Una guida preziosa
«La cultura del silenzio» deve appartenere al passato, ha affermato domenica 10 novembre monsignor Éric de Moulins-Beaufort, arcivescovo di Reims e presidente della conferenza dei vescovi di Francia (Cef), al termine della plenaria autunnale a Lourdes. Monsignor Éric de Moulins-Beaufort ha poi annunciato la pubblicazione di un documento destinato soprattutto ai vescovi che serva loro da punto di riferimento allorché devono decidere quando e come informare il popolo di Dio, in caso di violenze sessuali commesse in ambito ecclesiale da un chierico o da un laico.
«Si tratta del primo documento di questo tipo» assicura monsignor Emmanuel Tois, a colloquio con i media vaticani. L’ex magistrato, nominato vescovo ausiliare di Parigi nel novembre 2023, lo considera una guida preziosa dato che la questione della condivisione d’informazioni «si sta ponendo sempre più spesso».
Il documento stabilisce innanzitutto il quadro giuridico in cui un’informazione può essere divulgata. Offre un promemoria delle principali norme di procedura giudiziaria nel diritto francese e canonico — che variano a seconda che la vittima sia maggiorenne o minorenne — e dei principi fondamentali del diritto francese (presunzione d’innocenza, diritto al rispetto dell’intimità della vita privata, diritto a non essere diffamati).
Oggi la comunicazione tra i vescovi e i procuratori è più fluida e «più di 80 protocolli d’intesa sono stati firmati in tutta la Francia tra le procure e le diocesi», precisa il documento. Ma mettere nero su bianco «le norme della Repubblica e quelle del diritto canonico, che spesso convergono, permette di chiarire che cosa è permesso e che cosa che non lo è», soprattutto quando prevale l’emozione. «Quando agiamo semplicemente per empatia, mossi dall’emozione, non agiamo in modo coerente», spiega monsignor Emmanuel Tois. Per l’ex giurista, si assume necessariamente una posizione soggettiva perché «l’empatia porta dalla parte delle vittime, mentre un certo senso di paternità dei vescovi porta dalla parte degli autori».
I termini, i destinatari e i mezzi utilizzati per rendere pubblica un’informazione variano necessariamente a seconda che i fatti addotti siano stati giudicati o meno, si legge nel preambolo dell’ultima parte del documento dedicata alla divulgazione di una corretta informazione. Così, quando circolano voci contro un sacerdote o un laico in missione, bisogna fare attenzione. «Le voci non sono mai affidabili», sottolinea monsignor Tois.
Se il caso è in fase istruttoria, il vescovo deve poter prendere decisioni che possono includere misure cautelari, spiega monsignor Tois, responsabile della prevenzione e della gestione degli abusi per la diocesi di Parigi. Ma deve poi trasmettere l’informazione? Il vescovo può decidere se farlo di concerto con il procuratore, si legge nel documento. Tuttavia la conferenza episcopale raccomanda, salvo casi eccezionali — in caso di fughe in particolare — di non comunicare «fintantoché la questione è provvisoria e non c’è una decisione, da parte sia della giurisdizione civile sia della giurisdizione canonica, che richieda un riconoscimento di colpevolezza».
Quando viene presa una decisione giudiziaria, in ambito sia canonico che penale, l’accusato e il querelante hanno il diritto di esserne informati. Nel 2022, i vescovi hanno votato una risoluzione per far sì che «le decisioni definitive siano sempre comunicate ai querelanti» (risoluzione 3.2).
«Spesso tutti finisce qui», aggiunge l’ex magistrato, ricordando che rendere pubblica una sanzione è considerato un «complemento» della stessa per assicurarne l’efficacia e per evitare una recidiva.
La diffusione dell’informazione è soggetta alla valutazione del vescovo che deciderà se riferirla o meno alle persone che sono in contatto con il sacerdote convolto, prosegue il vescovo ausiliare di Parigi.
Riguardo al chierico o al laico giudicato colpevole di aggressione sessuale, monsignor Emmanuel Tois evidenza «un aspetto che si fatica ancora a prendere in considerazione». La società civile organizza la riabilitazione ma, osserva, «è difficile per una vittima ammettere che un sacerdote che è stato sospeso possa riprendere un ministero, anche dopo che sono state prese le debite precauzioni ed effettuate le dovute perizie psichiatriche. Ovviamente, tutti, giustizia o Chiesa, temono una recidiva. Ma ci sono anche casi di non recidiva». Con questo documento, il vescovo ausiliare di Parigi ritiene che sia stato fatto un passo avanti.
di Marie Duhamel