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Il magistero

 Il magistero  QUO-258
14 novembre 2024

Sabato 9

Camminare
pregare
e lavorare
insieme

«Il Signore [...] in questi ultimi tempi ha incominciato a effondere con maggiore abbondanza nei cristiani tra loro separati l’interiore ravvedimento e il desiderio dell’unione» (Unitatis redintegratio, 1).

Mi viene in mente quello che diceva il grande Zizioulas: “Io so la data dell’unione, la so”. Qual è? “Il giorno dopo il giudizio finale”.

Prima non ci sarà unione, ma nel frattempo dobbiamo camminare insieme, pregare insieme e lavorare insieme. È questo che stiamo facendo adesso.

Giovanni Paolo ii accolse Sua Santità Mar Dinkha iv , in occasione del primo incontro ufficiale tra un Vescovo di Roma e un Catholicos-Patriarca della Chiesa Assira dell’Oriente, quarant’anni fa.

Passo dopo passo, lentamente. È stato il “desiderio di unità”, a cui più volte allude il Decreto, a spingere i nostri predecessori a incontrarsi.

Questo “desiderium unitatis”, secondo la bella espressione di san Giovanni Cassiano, è una grazia che ha ispirato il movimento ecumenico fin dalle origini e che dobbiamo coltivare.

Suscitato dallo Spirito, è l’ardente desiderio di Cristo, espresso alla vigilia della sua Passione, «che siano tutti una cosa sola».

questo “desiderio di unità” ci anima mentre commemoriamo il 30° della Dichiarazione cristologica comune, che ha posto fine a 1500 anni di controversie riguardanti il Concilio di Efeso.

Tale storica Dichiarazione ha riconosciuto la legittimità e l’esattezza delle varie espressioni della comune fede cristologica, come è stata formulata dai Padri nel Credo niceno.

Tale approccio “ermeneutico” era reso possibile da un principio fondamentale affermato dal Decreto conciliare, cioè che la stessa fede, tramandata dagli Apostoli, è stata espressa e accettata in forme e modi diversi a seconda delle diverse condizioni di vita.

Fu proprio la Dichiarazione cristologica comune ad annunciare una Commissione mista per il dialogo teologico tra le nostre Chiese, che ha prodotto risultati notevoli, anche a livello pastorale.

Vorrei ricordare l’accordo del 2001 sull’Anafora degli apostoli Addai e Mari, che ha permesso ai rispettivi fedeli una certa communicatio in sacris; e nel 2017 una Dichiarazione comune sulla “vita sacramentale”.

Due anni fa un documento su Le immagini della Chiesa nelle tradizioni siriaca e latina ha gettato le basi per una comprensione comune della costituzione della Chiesa.

Il dialogo
teologico è via
per l’unità

Mi rallegro della pubblicazione di un libro commemorativo, con i vari documenti che segnano le tappe del nostro cammino verso la piena comunione, con prefazione comune di Vostra Santità e mia.

Il dialogo teologico è indispensabile nel nostro cammino, giacché l’unità a cui aneliamo è unità nella fede, a condizione che il dialogo della verità non venga separato dal dialogo della carità e della vita.

L’unità nella fede è già raggiunta dai santi delle nostre Chiese. Sono le nostre guide migliori verso la piena comunione.

Isacco di Ninive nel
Martirologio Romano

Con l’accordo di Vostra Santità e del Patriarca della Chiesa Caldea, e incoraggiato anche dal recente Sinodo della Chiesa Cattolica sulla sinodalità, che ha ricordato che l’esempio dei santi di altre Chiese è «un dono che possiamo ricevere, inserendo la loro memoria nel nostro calendario liturgico», sono lieto di annunciare che il grande Isacco di Ninive, uno dei Padri più venerati della tradizione siro-orientale, sarà introdotto nel Martirologio Romano.

Per intercessione di Sant’Isacco di Ninive, unita a quella della Beata Vergine Maria, possano i cristiani del Medio Oriente rendere sempre testimonianza a Cristo in quelle terre martoriate dalla guerra.

Continui a fiorire l’amicizia tra le nostre Chiese, fino al giorno in cui potremo celebrare sullo stesso altare e ricevere la comunione dello stesso Corpo e Sangue del Salvatore!

Continuiamo a camminare insieme, a pregare e lavorare insieme, e andiamo avanti su questa strada verso l’unità.

