· Città del Vaticano ·

L’invito del Papa ai partecipanti all’incontro del G7 di Pescara sul ruolo dei missionari per lo sviluppo in Africa

Operatori di fraternità tra i popoli

 Operatori di fraternità  tra i popoli  QUO-242
24 ottobre 2024

La speranza è che tutti coloro che «hanno a cuore la causa degli ultimi, i valori della solidarietà e dell’impegno umanitario, particolarmente nei territori provati dalla sofferenza» possano sentirsi rafforzati «divenendo così operatori di pace e fraternità tra i popoli». È l’auspicio che Papa Francesco ha espresso in un messaggio, a firma del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, indirizzato ai partecipanti dell’incontro “Istruzione e formazione per lo sviluppo in Africa: il ruolo delle missioni”, tenutosi mercoledì 23 ottobre a Pescara, come parte degli eventi del G7 Sviluppo, che si conclude oggi. La tavola rotonda — presieduta dal ministro italiano degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Antonio Tajani, e moderata dall’inviato speciale per la promozione della libertà religiosa, Davide Dionisi — ha visto la partecipazione di vescovi e missionari coinvolti in prima persona nell’educazione e nell’assistenza dei più vulnerabili in diversi paesi africani, oltre che di altri rappresentanti istituzionali come Stefania Craxi, presidente della Commissione Esteri del Senato. Il Papa ha incoraggiato i presenti «a perseverare nella promozione di una cultura dell’incontro, aperta al dialogo rispettoso, quali veri testimoni del Vangelo vivente della carità». Esprimendo il suo apprezzamento per l’iniziativa, ha auspicato che possa «favorire uno scambio di esperienze sull’impegno sociale ed educativo di coloro che operano in prima persona nel continente africano».

Proprio con questo spirito i rappresentanti dei missionari hanno voluto rivolgere un appello alle istituzioni legislative dei Paesi del G7 perché sostengano le iniziative educative in Africa. È stata fatta presente, inoltre, la necessità di lavorare per la promozione dell’innovazione, «per la formazione istituzionale e per la condivisione di saperi e tecnologie», «con l’obiettivo di contribuire alla condivisione di conoscenza, valorizzando il ricco capitale umano di un continente in cui la stragrande maggioranza della popolazione è giovane». Secondo i dati delle agenzie dell’Onu e dell’Unione Africana (UA), infatti, 98 milioni di bambini nella sola Africa subsahariana non vanno a scuola e l’86% del totale dei più piccoli fatica a raggiungere l’alfabetizzazione di base entro i 10 anni. «Una percentuale — lamentano i religiosi — che si è aggravata con la pandemia di covid-19 e che ancora non riesce a decrescere». Passa dal tema dell’educazione, secondo i missionari, il futuro di un’intera generazione, per la quale la classe politica deve impegnarsi con ogni mezzo. A ribadirlo tutti gli interventi che si sono succeduti nel corso del forum.

«Il Vangelo è formazione — ha ricordato monsignor Emilio Nappa, presidente delle Pontificie opere missionarie — e serve a dare forma alla persona che si autodetermina nella libertà, nella relazionalità». Nappa ha auspicato, durante il suo intervento, la creazione di una “connessione strutturale” tra Chiesa e istituzioni per intervenire nei bisogni delle popolazioni che si assistono. Padre Giulio Albanese, giornalista e missionario comboniano, ha messo in evidenza l’impegno nella scolarizzazione in Africa, ma ha anche ricordato la forte diminuzione delle persone che partono in nome del Vangelo: «Dai 24 mila missionari del 1990 siamo arrivati oggi a 4mila».

«Voglio ringraziarvi, perché se abbiamo una politica estera italiana presente fortemente in Africa lo dobbiamo alle missionarie e ai missionari», ha detto il ministro degli Esteri italiano, che ha poi avuto parole di gratitudine anche per il messaggio ricevuto dal Santo Padre. Dal continente africano, Tajani ha voluto poi allargare la riflessione al Medio Oriente, area che è attualmente al centro di guerre e violenze. L’Italia in questo momento, ha sottolineato il ministro, è impegnata attivamente nell’assistenza umanitaria verso i sofferenti e gli sfollati di Palestina, Libano e nord di Israele. In collegamento da Gerusalemme, padre Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terra Santa, ha fornito un quadro più dettagliato della drammatica condizione della Palestina e del disagio degli studenti che non possono andare a scuola nel nord di Israele, a causa della guerra con Hezbollah, che ha determinato la chiusura degli edifici scolastici.

