· Città del Vaticano ·

L’udienza del Papa ai partecipanti alla plenaria del Dicastero per la comunicazione

Connettere persone e culture e accendere i riflettori sugli ultimi

 Connettere persone e culture  e accendere i riflettori sugli ultimi  QUO-248
31 ottobre 2024

Il «sogno» di una comunicazione in grado di connettere persone e culture, di raccontare e valorizzare «ogni angolo del mondo» è stato il fulcro del discorso rivolto da Papa Francesco ai circa trecento partecipanti alla plenaria del Dicastero per la comunicazione, ricevuti stamani, 31 ottobre, nella Sala Clementina. Ai presenti, il Pontefice ha ricordato «l’indentikit» del buon comunicatore, capace di raccontare la realtà «da cuore a cuore», con verità e giustizia, portando pace e non tralasciando gli ultimi. Ecco le parole del Santo Padre.

Cari fratelli e sorelle del Dicastero della Comunicazione, benvenuti tutti!

Saluto il Prefetto, Dottor Ruffini, e gli altri Dirigenti; saluto i Cardinali e i Vescovi presenti e tutti voi che formate questa grande comunità di lavoro.

Nella liturgia odierna si legge questa esortazione: «State saldi, dunque: attorno ai fianchi, la verità; indosso, la corazza della giustizia; i piedi, calzati e pronti a propagare il vangelo della pace» (Ef 6, 14-15). Potrebbe essere anche l’identikit del buon comunicatore, non vi pare?

In effetti, la vostra è una vocazione, è una missione! Con il vostro lavoro e la vostra creatività, con l’uso intelligente dei mezzi che la tecnologia mette a disposizione, ma soprattutto con il vostro cuore: si comunica con il cuore. Siete chiamati a un compito grande ed entusiasmante: quello di costruire ponti, quando tanti innalzano muri, i muri delle ideologie; quello di favorire la comunione, quando tanti fomentano divisione; quello di lasciarsi coinvolgere dai drammi del nostro tempo, quando tanti preferiscono l’indifferenza. Questa cultura dell’indifferenza, questa cultura del “lavarsi le mani”: “non tocca a me, che si arrangino”. Questo fa tanto male!

In questi giorni della vostra Plenaria vi siete chiesti come favorire una comunicazione che sia “costitutivamente sinodale”. Il Sinodo sulla sinodalità che abbiamo appena concluso diventa ora un cammino ordinario che deve farsi strada — un cammino che viene dal tempo in cui San Paolo vi ha creato il Segretariato per il Sinodo dei Vescovi —; diventa lo stile col quale nella Chiesa viviamo la comunione, uno stile sinodale. In ogni espressione della nostra vita comunitaria, siamo chiamati a riverberare quell’amore divino che in Cristo ci ha attratto e ci attrae. Ed è questo che caratterizza l’appartenenza ecclesiale: se ragionassimo e agissimo secondo categorie politiche, o aziendalistiche, non saremmo Chiesa. Questo non va! Se applicassimo criteri mondani o se riducessimo le nostre strutture a burocrazia, non saremmo Chiesa. Essere Chiesa significa vivere nella coscienza che il Signore ci ama per primo, ci chiama per primo, ci perdona per primo (cfr. Rm 5, 8). E noi siamo testimoni di questa misericordia infinita, che è stata gratuitamente riversata su di noi cambiando la nostra vita.

Ora potreste domandarmi: ma che cosa c’entra tutto questo con il nostro lavoro di comunicatori, di giornalisti? C’entra, e molto! Proprio in quanto comunicatori, infatti, siete chiamati a tessere la comunione ecclesiale con la verità attorno ai fianchi, la giustizia come corazza, i piedi calzati e pronti a propagare il Vangelo della pace. Permettetemi di raccontarvi il mio sogno. Sogno una comunicazione che riesca a connettere persone e culture. Sogno una comunicazione capace di raccontare e valorizzare storie e testimonianze che accadono in ogni angolo del mondo, mettendole in circolo e offrendole a tutti. Per questo sono contento di sapere che — nonostante le difficoltà economiche e l’esigenza di ridurre le spese, ne parlerò dopo di questo — vi siete ingegnati per aumentare l’offerta delle oltre cinquanta lingue con cui comunicano i media vaticani, aggiungendo le lingue Lingala, Mongola e Kannada.