(Al Patriarca della Chiesa assira dell’oriente
e alla Commissione mista di dialogo teologico)

Donare
con amore
porta gioia

Vorrei riflettere su tre aspetti della vostra attività [e] dell’impegno silenzioso di migliaia di donatori: gioia, testimonianza, solidarietà.

Gioia e positività sono caratteristiche del volontariato e tra le persone impegnate per il bene degli altri.

Il dono dà gioia, perché in esso tutta la vita cambia, entrando nella dinamica del Vangelo, in cui ogni cosa trova pienezza nella carità.

Gratuitamente date agli altri una parte importante di voi, il sangue, conoscete la felicità che viene dalla condivisione.

Un gesto
che vince
indifferenza
e solitudine

In un mondo inquinato dall’individualismo, che spesso vede nell’altro più un nemico da combattere che un fratello, il vostro gesto disinteressato e anonimo è un segno che vince l’indifferenza e la solitudine, supera i confini e abbatte le barriere.

Il donatore non sa a chi andrà il suo sangue, né chi riceve una trasfusione sa chi è il benefattore. Il sangue è un simbolo eloquente: non guarda al colore della pelle, né all’appartenenza etnica o religiosa di chi lo riceve, ma entra umilmente là dove può, cercando di raggiungere, correndo nelle vene, ogni parte dell’organismo, per portarvi energia. Così agisce l’amore.

È significativo il gesto di stendere il braccio, che si fa nel momento del prelievo. Somiglia a quello compiuto da Gesù nella Passione, quando volontariamente ha disteso il corpo sulla croce.

Chi segue il sangue arriva al cuore, fisicamente, ma anche spiritualmente. Vivere la donazione come atto di generosità umana e cammino di crescita spirituale sulla via della solidarietà, come un dono al Signore della Misericordia, che si identifica con chi soffre.

Seguire il sangue per giungere al cuore, per abbracciare ogni uomo e donna che incontrate in una sola carità.

(Alla Federazione italiana donatori sangue)

Domenica 10

Il Rosario
“dolce catena”

Quando il dipinto della Vergine del Rosario giunse a Pompei, il 13 novembre 1875, da pochi anni Bartolo Longo, fondatore del Santuario, aveva ritrovato la fede smarrita durante gli studi universitari.

Una voce nel profondo dell’animo fu come un lampo nella notte: «Se cerchi salvezza, propaga il Rosario».

Quel motto assumeva nel suo animo, come accade nelle esperienze mistiche, il senso di una promessa e di un mandato.

Divenne un apostolo del Rosario con innumerevoli iniziative e scritti, e soprattutto con i suoi «Quindici Sabati».

Una lunga serie di interventi dei miei Predecessori, da Leone xiii , ne ha approfondito il significato, fino alla Lettera Apostolica Rosarium Virginis Mariae di Giovanni Paolo ii .

È provvidenziale che il giubileo del della Madonna di Pompei coincida con l’imminente Anno Giubilare e con il xvii centenario del Concilio di Nicea (325), che al mistero divino-umano di Cristo, nella luce della Trinità, diede particolare risalto.

È bello riscoprire il Rosario, per assimilare i misteri della vita del Salvatore, contemplandoli con lo sguardo di Maria.

Strumento semplice e alla portata di tutti, esso può sostenere la rinnovata evangelizzazione cui è chiamata la Chiesa.

Una preghiera
che costruisce
la pace

Siamo consapevoli di quanto sia necessario riscoprire la bellezza del Rosario nelle famiglie e nelle case.

Questa preghiera è di aiuto nella costruzione della pace ed è importante proporla ai giovani perché la sentano non ripetitiva e monotona, ma un atto di amore.

È altresì fonte di consolazione per gli ammalati e i sofferenti, «catena dolce che ci rannoda a Dio», ma anche catena d’amore che si fa abbraccio per ultimi ed emarginati, quali furono, agli occhi di Longo, soprattutto orfani e figli dei carcerati.

Nel ricordare in codesta oasi mariana il 21 marzo 2015 [il] mio pellegrinaggio, invoco ogni grazia per la terra campana, specie per quanti sperimentano situazioni di disagio.

