· Città del Vaticano ·

Un libro collettaneo a cura di Folena e Lepore ricorda la deputata italiana morta un anno fa

Le conquiste civili
della «compagna» Bottari

 Le conquiste civili  della «compagna» Bottari  QUO-258
14 novembre 2024

Il numero 60 del Documento Finale del Sinodo sulla Sinodalità, conclusosi in Vaticano il 27 ottobre 2024, contiene un invito a tutta la Chiesa «a dare piena attuazione a tutte le opportunità già previste dal diritto vigente relativamente al ruolo delle donne». «Non ci sono ragioni — continua il testo — che impediscano alle donne di assumere ruoli di guida nella Chiesa». Di fronte a queste affermazioni, che hanno valore di Magistero, e in questo particolare frangente della storia del cattolicesimo, può essere istruttivo guardare a quelle vicende sociali e politiche e a quei personaggi che hanno segnato uno spartiacque nel cammino verso il riconoscimento dei diritti, della dignità e della libertà del genere femminile.

Per quanto riguarda l’Italia, risulta prezioso, in questo senso, il volume collettaneo Angela Bottari. Storia di una donna libera curato da Pietro Folena e Francesco Lepore (Roma, Castelvecchi, 2024, pagine 240, euro 20) che ricostruisce il profilo di un personaggio centrale nel faticoso itinerario politico dell’Italia del secondo Novecento verso l’affermazione dei diritti e delle libertà della persona.

Se si pensa ai recenti e ripetuti appelli del Papa e della Santa Sede contro la diffusa piaga degli stupri utilizzati come arma di guerra, fa riflettere che nell’ordinamento giuridico italiano la violenza sessuale sia considerato un reato contro la persona da soli trent’anni. Prima della legge 66 del 1996, infatti, gli articoli del codice Rocco, risalente al periodo fascista, definivano lo stupro un delitto contro la moralità pubblica e il buon costume, e non contro il bene primario e inalienabile della libertà personale. Il merito di questa e altre conquiste nel campo dei diritti civili va anche ad Angela Bottari, politica messinese, deputata alla Camera per il Partito comunista italiano per tre legislature, dal 1976 al 1987, che — come raccontano le appassionate e appassionanti testimonianze raccolte da Folena e Lepore — per tutta la vita si è battuta «con convinzione e tenacia» per i diritti e la libertà delle donne, ma non solo. Un impegno svolto in Aula e nelle piazze, ma anche all’interno del suo partito che, come ricorda Lepore nell’introduzione, «con la sua solita parresia non esitava a definire maschile e maschilista».

Dalla lettura del testo — «a mezza via tra la biografia, il saggio e la storia orale» — risulta chiaro come l’eredità politica, culturale e morale della «compagna Bottari», com’era chiamata nel Pci fin dai primi anni Settanta, ha valore ben oltre l’ambito del movimento femminista e del partito. Si tratta di una protagonista di una rivoluzione culturale e di un cambiamento politico «per i diritti di tutti e di tutte» che, nella sua attività parlamentare a Roma e come consigliera e assessora a Messina, seppe intercettare e sostenere le battaglie civile e sociali più urgenti dell’epoca.

«Schietta, diretta, allergica al compromesso, irremovibile se c’erano in ballo i principi», com’è descritta nel volume, fu prima relatrice della legge 442 del 1981 che portò all’abrogazione del «delitto d’onore» e del «matrimonio riparatore». Le norme precedenti, che paiono atroci oggi sul piano umano e culturale, prevedevano l’estinzione della pena per la violenza sessuale se seguita da nozze riparatrici e pene ridotte per chi commettesse omicidio, «in stato d’ira», nei confronti del coniuge, figlia e sorella, a seguito di «illegittima relazione carnale». Presentò già nel 1977 la prima proposta di legge contro la violenza sessuale, ribadita per altre due legislature, fino a diventarne relatrice nel 1983, con il colpo di scena delle dimissioni dall’incarico, dopo che la Camera aveva approvato un emendamento che ne stravolgeva la sostanza.

Assieme a Pio La Torre, politico e sindacalista palermitano assassinato da “Cosa nostra” per il suo impegno contro la mafia, Bottari scrisse la legge poi nota come Rognoni-La Torre, che riconosceva il reato di associazione mafiosa. Ed era, come parlamentare, davanti alla base Nato di Comiso nel 1983 tra i pacifisti feriti e arrestati dalle forze dell’ordine per aver manifestato contro l’arrivo dei missili a testata nucleare. «Nell’epoca in cui viviamo, per il modo in cui oggi si pongono i problemi della pace e della guerra, nonché della corsa agli armamenti — dirà poche settimane dopo alla Camera —, un grande movimento per la pace è una grande risorsa, di cui è necessario essere fieri». Difficile, a un anno dalla sua morte, avvenuta il 14 novembre 2023, non intuire la forza profetica di queste parole.

di Fabio Colagrande