· Città del Vaticano ·

La campagna dei movimenti pacifisti per rilanciare il primato del diritto

Rafforzare l’Onu
per garantire la pace

 Rafforzare l’Onu per garantire la pace  QUO-243
25 ottobre 2024

Le azioni di delegittimazione dell’Onu poste in atto da parte di molti Stati membri disegnano un percorso pericoloso verso lo stravolgimento dell’intero sistema del diritto internazionale. Una situazione dalle conseguenze certe e irreversibili se non si farà una rapida marcia indietro: guerra mondiale (non più a pezzi) e come unica legge, quella del più forte.

D’altronde, a lanciare l’allarme per primo è stato lo stesso segretario generale, António Guterres, che il 24 settembre ha denunciato come «un numero sempre crescente di governi si sente in diritto di calpestare l’ordinamento internazionale, violare la Carta delle Nazioni Unite, le convenzioni internazionali sui diritti umani e le decisioni dei tribunali internazionali senza che nulla accada».

Un dato di fatto che ha sta spingendo alla mobilitazione la società civile e i movimenti pacifisti per «salvare le future generazioni dal flagello della guerra — come recita il preambolo della Carta Onu — e riaffermare la fede nei diritti fondamentali, nella dignità e nel valore della persona umana». È con questo intento che si è svolta ieri a Roma la conferenza dal titolo “Salviamo l’Onu”, promossa dalla Fondazione Perugi-Assisi per la Cultura della Pace e del Centro Ateneo per i Diritti umani “Antonio Papisca” dell’Università di Padova.

«Oggi — spiega Flavio Lotti, presidente della Fondazione Perugi-Assisi — abbiamo tentato di aprire un dialogo con le istituzioni e il mondo della politica con l’obiettivo di tornare a difendere quel bene comune globale rappresentato dal sistema onusiano». Un bene che si vorrebbe sacrificare in nome dell’egoismo sovranista teso all’affermazione di interessi unicamente nazionali.

«L’Organizzazione delle Nazioni Unite – ribadisce Marco Mascia, presidente del Centro per i diritti umani dell’Università di Padova – non può continuare ad essere un foro autoreferenziale di interesso intergovernativi. La grande sfida consiste nella democratizzazione dell’organizzazione, che dovrebbe avere una composizione plurale con la partecipazione anche di parlamentari, di esponenti della società civile e degli enti locali». Di qui la proposta di promuovere la nascita di un’Assemblea parlamentare dell’Onu come organo sussidiario dell’Assemblea generale e di sostenere la convocazione di una Convenzione universale sul rafforzamento delle Nazioni Unite.

È inaccettabile e paradossale – sottolineano gli organizzatori della conferenza Salviamo l’Onu - che nonostante l’articolo 4 della Carta stabilisca che “possono diventare membri della Nazioni Unite tutti gli Stati amanti della pace” (e oggi questi Stati sono 193), la pace non esista e le guerre dilaghino.

Gaza, Siria, Sudan, Ucraina e Libano sono solo le prime che vengono in mente, ma sono infinitamente di più se si pensa al fatto che nel 2024 la spesa militare globale ha superato i 2.400 miliardi di dollari, 476 dei quali in capo agli Stati europei.

«L’alternativa che abbiamo davanti – prosegue Lotti – è accettare ciò che viene presentato come “inevitabile” oppure difendere e rilanciare l’Onu adattandola al XXI secolo».

Un’esigenza quest’ultima ribadita con insistenza da tutti i Pontefici intervenuti al Palazzo di Vetro. Lo stesso Papa Francesco nel settembre 2015, ha voluto sottolineare l’importanza fondamentale «della codificazione e dello sviluppo del diritto internazionale, la costruzione della normativa internazionale dei diritti umani, il perfezionamento del diritto umanitario, la soluzione di molti conflitti e operazioni di pace e di riconciliazione. Tutte queste realizzazioni — aveva detto — sono luci che contrastano l’oscurità del disordine causato dalle ambizioni incontrollate e dagli egoismi collettivi».

Egoismi che si concretizzano anche in maniera sottile e subdola spiega Jean Fabre, già direttore di Undp, sottolineando come solo 59 paesi su 103 siano in regola con i contributi alle Nazioni Unite. E solo 65 abbiano versato la loro quota per le operazioni di pace. Un debito quello degli stati membri nei confronti dell’Organizzazione che ammonta a 1,8 miliardi di dollari, di cui 995 milioni dovuti dagli Usa e 380 dalla Cina.

di Stefano Leszczynski