(Messaggio nel 150° dell’arrivo del quadro
della Vergine del Rosario a Pompei)

Lunedì 11

Chiesa ponte con l’Oriente

Questo è un giorno di gioia nella storia delle nostre Chiese, per la prima volta il Santo Sinodo della venerabile Chiesa Siro-malankarese Mar Thoma visita la Chiesa di Roma .

La vostra Chiesa, erede sia della tradizione siriaca dei cristiani di san Tommaso sia di quella riformata, si definisce una “Chiesa ponte” tra Oriente e Occidente.

La Chiesa Mar Thoma ha una vocazione ecumenica ed è impegnata nel movimento ecumenico, stabilendo vari contatti con cristiani di diverse tradizioni.

I primi incontri con Roma sono ripresi al tempo del Vaticano ii , al quale Philipose Mar Chrysostom, partecipò come osservatore.

In questi ultimi anni la Provvidenza ha permesso che si sviluppassero nuove relazioni. Questi contatti hanno portato all’avvio di un dialogo ufficiale: il primo incontro si è tenuto lo scorso dicembre in Kerala.

Sinodalità
ed ecumenismo
sono
inseparabili

In questo cammino di dialogo, vorrei mettere in risalto due prospettive: sinodalità e missione. Riguardo alla sinodalità, è significativo che abbiate voluto compiere questa visita come Santo Sinodo, perché la vostra Chiesa è per tradizione essenzialmente sinodale.

Pochi giorni fa la Chiesa Cattolica ha concluso un Sinodo sulla sinodalità, al quale hanno partecipato anche Delegati fraterni di altre tradizioni cristiane.

Una delle convinzioni espresse è che la sinodalità è inseparabile dall’ecumenismo, perché entrambi si basano sull’unico Battesimo che abbiamo ricevuto.

La vostra Chiesa può aiutarci in questo cammino di sinodalità ecumenica.

La missione
fine e mezzo
del cammino
ecumenico

Un’altra prospettiva è quella della missione. Sinodalità ed ecumenismo sono inseparabili perché entrambi hanno come obiettivo una migliore testimonianza dei cristiani.

Tuttavia, la missione non è solamente il fine del cammino ecumenico, ne è anche il mezzo.

Lavorare insieme per testimoniare Cristo Risorto [è] il modo migliore per avvicinarci.

Mi auguro che un giorno si possa celebrare un Sinodo ecumenico sull’evangelizzazione, tutti insieme.

(Ai membri del Santo sinodo della Chiesa
siro-malankarese Mar Thoma)

L’amore
cambia le cose

Auspico che queste giornate vicino alle tombe degli Apostoli e dei Martiri accrescano il vostro amore per la Chiesa e la vostra dedizione alla diffusione del Vangelo, al servizio del Regno di Cristo.

Recentemente la Chiesa è stata impegnata in un processo di riflessione sulla sua natura di comunità “sinodale”, mentre affrontiamo un cambiamento epocale, con conseguenze per il futuro della famiglia umana.

Sono grato del sostegno che date agli uffici della Santa Sede, che cercano di discernere i segni dei tempi e di aiutare la Chiesa a rispondere con sapienza, carità e lungimiranza ai bisogni e alle sfide del presente.

Vi ringrazio per il silenzioso appoggio a tante iniziative che arricchiscono la vita e l’apostolato della Chiesa negli Stati Uniti.

Come “rete”, fadica è di sua natura sinodale, contando sulla comune visione, dedizione e cooperazione di tante persone, famiglie e fondazioni.

Chiedo che questo spirito di solidarietà e di generoso interesse per gli altri sia nutrito da un senso di gratitudine per gli abbondanti doni che il Signore ci ha elargito.

(Saluto ai membri del Catholic Philanthropy Network - Fadica)

Accogliere
tutti in questa
grande casa

La vostra visita attesta la laboriosità con la quale state avviando progetti e collaborazioni a beneficio della Basilica di San Pietro.

Sono stato a vedere, è meraviglioso quello che fate. Questa casa di preghiera per tutti i popoli è stata affidata a noi da quanti ci hanno preceduto.

Perciò è un dono e un compito prendercene cura, in senso sia spirituale sia materiale, anche attraverso le tecnologie più recenti.

Tali strumenti interpellano la nostra creatività e responsabilità. Da noi dipende l’uso retto e costruttivo di un potenziale che è certo utile, ma ambivalente.

