· Città del Vaticano ·

Il magistero

 Il magistero  QUO-248
31 ottobre 2024

Venerdì 25

Tutti
hanno bisogno
della luce
del Vangelo

Il vostro Capitolo Generale si è interrogato su come rispondere in modo adeguato [nel] nostro tempo tumultuoso all’iniziativa di Dio, che sempre chiama a cooperare al suo piano di salvezza.

In vista dell’imminente Giubileo è auspicabile, anzi necessaria, una missione che si proponga l’obbiettivo di raggiungere il più vasto numero di persone possibile, poiché tutti, nessuno escluso, hanno un estremo bisogno del Vangelo.

Senza rinunciare ai consueti metodi di azione pastorale, vi auguro di individuare anche nuovi percorsi e creare occasioni per facilitare l’incontro tra le persone e con il Signore.

Vita
contemplativa
e rapporti
con la comunità

Occorre uscire per le strade, le piazze e vicoli del mondo, per non anchilosarsi ed ammuffire, e come prova della propria fede.

Tale uscita potrà essere efficace solo se scaturisce dalla pienezza d’amore a Dio e all’umanità, vissuta nella vita contemplativa, nelle relazioni fraterne della comunità e nel reciproco sostegno.

Voi avete una ricca tradizione di vita contemplativa. E questo in modo da camminare insieme, sperimentando la presenza del Signore in mezzo a voi.

Per creare eventi di evangelizzazione, presentando la sublime bellezza della Persona di Cristo insieme al volto di una Chiesa attraente, accogliente e capace di coinvolgere nell’impegno, occorre un costante radicamento nella preghiera e nella Parola di Dio.

È una parte importante nella vostra tradizione il ritirarsi per la preghiera e la contemplazione, a volte alcuni mesi o a volte tutti i giorni o parte del giorno.

Siate fedeli al compito di tener vivo il prezioso carisma di san Paolo della Croce. L’evangelizzazione, basata sulla buona testimonianza di sé, sul kèrigma, sulle omelie, annuncia l’amore di Dio che si dona nel Figlio per la salvezza umana.

I passionisti sappiano anche annunciare la presenza del Crocifisso Risorto nelle sofferenze dei nostri giorni.

Ne conosciamo la vastità e la devastazione nella povertà, nelle guerre, nei gemiti della creazione, nei perversi dinamismi che producono divisioni tra le persone e lo scarto dei deboli.

Evitare che il dolore dei nostri fratelli rimanga senza senso e si risolva in uno spreco di umanità e disperazione.

Nelle spire di questo dolore Cristo è passato sofferente e crocifisso, vivendo nell’amore ogni trafittura e offrendo un senso al dolore offerto per amore.

Con l’amore
tutto ritrova
senso

La speranza ha un rapporto particolare con il carisma dei passionisti. La sua ragione teologica è la morte e risurrezione di Cristo.

Il sangue e acqua che fluiscono dal suo cuore dicono che oltre la morte la vita continua, l’amore si effonde sull’umanità nel dono dello Spirito.

Se nulla può soffocare nell’essere umano la capacità di amare, allora nulla è perduto, tutto ritrova senso [ed] è salvato.

Sull’esempio e mediante l’intercessione della Vergine i passionisti vivano la loro consacrazione e missione, consapevoli dell’urgenza di diffondere il messaggio di salvezza.

Non la fretta dell’orologio, krónos, ma quella della grazia, kairós, che corre per raggiungere lo scopo, come l’onda del mare ha fretta di toccare la riva.

Un amore che si esprime con la parola che è l’eco della Parola di verità, con il gesto che solleva il povero o con il silenzio nello stare vicino a chi soffre.

(Al Capitolo dei passionisti)

Felicità eterna frutto
di sapienza
scienza e carità

Nel 750° anniversario della morte di Bonaventura da Bagnoregio e Tommaso d’Aquino, la Biblioteca Apostolica Vaticana propone la mostra dedicata ai due Dottori, di cui conserva autografi, codici e documenti.

Essi ancora oggi rappresentano fonti di luce e di ispirazione per la Chiesa e la cultura.

