«Anche nella assoluta povertà la Chiesa cattolica in Sud Sudan sta compiendo sforzi enormi per cercare di aiutare la popolazione stremata dalla fame e dalla guerra»: è quanto afferma al nostro giornale il responsabile del servizio Africa di Caritas Italiana, Fabrizio Cavaletti, che si trova in questi giorni a Malakal, insieme ad una delegazione formata da don Marco Pagniello e Federico Mazzarella, rispettivamente direttore e responsabile regionale di Caritas Italiana.
In Sud Sudan la situazione è davvero critica. È il Paese più povero del mondo, ed anche il più giovane, essendo nato il 9 luglio del 2011. Insieme al Ciad e all’Egitto, è la nazione che ospita il maggior numero di persone in fuga dal Sudan, dove è in corso una guerra che non risparmia nessuno. Una guerra tanto efferata quanto dimenticata. Di riflesso, il Sud Sudan assiste al flusso di sfollati dal Sudan che arrivano a bordo di battelli attraversando il Nilo. «Giungono in media un migliaio di persone a settimana perché fuggono da una situazione disperata — prosegue il responsabile del servizio Africa di Caritas Italiana — il flusso viene gestito dall’agenzia Onu per i rifugiati e dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni. Vengono ospitati in campi profughi provvisori. Veri e propri slum dove le condizioni igienico-sanitarie sono approssimative». Ad accogliere la gran parte di profughi è la diocesi di Malakal, la più grande del Sud Sudan. «Qui — continua Cavalletti — abbiamo visitato un campo profughi gestito dall’Unhcr, dove opera anche la Caritas di Malakal». L’organismo cattolico si occupa principalmente della distribuzione giornaliera di cibo, farina, olio, sale e legumi.
La delegazione di Caritas Italiana ha incontrato, nei giorni scorsi a Juba, monsignor Christian Carlassare, padre comboniano di origine venete, vescovo della nuova diocesi di Bentiu. Nel 2021, il presule fu vittima di un attentato. «Monsignor Carlassare — ricorda Cavalletti — ha evidenziato le enormi sfide che sta affrontando il Paese, colpito dall’ennesima alluvione che ha messo sott’acqua ampie parti del territorio». Un fenomeno non nuovo, ma che negli ultimi anni sta diventando più frequente e intenso, aggravando le precarie condizioni della popolazione. «Padre Christian ha sottolineato come la crisi economica stia mettendo in ginocchio il Sud Sudan. Lo Stato è senza fondi, anche per il blocco delle esportazioni petrolifere destinate al Sudan dove c’è la guerra».
Il malcontento tra la popolazione è palpabile, c’è un’apparente calma che potrebbe sfociare in rivolta. «Poliziotti, insegnati, medici e tutto il settore pubblico — evidenzia Cavalletti — sono senza stipendio da mesi, aggravando la recessione economica e generando una tensione sociale pericolosa anche se per ora sommersa». Non solo, la popolazione sud sudanese non è mai andata alle urne. Le elezioni sono sempre state rimandate. «Ma c’è chi sostiene che lo slittamento sia un bene per evitare scontri politici. Il Sud Sudan — ricorda il responsabile Caritas — è un Paese dove in alcune località ci sono conflitti tra comunità. In passato c’è stata una guerra, strumentalizzata dal punto di vista etnico, che ha lasciato profonde ferite difficili da risanare a breve». Ed è proprio in questo ambito che la Chiesa sta tentando di intervenire con programmi educativi e di sensibilizzazione. «Il Sud Sudan è per lo più un Paese cristiano a maggioranza cattolica e i leader religiosi hanno capito quanto sia necessario promuovere il dialogo e l’armonia tra le comunità. Con la guerra — afferma Cavalletti — tutto è perduto. Dobbiamo scommettere sulla pace. Solo in un clima sereno è possibile realizzare tanti progetti. Anche monsignor Carlassare ha ribadito come la speranza di una rinascita non va perduta anzi è viva nelle stesse comunità che rappresentano la vera forza del Paese e della Chiesa».
Tra i numerosi progetti, la Caritas sta promuovendo corsi di formazione e di sensibilizzazione. Non solo, ha messo a disposizione sussidi in denaro, nel miglioramento dell’accesso all’acqua potabile, nella riabilitazione dei sistemi idrici, nell’installazione di punti d’acqua a energia solare e nella costruzione di strutture igienico-sanitarie. Il tutto a beneficio di oltre 29.000 persone. Inoltre, Caritas sta offrendo spazi sicuri per donne e ragazze nei campi profughi, fornendo servizi di consulenza e assistenza psicosociale. «Anche perché — ricorda Cavalletti — la vita all’interno dei campi è difficile. Qui si vive per sopravvivere, per questa ragione bisogna aumentare gli sforzi e fare in modo che il mondo venga a conoscenza di quanto avviene qui».
Purtroppo, si assiste a un’emergenza dimenticata. Della guerra in Sudan ne parlano in pochi eppure è la peggiore crisi umanitaria del mondo. «La comunità internazionale non riesce a garantire l’aiuto umanitario necessario. C’è una dimenticanza inaccettabile come se qui le persone non avessero la stessa dignità degli altri. Insieme con il vescovo — conclude — stiamo ragionando su come rafforzare il lavoro di rete. È importante lavorare insieme mettendo a sistema quelle poche risorse che abbiamo. Tutto questo è possibile solo se non ci saranno guerre. La guerra lascia segni indelebili».
di Francesco Ricupero