A due settimane dalla pubblicazione del primo Rapporto annuale sugli abusi e a tre anni dalla Conferenza sulla salvaguardia svoltasi a Varsavia, un centinaio tra vescovi, sacerdoti, suore e religiosi, laici e laiche — alcuni anche vittime e sopravvissuti — si sono riuniti a Roma, da oggi fino a venerdì 15 novembre, per una Conferenza internazionale sulla safeguarding nella Chiesa in Europa. Promosso dalla Pontificia commissione per la Tutela dei Minori, l’incontro si svolge nella sede dell’organismo, Palazzo Maffei Marescotti.
È il secondo appuntamento del genere dopo quello per l’Europa orientale organizzato insieme ai vescovi polacchi nel settembre 2021 nella capitale Varsavia, a cui parteciparono rappresentanti di episcopati e ordini religiosi e professionisti laici (tra cui anche psicoterapeuti) da 17 Paesi. Gli obiettivi perseguiti allora, in tre giorni di testimonianze, confronti e riflessioni erano stati quelli di consolidare prevenzione, denuncia e attuazione delle procedure, poi esaminare le risposte alla crisi degli abusi da parte di diverse chiese e anche creare un network per una più stretta collaborazione. Era nata così la ECO Network che ha riunito delegati e professionisti della salvaguardia di Chiese particolari dall’Atlantico agli Urali, “incontratisi” virtualmente in questi anni tramite webinar.
Con la tre giorni in corso in Vaticano i partecipanti provenienti da 25 Paesi europei intendono di fatto irrobustire la Rete Europea così da condividere le “best practices” nella missione di protezione dei bambini e dei vulnerabili. La mappa delle nazioni rappresentate – dalle regioni nordiche a quelle ad Est, inclusa l’Ucraina, ma anche il Regno Unito e la Russia – dimostra questa volontà di ampliamento.
La sessione di lavori si è aperta questa mattina con un messaggio di Papa Francesco (che pubblichiamo in una traduzione italiana) e un videomessaggio da Boston del cardinale Sean Psatrick O’Malley, presidente di Tutela Minorum, il quale ha espresso la speranza che il patrimonio di culture, lingue, etnie e religioni di cui l’Europa è depositaria possa «contribuire ai nostri sforzi per riparare il danno causato ai bambini, ora adulti, attraverso gli abusi nella Chiesa cattolica e per creare una cultura in cui i bambini e le loro famiglie possano imparare e abbracciare l’amore di Cristo con la certezza che saranno protetti dagli abusi».
«I bambini sono al centro della nostra fede; dobbiamo dare loro voce e ascoltarli. Dobbiamo anche ascoltare e rispondere a coloro che sono stati danneggiati, guidando sempre con cura e compassione» ha detto O’Malley. «Dobbiamo seguire il giusto processo nell’indagare sulle accuse e dobbiamo mostrare una forte leadership nell’intraprendere le azioni necessarie per prevenire il più possibile qualsiasi abuso».
Al videomessaggio del cardinale cappuccino è seguito il discorso del vescovo segretario, Luis Manuel Alí Herrera, che ha subito invocato «azioni concrete e cambiamenti effettivi», perché, ha detto, «a nessuno servono bellissime parole che poi rimangono su fogli immobili: non servono alle vittime e ai sopravvissuti» e «nemmeno a coloro i quali sono impegnati nella protezione di minori e vulnerabili o nell’accoglienza di chi è stato ferito, in quanto ne viene minata la credibilità stessa degli intenti e delle azioni».
Monsignor Alí Herrera ha indicato anche gli obiettivi della Conferenza, come emerso dalle richieste presentate dagli stessi partecipanti al momento dell’iscrizione: «Condividere esperienze, imparare, tessere reti». «Tessere reti di bene», ha rimarcato il presule: «Qui — ha assicurato — tenderemo e tesseremo reti robuste e condivise con l’obiettivo di rafforzarci nel contrastare l’abuso perché non avvenga più».
Durante le sessioni plenarie verranno presentati i progetti di “Memorare” volti a implementare nel Global South centri per segnalazioni e assistenza, la formazione a livello locale, una rete di professionisti sulla tutela. Insieme a questi, anche le iniziative di Chiese locali e associazioni come il “”Proyecto Repara” dell’arcidiocesi di Madrid per la cura delle vittime e la prevenzione, lo studio del Centro Giovanile Giovanni Paolo ii o ancora l’esperienza di safeguarding della Chiesa in Germania e nel Belgio. Considerando il fatto che i partecipanti sono coinvolti in una discussione di tre giorni su temi di non facile portata, è stato creato uno “Spazio Sicuro” per gestire potenziali situazioni di disagio, con strategie di auto-cura e l’assistenza di clinici esperti.
di Salvatore Cernuzio