Sogno una comunicazione fatta da cuore a cuore, lasciandoci coinvolgere da ciò che è umano, lasciandoci ferire dai drammi che vivono tanti nostri fratelli e sorelle. Per questo vi invito a uscire di più, a osare di più, a rischiare di più non per diffondere le vostre idee, ma per raccontare con onestà e passione la realtà. Sogno una comunicazione che sappia andare oltre gli slogan e tenere accesi i riflettori sui poveri, sugli ultimi, sui migranti, sulle vittime della guerra. Una comunicazione che favorisca l’inclusione, il dialogo, la ricerca della pace. Quanta urgenza c’è di dare spazio agli operatori di pace! Non stancatevi di raccontare le loro testimonianze, in ogni parte del mondo.

Sogno una comunicazione che educhi a rinunciare un po’ a sé per fare spazio all’altro; una comunicazione appassionata, curiosa, e competente, che sappia immergersi nella realtà per poterla raccontare. Ci fa bene ascoltare storie dal sapore evangelico, che oggi come duemila anni fa ci parlano di Dio così come Gesù, suo Figlio, lo ha rivelato al mondo.

Fratelli e sorelle, non abbiate paura di coinvolgervi, di cambiare, di imparare linguaggi nuovi, di percorrere nuove strade, di abitare l’ambiente digitale. Fatelo sempre senza lasciarvi assorbire dagli strumenti che usate, senza far diventare “messaggio” lo strumento, senza banalizzare, senza “surrogare” nell’incontro in rete le relazioni umane vere, concrete, da persona a persona. Il Vangelo è storia di incontri, di gesti, di sguardi, di dialoghi per strada e a tavola. Sogno una comunicazione che sappia testimoniare oggi la bellezza degli incontri con la samaritana, con Nicodemo, con l’adultera, con il cieco Bartimeo... Gesù, come ho scritto nella nuova Enciclica Dilexit nos, «presta tutta la sua attenzione alle persone, alle loro preoccupazioni, alle loro sofferenze» (n. 40). Noi comunicatori siamo chiamati a fare lo stesso, perché incontrando l’amore, l’amore di Gesù, «diventiamo capaci di tessere legami fraterni, di riconoscere la dignità di ogni essere umano e di prenderci cura insieme della nostra casa comune» (ibid.).

Aiutatemi, per favore, a far conoscere al mondo il Cuore di Gesù, attraverso la compassione per questa terra ferita. Aiutatemi, con la comunicazione, a far sì che il mondo, «che sopravvive tra le guerre, gli squilibri socioeconomici, il consumismo e l’uso anti-umano della tecnologia, possa recuperare ciò che è più importante e necessario: il cuore» (Dilexit nos, 31). Aiutatemi con una comunicazione che è strumento per la comunione.

Nonostante il mondo sia squassato da terribili violenze, noi cristiani sappiamo guardare alle tante fiammelle di speranza, alle tante piccole e grandi storie di bene. Siamo certi che il male non vincerà, perché è Dio che guida la storia e salva le nostre vite.

Vorrei anche menzionare la Signora Gloria Fontana [applausi]. Oggi è il tuo ultimo giorno di lavoro, spero che ti facciano una festa! Dopo ben 48 anni di servizio: è entrata il giorno della Prima Comunione, credo. Ha fatto un grande servizio nel nascondimento, dedicandosi a trascrivere i discorsi del Papa.

E vorrei dirvi una cosa: dovremo fare ancora un po’ più di disciplina sui soldi. Voi dovete trovare il modo di risparmiare di più e cercare altri fondi, perché la Santa Sede non può continuare ad aiutarvi come adesso. So che è una brutta notizia, ma è anche una bella notizia perché muove la creatività di tutti voi.

Il Giubileo, che inizieremo fra qualche settimana, è una grande occasione per testimoniare al mondo la nostra fede e la nostra speranza. Vi ringrazio fin d’ora per tutto ciò che farete, per l’impegno del Dicastero nell’aiutare sia i pellegrini che verranno a Roma, sia chi non potrà viaggiare, ma grazie ai media vaticani potrà seguire le celebrazioni giubilari sentendosi unito a noi. Grazie, grazie tante!

Benedico di cuore tutti voi e il vostro lavoro. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie!