«Silenzio, intorno: solo, alle ventate, / odi lontano, da giardini ed orti, / di foglie un cader fragile. / È l’estate, / fredda, dei morti». Nel freddo dell’autunno s’insinua il caldo dell’estate, è l’estate di San Martino di cui parla I promessi sposi, quel periodo all’inizio del mese di novembre che sfodera belle giornate culminanti l’11, festa di san Martino caratterizzata dall’improvvisa mitezza del clima.
È ciò di cui parla Giovanni Pascoli che ha dedicato all’incanto di questo fenomeno, singolare quanto fugace e illusorio, un componimento in versi intitolato Novembre.
Undicesimo e penultimo mese dell’anno, deve il suo nome al fatto che, come i suoi colleghi che lo precedono e come dicembre, questo era il nono mese del calendario romano, che incominciava con il mese di marzo.
L’ambiguità di questo mese autunnale in cui l’inverno e l’estate confluiscono e confliggono è già evidente nell’incipit, nell’avvio segnato dalle grandi festività cattoliche dei primi due giorni: Ognissanti e la memoria dei defunti, tuttisanti e tuttimorti. Luce e ombra, mors et vita duéllo conflixére miràndo, vita e morte si sfidano a prodigioso duello e così è novembre, «la Norvegia dell’anno» secondo Emily Dickinson che sottolinea di questo mese «I pomeriggi sono più laconici e i tramonti più austeri».
A novembre il freddo comincia a fare sul serio, soprattutto come “promessa del freddo”: «non è da ieri che imparai a conoscere / l’amore per i giorni desolati / di novembre, / prima della caduta della neve» canta Robert Frost. Novembre è un prima, un primo, rispetto a un dopo. Ma, di nuovo, c’è un’altra promessa dentro questa promessa: il mese si chiude con un’apertura, l’inizio dell’Avvento, qualcosa sta per av-venire: nel buio che sta per scendere sempre più forte, più veloce, più inquietante, una luce fa breccia e già filtra insieme a lei il calore della speranza.
di Andrea Monda