Dal Medio Oriente, il focus si è spostato poi oltre oceano con la testimonianza da remoto di padre Luigi Portarulo, parroco della cattedrale di Saint Patrick di New York, che ha raccontato il suo lavoro con i migranti italiani nella Grande Mela.

Le voci dal mondo missionario sono state diverse e variegate e hanno riportato al continente africano: dalla Repubblica Democratica del Congo, nella parole di Madre Giordana Bertacchini, delle suore Missionarie di Maria Saveriane, alla Nigeria nell’intervento di don Daniel Antúnez, delle Missioni Don Bosco, in collegamento da Torino.

Davanti a un continente in cui sembrano aggravarsi i conflitti e a cui si aggiunge anche il problema climatico, i missionari devono farsi “cassa di risonanza” dei bisogni dei poveri. Lo ha affermato il professore Ambrogio Bongiovanni della Fondazione Magis (Missione e azione dei gesuiti insieme per lo sviluppo): «Noi abbiamo il dovere di ascoltare e di portare ai tavoli dei nostri governanti le istanze che vengono da questi contesti, è un dovere morale». Un dovere di cui si fanno già carico tante religiose in servizio nel mondo. In loro rappresentanza era presente all’incontro suor Maria Micaela Monetti, presidente dell’Unione delle Superiore Maggiori in Italia. «Sono qui — ha detto ai media vaticani — per dare voce, dare volto e dare anche riconoscimento alle numerosissime presenze missionarie delle religiose nel mondo, in particolare in Africa. Io lego il tema dello “sviluppo” — al centro del forum — alla generatività, cioè a questa capacità, di generare un progetto, di aver cura della crescita di questo progetto, di farlo crescere nella dignità e nella libertà le persone che costituiscono questo progetto e a lasciarle andare, ovvero lasciarle crescere perché, a loro volta, diventino generative ed è quello che numerosissime e generosissime religiose nel mondo stanno facendo con molta naturalezza per la bellezza del loro carisma».

Tra i partecipanti alla conferenza anche padre Medard Aboué, proveniente dal Togo appartenente all’ordine dei camilliani, che operano nel mondo intero e in sette Paesi africani. «Noi — ha dichiarato ai media vaticani — partecipiamo alla realtà dello sviluppo in Africa, collaborando con il Ministero degli Affari Esteri per i progetti soprattutto nell’ambito della sanità». «Io personalmente sono l’espressione dello sviluppo, perché ho avuto la salute, l’educazione, gli studi, che mi hanno portato ad essere colui che sono oggi, partecipando, al livello del mio Ordine, a far sì che le persone siano istruite, abbiano da mangiare, abbiano l’acqua pulita e poi possano contribuire loro stessi, con la loro istruzione, con i loro mezzi, a far uscire i loro fratelli, i loro concittadini dalla povertà, quella povertà che è un insulto alla nostra umanità».

Burkina Faso, Benin, Costa d'Avorio e Togo sono stati al centro della testimonianza di suor

Maria Fernanda Bongianino, consigliera generale delle Figlie di San Camillo, attive soprattutto nell’assistenza medica degli ultimi: «L’importante è aiutarli e che loro possano svilupparsi come persone — ha detto ai nostri microfoni — perché in ogni persona malata vediamo la persona di Cristo. È venuto fuori oggi pomeriggio il tema molto importante del debito dei Paesi africani, però più che mai non parlo di un debito economico, ma di un debito di ricchezza che ha l’Africa. Dobbiamo aiutare affinché possano sviluppare loro stessi questa ricchezza, non penso solo alla ricchezza materiale, ma anche alla ricchezza spirituale che sta in ogni persona».

dal nostro inviato
Beatrice Guarrera