Accade che lo strumento prevarichi lo scopo cui dovrebbe servire: come se la cornice diventasse più importante del quadro.

Governare la tecnica, ricordando che i suoi prodotti sono buoni non solo quando funzionano bene, ma quando aiutano a crescere.

Questo principio vale a maggior ragione per la Basilica di San Pietro e per i diversi interventi che richiede, affinché sia per i visitatori luogo vivo di fede e di storia, dimora ospitale, tempio d’incontro con Dio e i fratelli.

Tutti devono sentirsi accolti in questa grande casa: chi ha fede e chi la cerca; chi viene per contemplare bellezze artistiche e chi vuole decifrarne i codici culturali.

Ricordiamo che il nucleo originario della Basilica è la tomba di Pietro.

Vorrei lasciarvi tre criteri: ascolto della preghiera, sguardo della fede, tatto del pellegrino. Siano questi sensi, corporei e spirituali, a ordinare le iniziative.

Incoraggio la Fabbrica e i collaboratori nell’adozione di tecnologie che favoriscano non solo una partecipazione interattiva delle persone, ma soprattutto la loro consapevolezza del luogo sacro.

Lo sguardo della fede, per usare gli strumenti all’avanguardia con stile missionario, non turistico, senza cercare l’attrattiva di effetti speciali, bensì investendo in nuovi mezzi per raccontare la fede della Chiesa e la cultura che essa ha plasmato.

Il tatto del pellegrino: nei secoli, l’arte scultorea, pittorica e architettonica sono state messe a servizio del popolo di Dio utilizzando le migliori tecnologie. I nostri predecessori hanno operato meravigliosamente!

Ogni nuovo progetto sia in continuità col medesimo intento pastorale.

I confessori
opera d’arte
nella Basilica

C’è un’altra opera d’arte che si svolge nella Basilica, nascosta: i confessori. Che ci siano sempre, a portata di mano.

La gente va, sente qualcosa, anche i non cristiani si avvicinano per chiedere una benedizione. In questo mondo così artistico e bello, c’è pure l’arte della comunicazione personale.

Dite ai confessori di perdonare tutto! E non fare discorsi: “Tu devi…”. Niente “devi”. Ti perdono e vai avanti, con il Signore.

Perdonare, non predicare; qualche parola si deve dire, ma che nessuno vada fuori [senza benedizione].

Anche quelli che non sono cristiani — mi dicono i confessori che sono musulmani o di altre religioni — si avvicinano a chiedere una benedizione. Date la benedizione sempre a tutti, e coloro che vogliono confessarsi, perdonare tutti, tutti, tutti!

(A tecnici e partner della Fabbrica di San Pietro)

Annuncio
accoglienza
e promozione della pace

Sono contento di incontrarvi al termine dell’Anno giubilare dedicato al centenario della proclamazione di San Bernardo d’Aosta patrono degli alpinisti, dei viaggiatori e degli abitanti delle Alpi (Pio xi , Lett. Quod Sancti, 20-8-1923), come al ix centenario dalla canonizzazione e al primo millennio dalla nascita.

Fulcro è stata dunque la figura di questo Santo alpino, su cui anche noi ci fermiamo a riflettere.

Potremmo riassumere alcuni tratti fondamentali della sua opera facendo riferimento a tre ambiti molto attuali: annuncio, accoglienza e promozione della pace.

Bernardo era un predicatore capace di toccare anche i cuori più induriti, aprendoli alla conversione.

E a tale missione si è dedicato fino alla morte, avvenuta nel 1081 a Novara.

L’avventura caritativa che lo avrebbe reso famoso è legata a un’altra missione affidatagli: prendersi cura dei pellegrini e viandanti che traversavano i passi alpini vicini al Monte Bianco — valichi che ancora portano il suo nome — per venire in Italia dalla Francia e dalla Svizzera e viceversa.

Il viaggio era impervio e comportava il rischio di perdersi, di essere assaliti e di morire tra i ghiacci. Per prendersi cura di queste persone, Bernardo fondò i due noti Ospizi, raccogliendo attorno a sé la vostra comunità di Canonici, che ancora oggi si dedica a tale servizio, fedele al motto: Hic Christus adoratur et pascitur, “Qui Cristo è adorato e nutrito”.

