Il “triplo linguaggio”
Se qualcuno non sapesse che professione svolgeva Papa Francesco quando era un giovane sacerdote, lo scoprirebbe facilmente ascoltando i suoi discorsi, nei quali traspare non la sua «deformazione professionale» ma la sua «impronta o risonanza professionale».
Nel discorso di sabato scorso (9 novembre 2024) rivolto ai partecipanti al Simposio della rete Uniservitate sul «Service-learning e Patto Educativo Globale», emerge chiaramente l’impronta del pedagogo, che segue una metodologia di insegnamento molto efficace. Si tratta della stessa metodologia che ci ha suggerito anche in Evangelii gaudium per la preparazione dell’omelia: partire da un’immagine, per presentare un’idea che susciti un’emozione e spinga a un’azione. La declinazione di questi quattro termini immagine-idea-emozione-azione si traduce in altre parole con la declinazione di altri tre termini ai quali Papa Francesco da tempo ci ha abituati e che in questo discorso definisce come quello del «triplo linguaggio»: mente-cuore-mani. I partecipanti al Simposio di Uniservitate avevano riflettuto proprio sull’articolazione tra apprendimento e servizio (Service-learning) e la sua effettuazione negli impegni del Patto Educativo Globale.
Nel suo discorso il Santo Padre parte da un’immagine suggestiva tratta dal film L’attimo fuggente, quella del Professor John Keating: «questo professore di letteratura inizia la prima lezione con un “colpo di scena”: invita gli studenti a salire sui banchi e a guardare la classe da un altro punto di vista». Dopo aver catturato, come un buon pedagogo, l’attenzione degli uditori attraverso questa immagine iniziale, il Papa evince da questa scena l’idea centrale che vuole sviluppare: «L’episodio rivela che cosa dovrebbe essere l’educazione: non solo trasmissione di contenuti — questo è solo un aspetto — ma trasformazione della vita. Non solo ripetizione di formule — come i pappagalli — ma addestramento a vedere la complessità del mondo. Questo dev’essere l’educazione».
Ecco che ora la riflessione deve trasformarsi in azione e cioè educare per cambiare il mondo: «significa l’impegno a coltivare un caratteristico stile pedagogico e una didattica coerente con gli insegnamenti del Vangelo». Continua il Santo Padre: «A tale riguardo, Uniservitate risponde con coerenza alle intenzioni del Patto Educativo Globale, coltivando itinerari formativi coinvolgenti per tutti» e appella a «un’alleanza educativa tra tutti i soggetti che contribuiscono alla crescita della persona nelle sue espressioni scientifiche, politiche, artistiche, sportive e altre». Educare quindi per Papa Francesco non è riduzione della conoscenza «all’abilità della mente», ma è necessario completarla «con la destrezza di mani operose e con la generosità di un cuore appassionato». E a proposito di cuore appassionato, Papa Francesco impreziosisce il suo discorso con il quarto «punto metodologico» e cioè l’emozione. Ricorda con commozione un momento della sua infanzia quando interrogava suo papà con la curiosità tipica del bambino. Dal ricordo di quell’episodio conclude: «Il “perché” dei bambini a volte nasce da una delusione, da una curiosità. Ascoltare le domande dei bambini, e imparare noi a farne. Questo ci aiuta tanto. E questa io chiamo cultura della curiosità. I bambini sono curiosi, nel senso buono della parola. L’arte di fare domande».
E il cerchio si chiude: la suggestiva immagine del prof. Keating ci suggerisce l’idea che educare è guardare il mondo nella sua complessità, per cambiarlo attraverso un’azione efficace e cioè il servizio, e il tutto condito con l’emozione e la curiosità del bambino. «In un «mondo liquido — conclude il Papa il suo discorso — è necessario parlare di nuovo con il cuore» (Lett. enc. Dilexit nos, 9)».
Grazie «Professor» Papa Francesco, la sua «lezione» ha toccato davvero la nostra mente, le nostre mani e il nostro cuore.
di José Tolentino de Mendonça
Cardinale, prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione