pastorali con la pandemia, è un risultato importante. Questo non ci deve far sedere, anzi diventa una responsabilità ulteriore perché la formazione diventi permanente».

L’approccio della Chiesa italiana, rimarca l’esperta, è «propositivo» e cioè «una tutela che non è solo un insieme di prescrizioni ma mira a promuovere il benessere del minore, dell’adulto che se ne prende cura e di un’intera comunità». Bisogna ricordare infatti che «il minore è sempre figlio di qualcuno» e che quindi è necessario un lavoro di cura non solo nei suoi confronti, ma anche per la sua famiglia. A Griffini si incrina la voce quando ricorda i tanti genitori che ha incontrato e che vivono con «un senso di colpa permanente» per aver affidato loro stessi il figlio o i figli a persone che reputavano «di riferimento» e che si sono rivelati invece abusatori. «In quel caso c’è stato un duplice abuso: spirituale sui genitori, sessuale sui figli. Un’intera famiglia, di fatto, è stata abusata. È tremendo». Ma quanto grande è stato il male subito, tanto è grande «la dignità mostrata da queste persone, unita al loro continuare ad avere fede e lavorare con la Chiesa per la tutela», afferma Chiara Griffini. Come Cei, aggiunge, «avvertiamo la responsabilità di affiancare questi genitori in una ferita che continua anche oltre ogni condanna giuridica. Certamente le modalità non tempestive con cui si sono trattate le segnalazioni hanno alimentato il dolore, perché non attente alle persone e al loro bisogno di essere credute. La consapevolezza di questo è un pungolo per imparare oggi a intraprendere strade adeguate per verità e giustizia».

Di verità e giustizia parla pure il vescovo Stephan Lipke, gesuita tedesco e vescovo ausiliare della diocesi della Trasfigurazione a Novosibirsk, nella Siberia occidentale. La sua voce, la sua stessa presenza, rappresentano un mondo sideralmente opposto a quello di tanti altri partecipanti all’evento di Roma: territori dalle distanze enormi, una Chiesa piccola con circa trent’anni di vita, pochi fedeli, un’azione pastorale limitata. Il punto in comune, purtroppo, è proprio il tema degli abusi. «Anche noi abbiamo avuto casi di abuso soprattutto di donne adulte, vulnerabili perché povere o senzatetto, che hanno bussato alle porte della Chiesa cattolica e alcuni preti se ne sono approfittati. Quando sono stati riconosciuti colpevoli, sono stati puniti», racconta il presule ai media vaticani. «Se c’era una violazione anche della legge statale, abbiamo collaborato pure con la giustizia civile».

Il lavoro per la safeguarding procede anche nelle fredde lande siberiane, conferma il vescovo. Molto viene fatto a livello virtuale considerando i problemi logistici: «La gente con la pandemia ha imparato che si può dialogare e scambiare informazioni on line, lavoriamo soprattutto così. Ovviamente il contatto diretto è preferibile, facciamo ciò che possiamo fare». In presenza o in video, in ogni caso l’azione principale è quella di garantire ascolto e accoglienza: «Proviamo davvero a parlare con le persone, ad andarle a trovare perché possano raccontare cosa è successo loro». Lipke condivide a tal proposito una storia: «Quando sono stato nominato vescovo ausiliare, alla messa nella cattedrale di Novosibirsk è venuta una ragazza che vive lì e che ha subito una forma di abuso da adulta. È venuta a parlarmi, successivamente è tornata alla Chiesa cattolica, perché — mi ha detto — ha capito che la gente nella Chiesa vuole parlare, vuole avere cura dell’altro». Quindi una «riconciliazione». Un valore, insieme a verità e giustizia, universale in Siberia come in Italia e in tutta Europa.

di Salvatore Cernuzio