È un programma di carità integrale, materiale e spirituale, che ha al centro l’Eucaristia, e che dalla preghiera sfocia nell’accoglienza di chiunque bussi alla porta.

Un modello anche per i nostri giorni: accogliere e prendersi cura di chiunque, senza distinzioni e chiusure.

L’episodio emblematico di Bernardo operatore di pace è il suo viaggio a Pavia, già malato, per convincere l’Imperatore Enrico iv a desistere dal far guerra a Papa Gregorio vii .

Un viaggio che gli costò la vita. Sarebbe morto poco dopo il ritorno. Il tentativo non ebbe successo. Ciò però lo rende ancora più nobile, perché lo mostra impegnato in un’impresa incerta, al di là di qualsiasi garanzia di riuscita. Promuovere la pace, senza scoraggiarsi, neanche di fronte agli insuccessi. Quanto c’è bisogno anche adesso di questo coraggio!

Il coraggio
di camminare
dentro al cuore

Visto che alcuni di voi sono guide alpine e maestri di sci, vorrei concludere ricordando il vostro Patrono attraverso due simboli della montagna: la piccozza e la cordata.

La piccozza di San Bernardo è stata la Parola di Dio, con cui ha saputo scalfire anche gli animi più freddi e induriti; la sua cordata è stata la comunità, con cui ha camminato anche lungo i sentieri rischiosi.

(A diocesi di Aosta e Congregazione dei canonici del Gran San Bernardo)

Mercoledì 13

Assistere
un povero è un
“sacramentale”
nella Chiesa

Siete testimoni della tenerezza e della misericordia di Dio verso coloro che ne hanno più bisogno. Gabriel Rosset, che ricordate nel cinquantesimo della morte, ha sentito viva compassione per la sofferenza dei fratelli; ha ascoltato il grido dei poveri e non ha girato la testa né chiuso gli occhi.

Ha risposto con fede e coraggio, in modo concreto. Egli sapeva riconoscere la presenza di Cristo nei poveri: sono i nostri fratelli.

Toccare un povero, assistere un povero, è un “sacramentale” nella Chiesa.

Oggi portate avanti l’opera... siete artigiani della misericordia e della compassione di Dio: accompagnando le persone senzatetto, date un volto concreto al Vangelo dell’amore.

Offrendo loro un riparo, un pasto, un sorriso, tendendo le vostre mani senza paura di sporcarle, restituite loro la dignità e il vostro impegno tocca il cuore del nostro mondo spesso indifferente.

Camminare
con i fratelli
dimenticati

La misericordia è strettamente legata alle viscere materne... Misericordia e compassione, fraternità e apertura, mano tesa e rifiuto della cultura dello scarto: in questi gesti concreti la Chiesa diventa segno della tenerezza di Dio per tutti.

Contemplare la Vergine Maria, immagine perfetta della Chiesa, [che] illumina il vostro servizio ai più poveri tra i poveri.

Ella non ha paura di aprire il suo manto, per farne un riparo contro la pioggia e il fuoco cocente del sole.

Dona il suo bene più prezioso, che è Gesù, lasciando che i poveri si avvicinino il più possibile a lei per ricevere dalle sue mani tese tenerezza e sollievo.

Mettetevi alla sua scuola. Maria è prima di tutto donna di vita interiore: medita e custodisce nel suo cuore la Parola di Dio che alimenta ogni sua azione.

È anche una donna aperta, disponibile alle sorprese di Dio. Per questo veglia e cammina. Risponde ai bisogni dei fratelli e delle sorelle vulnerabili, ma soprattutto anticipa i loro bisogni: come a Cana.

Segue suo Figlio lungo la strada, fino al Calvario; non ha paura di toccare la sofferenza del mondo, quando lo accoglie tra le sue braccia ai piedi della croce.

Voi siete un’immagine viva di questa compassione materna.

Con la vostra presenza, col vostro ascolto, dimostrate che Maria e Gesù non smettono mai di camminare con i fratelli che troppo spesso sono dimenticati.

Permettete a tanti uomini e donne di ritrovare la loro dignità e la loro speranza, anche in mezzo alle prove.