Sono “luminari” per un approccio al sapere, in particolare alla teologia, in cui si compenetrino e nutrano reciprocamente profondità intellettuale e vita spirituale, scienza e sapienza, umiltà e carità, nella disposizione a non trattenere i frutti della speculazione bensì a condividerli con slancio pastorale e missionario.

Il Doctor Communis e il Doctor Seraphicus costituiscono una preziosa “compagnia” per ciascun pellegrino in cammino verso Cristo, tracciando un percorso descritto dal primo come “via” dell’intelligenza illuminata dalla fede, dal secondo come “itinerario” della mente, che dalla contemplazione del creato sale verso Dio.

Pensiamo allo sguardo “trinitario” che Bonaventura propone sulle creature e sulle loro relazioni, con un’integrazione tra «santità dell’intelligenza» e «intelligenza della santità», che si evince dalla loro vita.

Cinquant’anni fa Paolo vi , in occasione dell’analoga esposizione realizzata per il settimo centenario, definiva l’ Angelico «Luminare della Chiesa e del mondo intero». 

Più recentemente Benedetto xvi , studioso del pensiero e dell’opera del Serafico, ne richiamava l’elogio, composto da un anonimo notaio pontificio: «Uomo buono, affabile, pio e misericordioso, colmo di virtù, amato da Dio e dagli uomini... Dio infatti gli aveva donato una tale grazia, che tutti coloro che lo vedevano erano pervasi da un amore che il cuore non poteva celare». 

Trovare linguaggi e strumenti adeguati, affinché il pensiero dei due “giganti” della dottrina cattolica possa continuare a diffondersi. 

I due santi maestri insegnano a guardare alla felicità eterna come supremo frutto della sapienza, della scienza e della carità, spronandoci a farci pellegrini nella fede.

Perché «la testimonianza credente possa essere lievito di genuina speranza»,  fiamma che illumina tracciando un cammino.

(Messaggio in occasione
di una mostra della Biblioteca Apostolica Vaticana
)

Lunedì 28

I migranti
maestri
di speranza

È bello che nella pastorale missionaria e caritativa in favore dei migranti abbiate scelto di ispirarvi al tema giubilare: “Pellegrini di speranza”.

Possiamo riflettere su tre aspetti del vostro servizio: migrantiministero pastorale e carità.

migranti sono maestri di speranza. Partono sperando di «trovare altrove il pane quotidiano» — come diceva san Giovanni Battista Scalabrini — e non si arrendono quando tutto sembra «remare contro» e trovano chiusure e rifiuti.

La loro tenacia, sostenuta spesso dall’amore per le famiglie rimaste in patria, insegna tanto a voi che «migranti tra i migranti» — come ha voluto il fondatore — ne condividete il cammino.

Così attraverso incontro, d dialogo, accoglienza di Cristo presente nello straniero, crescete con loro, solidali, abbandonati «in Dio e in Dio solo». 

La ricerca di futuro che anima il migrante esprime un bisogno di salvezza che accomuna tutti, al di là di razze e condizioni.

Anzi l’“itineranza”, rettamente compresa e vissuta, può diventare, pur nel dolore, una preziosa scuola di fede e di umanità per chi assiste [e] per chi è assistito.

La stessa storia della salvezza è una storia di migranti, di popoli in cammino.

Interventi
pastorali
di prossimità

Questo ci porta a una pastorale della speranza. Se da una parte la migrazione con un appropriato sostegno può diventare un momento di crescita, dall’altra se vissuta [in] solitudine e abbandono, può degenerare in drammi di sradicamento, crisi di valori e prospettive, fino a perdita della fede e disperazione.

Le ingiustizie e le violenze attraverso cui passano tanti fratelli e sorelle, strappati alle loro case, sono spesso così disumane, da poter trascinare anche i più forti nel buio dello sconforto o della cupa rassegnazione.

Il migrante va accolto, accompagnato, promosso e integrato. Se si vuole che non vengano meno la forza e la resilienza necessarie a continuare i viaggi intrapresi, serve qualcuno che si chini sulle loro ferite, prendendosi cura della loro vulnerabilità fisica, spirituale e psicologica.

Servono solidi interventi pastorali di prossimità, a livello materiale, religioso e umano. 

