La sorprendente convocazione
È sempre affascinante osservare da vicino la riunione di una famiglia numerosa che condivide tutto: gioie, dolori, speranze. Ma si rimane addirittura a bocca aperta se questa famiglia, quella vincenziana, conta un numero sterminato di figli in tutto il mondo: più di duecento fra congregazioni, associazioni ed enti che hanno come denominatore comune il carisma di san Vincenzo de’ Paoli, considerato il santo della carità. Ed è ancora più entusiasmante sapere che il tema dell’incontro internazionale che si è aperto a Roma nel pomeriggio di ieri, mercoledì 14 novembe, è “Mantenere il fuoco acceso: sinodalità vincenziana in azione” che richiama le tre dimensioni che il Papa ha indicato per il cammino di tutta la Chiesa: comunione, partecipazione e missione. Alla base del confronto fraterno, che si chiuderà domenica 17 novembre quando i partecipanti si recheranno in piazza San Pietro per la messa celebrata da Francesco in occasione della Giornata mondiale dei poveri, c’è una domanda antica che aspetta risposte sempre nuove: come agire in un mondo scosso da guerre violente e in preda ad ingiustizie e soprusi. E la bussola per muoversi rimane il carisma del fondatore, i cui gesti di generosità disinteressata spinsero addirittura Luigi xiii re di Francia a nominarlo suo fidato consigliere. «C’è una sfida che ci riguarda per il futuro: avere gli occhi aperti e reagire subito alle necessità delle 160 nazioni nelle quali ci troviamo. Dobbiamo intervenire lì dove le persone hanno bisogno d’aiuto, spirituale e materiale». Padre Tomaž Mavrič, presidente del comitato esecutivo della famiglia vincenziana e superiore generale della Congregazione della missione e delle Figlie della Carità di san Vincenzo de’ Paoli, spiega a «L’Osservatore Romano» che questo obbiettivo si raggiunge facendo collaborare tutte le realtà vincenziane che insieme si trasformano in una potenza di bene. Del resto, gli sta a cuore spiegare, «il nostro fondatore non agiva in solitudine, ogni volta cercava di coinvolgere altri per portare avanti i progetti di evangelizzazione e carità». L’incontro mondiale di quest’anno, il secondo dopo quello del 2020 a Castel Gandolfo, mette palesemente in evidenza anche ciò che padre Mavrič sostiene ormai da tempo: «Io penso che ora la famiglia vincenziana si debba chiamare movimento della famiglia vincenziana. La differenza sta nel fatto che prima la famiglia vincenziana era composta dalle congregazioni di vita consacrata e dalle associazioni di laici ma ora abbiamo scoperto che sono in molti quelli che, pur non appartenendo a nessun ramo, vivono il nostro stesso carisma. In tutto, superiamo i 4 milioni di persone». Sarà il Pontefice, domenica prossima, a contribuire a tenere acceso il fuoco dell’amore per gli altri che da sempre arde nei cuori di ogni vincenziano: lo farà benedicendo 13 chiavi che rimandano al progetto “13 case” che ha lo scopo — soprattutto durante il giubileo — di sollecitare la comunità internazionale a trovare soluzioni per i senzatetto che vivono in 13 differenti paesi. «L’idea, nata già da molto tempo, ricalca l’iniziativa di san Vincenzo de’ Paoli che destinò una parte di eredità personale per acquistare 13 case da destinare agli indigenti. Fin d’ora, in molte parti del mondo, il progetto ha consentito di ospitare circa 100 mila persone» ricorda padre Valerio Di Trapani, superiore provinciale dei missionari vincenziani in Italia. Una delle nuove 13 case che verranno aperte dai vincenziani in altrettante nazioni sarà a Catania. «Si chiamerà la casa dei papà e sarà una struttura per uomini poveri che a causa di una separazione si trovano in ancor più precarie condizioni economiche. Non solo. 13 case verranno aperte anche in Siria con il sostegno del Santo Padre. E per noi questo aiuto è davvero importante». A Quercianella, una frazione del comune di Livorno, di case della famiglia vincenziana invece ce ne sono tre. Tutte insieme, dalla cittadinanza, vengono definite “Il villaggio dell’accoglienza” . «C’è la struttura “Papa Francesco” che ospita bambini da 0 a 16 anni, c’è la casa che cura malati anche gravi che vivono in strada ed infine quella che accoglie mamme con bambini» racconta suor Raffaela Spiezio delle Figlie della Carità di san Vincenzo de’ Paoli. Per lei questa presenza vincenziana sul territorio rappresenta l’applicazione pratica della sinodalità della carità: «Si è creata una bella rete di collaborazione con il comune, la Asl, il tribunale dei minori, i servizi sociali, le associazioni, i privati. È bello perché tante cose le sogniamo insieme: noi da soli non potremmo fare nulla».
di Federico Piana