· Città del Vaticano ·

Una sfida a guardare in alto

 Una sfida a guardare in alto  QUO-242
24 ottobre 2024

Più che «un cambio di passo» per il Papa, la Dilexit nos «è un cambio di passo per chi ha interpretato il magistero di Papa Francesco come appiattito sul sociale e sul politico e non ha compreso l’ispirazione profonda presente in tutti i suoi testi... Parlando del Sacro Cuore, il Papa ci ha messo il cuore, tutto sé stesso». Usa giochi di parole e ribatte a discussioni e critiche intra-ecclesiali che hanno accompagnato in questi anni il magistero di Jorge Mario Bergoglio, l’arcivescovo Bruno Forte nel presentare la quarta enciclica del pontificato pubblicata oggi.

Un documento di cui il presule nella conferenza di presentazione nella Sala Stampa della Santa Sede evidenzia il tratto esperienziale. Dilexit nos attinge infatti al vissuto personale del Papa, alla sua spiritualità, agli scritti inediti del confratello e «figlio spirituale» padre Diego Fares, ma anche al magistero e alle tradizioni del passato. Non va, tuttavia, interpretata in una chiave intimista, quella persistita per anni che sembrava astrarre i credenti da un impegno storico. Anzi, ha detto Forte, «uno degli aspetti più convincenti dell’enciclica è che Papa Francesco mostra il contrario: proprio la devozione al Sacro Cuore di Gesù ci chiama a fare esperienza di un amore che si fa storia, carne, che è presa di posizione a favore degli ultimi». È «una sorgente da cui scaturisce l’impegno, il compromiso per i più poveri».

Tra questi ultimi l’arcivescovo di Chieti-Vasto annovera anche le vittime di guerra. Non manca, infatti, uno sguardo all’attualità nel testo magisteriale che, in quest’epoca di lacerazioni, richiama l’importanza del cuore, simbolo di unità. «In un tempo drammatico segnato dalle tragedie della martoriata Ucraina e della Terra Santa», Dilexit nos «appare come una sorta di sfida a guardare alto, che significa cercare vie dove non basta solo la logica del più forte che vince, ma occorre capire il dramma umano che tante persone stanno vivendo, per andare loro incontro con scelte coraggiose, a volte perdenti, ma per il bene di tutti». Il presule cita i «giovani russi e ucraini morti in questo assurdo conflitto», i recenti fatti in Libano, la necessità di ricostruzione per Gaza con i suoi oltre 46 mila morti, le «offese e ferite» provocate dall’attacco di Hamas a Israele il 7 ottobre 2023 che sembra possano «essere ripagati solo uccidendo o facendo violenza». Proprio da questo scenario nasce l’invito di Francesco a «imboccare una via più audace, coraggiosa, disposta ad accettare il compromesso di una via comune. Altrimenti non se ne esce».

«Andare avanti così è un assurdo davanti al quale ogni persona che pensa con razionalità dovrebbe rispondere “no, occorre trovare un’altra strada”» ha chiosato Forte.

«La capacità di perdonare e di amare anche chi ci ferisce» è uno dei frutti che ispira il Cuore di Gesù, devozione che va scomparendo e che il Papa ha voluto rimettere al centro. È indicativo, in tal senso — ha sottolineato il relatore, sollecitato da un giornalista — che il Papa sia passato dal redigere una esortazione apostolica allo scrivere un’enciclica: «Mi sembra che sia un dire: guardate che questa lettera che invio alla Chiesa è decisiva. È rivolta a tutti. Dice il valore che Francesco dà a questo documento e spero sia compreso come chiave del suo pontificato».

Speranza di sorella Antonella Fraccaro è invece che «l’enciclica aiuti a recuperare il centro dell’esperienza cristiana. In una condizione di frammentazione in cui siamo ingoiati — pensiamo all’uso dei social che ci distribuiscono su tanti fronti — l’esperienza del cuore che unifica è esperienza di carità, di relazioni tra diverse culture e condizioni». E questo «mi pare che ci faccia bene, soprattutto a noi cristiani» che «ci stiamo disgregando, siamo sempre più affaticati, stiamo perdendo il valore della persona, ci stiamo tecnicizzando, digitalizzando» ha detto ancora Fraccaro.

«Abbiamo bisogno di recuperare il valore della relazione e l’esperienza del camminare insieme», come pure il «soffermarci su piccoli gesti quotidiani». Come quello di un bambino che aiuta la mamma a fare i panzerotti con la forchetta. In questa immagine evocata dal Papa nel suo scritto c’è un po’ la novità di tutta l’enciclica: «Ci dice — ha concluso l’arcivescovo Forte — che l’essere umano non è riducibile al calcolo, alla razionalità, al positivismo dei dati, ma c’è una dimensione più profonda che è il cuore, la dimensione affettiva, emotiva, passionale della vita. Una visione antropologica integrale».

di Salvatore Cernuzio