Oggi tanti Paesi hanno bisogno dei migranti.

La carità
rimette
al centro
la persona

Terzo: la carità. Anche ai nostri giorni chi parte lo fa spesso a causa di tragiche e ingiuste disparità di opportunità, di democrazia, di futuro, o di devastanti scenari di guerra.

A ciò si aggiungono la chiusura e l’ostilità dei Paesi ricchi, che vedono in chi bussa alla porta una minaccia. 

Così, nel drammatico confronto tra gli interessi di chi protegge la sua prosperità e la lotta di chi tenta di sopravvivere, fuggendo da fame e persecuzione, tante vite vanno perdute, sotto gli occhi indifferenti di chi si limita a guardare, o peggio specula sulla pelle di chi soffre.

Nella Bibbia, una delle leggi del Giubileo era la restituzione della terra a chi l’aveva perduta.

Oggi tale atto di giustizia può concretizzarsi in una carità che rimetta al centro la persona, i suoi diritti, la sua dignità, superando stereotipi escludenti, per riconoscere nell’altro un dono di Dio, unico, sacro, inviolabile, prezioso per tutti.

Anzi, se volete che il Capitolo diventi occasione di rinnovamento, fatene prima di tutto un tempo di umile e gioioso ringraziamento, davanti all’Eucaristia, a Gesù crocifisso e a Maria, Madre dei migranti, come ha insegnato Scalabrini.

Da lì si parte per camminare insieme, con speranza, nella carità.

(Al capitolo degli scalabriniani)

Mercoledì 30

La Cresima
non sia
un addio
alla Chiesa

Proseguiamo la riflessione sulla presenza e l’azione dello Spirito nella vita della Chiesa mediante i Sacramenti. E tra tutti uno è per antonomasia, il Sacramento dello Spirito Santo: la Cresima o Confermazione.

Nel Nuovo Testamento, oltre il battesimo con l’acqua, si trova menzionato un altro rito, quello della imposizione delle mani, che ha lo scopo di comunicare visibilmente e in modo carismatico lo Spirito Santo, con effetti analoghi a quelli prodotti sugli Apostoli a Pentecoste.

Con il passare del tempo, il rito dell’unzione si configurò come Sacramento a sé stante, assumendo forme e contenuti diversi nelle varie epoche e nei diversi riti della Chiesa.

Il problema è come fare perché la Cresima non si riduca, in pratica, a una “estrema unzione”, cioè al sacramento della “dipartita” dalla Chiesa.

Si dice che è il “sacramento dell’addio”, perché una volta che i giovani la fanno se ne vanno, e torneranno poi per il matrimonio.

Ma dobbiamo far sì che sia il sacramento dell’inizio di una partecipazione attiva alla vita della Chiesa.

È un traguardo che può sembrare impossibile vista la situazione, ma non dobbiamo smettere di perseguirlo.

Rimuovere
la cenere
dell’abitudine

Non sarà così per tutti i cresimandi, ma è importante che lo sia almeno per alcuni che poi saranno gli animatori della comunità.

Può servire farsi aiutare, nella preparazione al Sacramento, da fedeli laici che hanno avuto un incontro personale con Cristo e hanno fatto una vera esperienza dello Spirito.

San Paolo esortava il discepolo Timoteo a «ravvivare il dono di Dio, ricevuto mediante l’imposizione delle mani», e il verbo usato suggerisce l’immagine di chi soffia sul fuoco per ravvivarne la fiamma.

Ecco un bel traguardo per l’anno giubilare! Rimuovere la cenere dell’abitudine e del disimpegno, diventare, come i tedofori alle Olimpiadi, portatori della fiamma dello Spirito.

Che [Esso] ci aiuti a muovere qualche passo in questa direzione!

Solennità
di Tutti i santi

Siamo vicini alla solennità di Tutti i Santi: invito a vivere questa ricorrenza, nella quale la Chiesa ci vuole ricordare la gloria celeste dei fratelli che ci hanno preceduto nel cammino della vita e che ora, nella visione del Padre, vogliono essere in comunione con noi per aiutarci a raggiungere la meta che ci attende.

(Udienza generale
in piazza San Pietro)