Dialogo e confronto
Se c’è una parola chiave che ha attraversato il Dies Academicus, l’inizio dell’anno accademico 2024-2025 della Pontificia Università Lateranense, è “anima”. Un termine che per il rettore dell’ateneo, monsignor Alfonso Amarante, implica un lavorio costante di dialogo e incontro tra docenti e studenti ma anche la necessità di osare avviando percorsi virtuosi, perlustrando strade che altri non hanno percorso e che non sia solo un’occupazione di spazi. Sono tre i passi indicati, frutto anche dell’impegno di un nuovo Consiglio Superiore di Coordinamento ufficializzato solo sabato scorso, 9 novembre. Il primo riguarda la crescita del percorso formativo, guardando alla qualità del corpo docente che lo scorso anno contava 139 professori e 1137 studenti; a seguire la ricerca di nuove strategie di comunicazione per diffondere l’offerta della Pul infine l’elaborazione di un piano triennale che preveda l’identificazione di possibili donatori/contributori in Italia e all’estero. “Anima” è anche la parola che il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, ha sottolineato nel suo discorso declinando insieme allo stupore, alla creatività e alla libertà di pensiero. «L’università — ha affermato — è uno spazio in cui il soggetto trova le condizioni per diventare protagonista della propria storia, uno straordinario intreccio di dialogo». Anche il porporato non ha mancato di invocare un cambiamento nell’università, parlando di coraggio e di audacia che sono gli ingredienti giusti per osare e per non perdere la capacità di essere «il sale della terra e la luce del mondo». «L’università è un laboratorio di dialogo anche con Cristo ed ha bisogno di interlocutori, di maestri ispirati e di testimoni credibili». Il prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione ha poi voluto ringraziare Giacomo Poretti, attore comico e fortunato protagonista anche di diversi film realizzati dal trio Aldo, Giovanni e Giacomo, per la bella e intensa riflessione sull’anima che ha regalato a studenti attenti e docenti interessati alla novità di un comico che si cimenta in una sorta di Lectio Magistralis. Poretti ha attinto al suo repertorio, sintetizzando parti di uno spettacolo del 2018 intitolato Fare l’anima. E ha attinto anche alla sua vita privata raccontando della nascita del figlio Emanuele, della visita in ospedale di don Bruno, il sacerdote che lo aveva sposato. Spiazzante quella frase buttata lì dopo aver giocato con il piccolo neonato: «bene, avete fatto un corpo, ora dovete fare l’anima». Ma come si fa l’anima? Cosa è? Dove si trova? Quando nasce? Sono «domande bambine» ha detto don Davide Milani, officiale del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, presentando Giacomo Poretti. Domande che ognuno di noi si è posto nella vita e alla quale l’attore non offre ovviamente risposta, il suo merito è quello di mostrare la forza o meglio la debolezza di questa parola. Una parola, ha raccontato, che si è sedimentata nel suo cuore, generando un leggero fastidio ma anche inquietudine. «Mi ha fatto tenerezza — ha spiegato — e mi è parso che avesse il lamento doloroso dell’abbandono, che non l’avessi mai degnata di una simpatia, di un ascolto. Ho pensato alla solitudine delle parole, forse una parola deve essere frequentata, ha bisogno di cura, se non si parlano le parole vengono dimenticate e scompaiono. I dizionari possono essere allora il cimitero delle parole, pensiamo a termini come mitezza, villeggiatura, paltò, infinito, speme e appunto anima». Per Poretti l’uomo di oggi cerca rassicurazione in quello che vede, nella tecnologia ad esempio, nell’algoritmo che sceglie per noi, nei big data ma con l’anima bisogna fare i conti. «I preti possono scombussolarti la vita», niente di più vero, come è vero — ha continuato l’attore — che fa pensare la scelta di dedicarsi al sacerdozio. I preti per lui sono «uomini ostinati» che non hanno ceduto al fascino degli influencer, «che hanno la sfrontatezza di svegliarsi tutte le mattine e vestirsi di nero, questi poveri cristi cercano di tatuarci nel cuore qualcosa di prezioso e misterioso». Preziosa e misteriosa come l’anima.
di Benedetta Capelli