(A membri del Foyer Notre-Dame des sans-abri
e dell’associazione Amis de Gabriel Rosset)

La mamma
che porta
per mano
a Gesù

Tra i mezzi con cui lo Spirito attua la sua opera di santificazione nella Chiesa — Parola di Dio, Sacramenti, preghiera — c’è la pietà mariana. Nella tradizione cattolica c’è questo motto, questo detto: “Ad Iesum per Mariam”, cioè “a Gesù per mezzo di Maria”.

La Madonna ci fa vedere Gesù. Ci apre le porte, sempre!

La Madonna è la mamma che ci porta per mano verso Gesù.

Mai indica sé stessa. Questa è la pietà mariana: a Gesù per le mani della Madonna.

In quanto prima discepola e figura della Chiesa, è una lettera scritta con lo Spirito di Dio.

Per questo può essere «conosciuta e letta da tutti gli uomini», anche da chi non sa leggere libri di teologia, da quei “piccoli” ai quali Gesù dice che sono rivelati i misteri del Regno, nascosti ai sapienti.

Dicendo il suo “sì” è come se dicesse: «Eccomi, sono una tavoletta da scrivere: lo Scrittore scriva ciò che vuole, faccia di me ciò che vuole».

Maria si offre come una pagina bianca su cui il Signore può scrivere ciò che vuole.

Il “sì” di Maria all’angelo rappresenta «il vertice di ogni comportamento religioso davanti a Dio, poiché esprime, nella maniera più elevata, la passiva disponibilità unita all’attiva prontezza, il vuoto più profondo che si accompagna alla più grande pienezza».

In mezzo al profluvio interminabile di parole dette e scritte su Dio, sulla Chiesa e sulla santità, lei suggerisce due sole parole che tutti, anche i più semplici, possono pronunciare in ogni occasione: “Eccomi” e “fiat”.

Alzarsi di fretta
per aiutare
chi ha bisogno

Maria è colei che ha detto “sì” al Signore e con il suo esempio e la sua intercessione ci spinge a dire anche noi il nostro, ogni volta che ci troviamo dinanzi a una obbedienza o a una prova.

In ogni epoca, ma in particolare in questa, la Chiesa si trova nella situazione in cui la comunità cristiana era all’indomani dell’Ascensione. Deve predicare il Vangelo a tutte le genti, ma è in attesa della “potenza dall’alto” per poterlo fare.

Nel cenacolo, tra lei e lo Spirito Santo c’è un vincolo unico ed eternamente indistruttibile che è Cristo. L’evangelista Luca volutamente mette in risalto la corrispondenza tra la venuta dello Spirito su Maria nell’Annunciazione e la sua venuta sui discepoli a Pentecoste, usando espressioni identiche.

San Francesco d’Assisi, in una preghiera, saluta la Vergine quale «figlia e ancella dell’altissimo Re il Padre celeste, madre del santissimo Signore Gesù, sposa dello Spirito».

Figlia del Padre, Madre del Figlio, Sposa dello Spirito! Non si poteva illustrare con parole più semplici il rapporto di Maria con la Trinità.

Ella è la sposa, ma è, prima ancora, la discepola dello Spirito Santo. Impariamo da lei a essere docili alle ispirazioni dello Spirito, soprattutto quando ci suggerisce di “alzarci in fretta” e andare ad aiutare qualcuno che ha bisogno.

(Udienza generale in piazza San Pietro)

Per una Chiesa
sicura che tutela
i minori

Siete riuniti per la Conferenza dedicata alla missione di tutelare bambini e adulti vulnerabili nella Chiesa. La vostra dedizione a questa causa è un segno degli sforzi importanti della Chiesa per proteggere i più vulnerabili.

Convenendo da più di venti Paesi europei, molti dei quali stanno affrontando le sfide della guerra e del conflitto, ricordate la vostra vocazione cristiana a essere operatori di pace e a prendervi cura dei nostri fratelli e sorelle bisognosi.

La vostra presenza è un’eloquente testimonianza di un’unità e solidarietà che trascende tutti i confini... [per] un impegno più profondo a tutelare bambini e adulti vulnerabili nella Chiesa.

Incoraggio le iniziative prese per offrire consolazione e assistenza a quanti hanno sofferto, come segno della sollecitudine della Chiesa per la giustizia, la guarigione e la riconciliazione.

Le vostre deliberazioni contribuiscano a una Chiesa più sicura e compassionevole.

(Messaggio alla conferenza «Safeguarding
in the catholic Church in Europe»)