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Nella città andalusa il cardinale Semeraro ha beatificato il sacerdote José Torres Padilla

Amico dei vagabondi
nel lato “sbagliato” di Siviglia

 Amico dei vagabondi  nel lato “sbagliato” di Siviglia  QUO-254
09 novembre 2024

«Una sorta di prestatore a fondo perduto», per le sue opere di carità gratuita. «Uno strano canonico, con vagabondi e venditori ambulanti per amici», per la sua vicinanza ai bisognosi dei quartieri più complicati di Siviglia, dove pochi altri osavano addentrarsi. Una «profonda unità con il Signore», fonte primaria della sua «forza interiore». Sono questi tratti, individuati dal cardinale Marcello Semeraro, a restituire la figura di José Torres Padilla nell’omelia per la messa della sua beatificazione celebrata oggi, 9 novembre, nella cattedrale di Siviglia.

Il prefetto del dicastero delle Cause dei santi traccia un parallelo tra il sacerdote spagnolo e un commento di Isidoro di Siviglia al testo scelto per la liturgia, dal libro del profeta Ezechiele. «Da sotto la soglia del tempio usciva un corso d’acqua», riprende il porporato, spiegando il duplice significato dell’immagine: «il Battesimo, che è l’acqua che disseta e ristora tutti quelli che hanno sete», ma anche «considerato che la visione profetica parla di un’acqua che scaturisce dal lato destro del tempio», un rimando «al costato aperto di Cristo crocifisso» da cui «uscì sangue ed acqua».

Tale immagine, di un torrente «che vivifica, rinnova e produce molto frutto, a me piace riferirla al nuovo beato José Torres Padilla», afferma il porporato, definendolo «sacerdote sempre fedele» e «pronto a donarsi, a uscire da sé per andare con carità verso gli altri». Una qualità che fa risaltare nel sacerdote spagnolo «l’unità della vita» e «l’essere contemplativo nell’azione».

Il cardinale Semeraro passa poi in rassegna vari tratti della personalità del beato Torres Padilla, come la sua capacità di unire preghiera e studio: «passava due ore a studiare e tre ore a meditare su ciò che aveva studiato». Questo non gli impediva di dedicare altrettanti momenti delle sue giornate al servizio dei più bisognosi. Il sostegno economico a chi desiderava diventare sacerdote e a «giovani donne con una vocazione», per le quali in caso di «pericolo», non mancava di cercare «una famiglia che le accogliesse».

Una vita vissuta «in povertà» — vestiva solo di una sola «talare rattoppata» — e vicino ai bisognosi e agli ammalati, spesso relegati nei quartieri del «lato sbagliato» del Guadalquivir, il fiume che divide Siviglia, dove a prevalere era la «delinquenza». Eppure, il sacerdote spagnolo vi si recava senza alcun timore, pulendo e sistemando i loro letti.

Del beato Torres Padilla, il cardinale Semeraro ricorda anche la «direzione spirituale», capace di diffondere la sua «fama di santità» al punto di valergli il soprannome di «El Santero». Tra i beneficiari di questo salutare «contagio» si ricorda Sant’Angela della Croce, che fondò l’istituto delle Sorelle della compagnia Croce sotto la direzione del sacerdote spagnolo. Questo fu il suo «capolavoro».

«La santità incoraggia ad incontrarsi», quindi, è il concetto finale espresso dal porporato. Un’unità che rispecchia quella divina e che, riaffermando le parole di Papa Francesco, è «matrice del legame tra noi cristiani» e «fornace ardente di amore» capace di bruciare «i nostri egoismi, i nostri pregiudizi, le nostre divisioni interiori ed esterne». Un’esperienza che è «certezza» di una finale «comunione con Dio».

di Edoardo Giribaldi