
Il ruolo degli esperti teologi e dei canonisti in questa seconda sessione del Sinodo sulla sinodalità, e l’importanza di discernere, tra le proposte dei partecipanti, il consenso che fa camminare la Chiesa, ascoltando lo Spirito, è stato al centro degli interventi al briefing di oggi con i giornalisti, nella Sala Stampa della Santa Sede. Al tavolo dei relatori si sono succeduti l’italiano don Dario Vitali, coordinatore degli Esperti teologi del Sinodo, docente di ecclesiologia alla Pontificia Università Gregoriana; lo spagnolo don José San José Prisco, docente di Diritto canonico e decano della Pontifica Università di Salamanca, della Confraternita dei Sacerdoti Operai Diocesani, esperto di formazione e vocazione; Klára Antonia Csiszàr, rumena di nascita ma decano della facoltà di Teologia e vicerettore dell’Università Cattolica di Linz in Austria; e infine l’australiano don Ormond Rush, consulente teologo della Segreteria del Sinodo, docente dell’Australian Catholic University di Brisbane.
Nel suo intervento, don Vitali ha sottolineato che il compito dei quattro gruppi linguistici di teologi che coordina, l’inglese, il francese, lo spagnolo-portoghese e l’italiano, è quello di «rileggere le proposte dell’Assemblea cogliendo gli elementi di consenso che vanno emergendo» e realizzare report collegiali che indichino «a chi deve redigere il testo finale gli elementi di convergenza e quelli problematici». In un cammino di Chiesa che ascolta lo Spirito, ciò che conta è il consenso, non serve cercare ed evidenziare l’elemento dissonante. A noi teologi, ha chiarito, «spetta riconoscere il tipo di consenso che matura in assemblea, in modo che il testo sia coerente con quanto è stato condiviso tra i partecipanti, e a quello che lo Spirito sta indicando alla Chiesa». Il lavoro dei 4 gruppi linguistici è un esempio dello stile sinodale, ha sottolineato, frutto di un lavoro collaborativo tra teologi iniziato nel 2021, insieme al cammino sinodale. Mentre nei precedenti sinodi i teologi si relazionavano separatamente con la Segreteria del Sinodo.
Come membro della commissione canonica del Sinodo, don San José Prisco ha ricordato che il lavoro degli esperti canonisti in quest’assemblea è un lavoro congiunto con quello dei teologi, «mentre in passato Teologia e Diritto canonico hanno camminato spesso su due linee parallele». Invece è necessaria la complementarietà, il lavorare insieme. I lavori del Sinodo, ha proseguito don Prisco, riguardano «soprattutto sul secondo libro del Codice di Diritto canonico, dedicato al Popolo di Dio». La commissione dei canonisti, ha sottolineato, è nata per una necessità che veniva dai partecipanti: un gruppo di esperti di Diritto canonico che accompagnasse e valutasse le proposte del Sinodo «per individuare le possibilità di modifiche o nuove norme che possano migliorare il Diritto canonico, latino e orientale».
La teologa pastorale Csiszàr ha enfatizzato l’importanza del contributo teologico dei Forum, che «riguarda anche la conoscenza dell’altro e permette di modulare la cultura sinodale nella Chiesa». Lo scorso anno, al termine dei lavori sinodali, qualcuno ha sottolineato che «la teologia non ha avuto tanta attenzione», ma nei Forum teologico-pastorali, per lei «si vede oggi che la teologia impara il suo ruolo nella Chiesa sinodale, e da’ il suo contributo allo stile sinodale». Sono appuntamenti che «danno un aiuto nel regolare la melodia di base della sinodalità, la teologia del Popolo di Dio». Perché la comunità scientifica teologica, ha concluso, «vuole sostenere la nascita di una Chiesa sinodale».
Il teologo australiano don Rush, nell’assemblea del 2023, ha ricordato Cristiane Murray, ha portato un’interessante considerazione sul concetto di tradizione vivente: «la rivelazione viva non è solo verità statiche ma un dialogo continuo tra Dio e l’umanità». Nel suo intervento ha spiegato che in questa Sessione si sta entrando «nel processo della tradizione vivente della Chiesa, per attualizzare il messaggio del Vangelo». E ha sottolineato che la teologia ha il compito di aiutare la Chiesa a portare il messaggio di Dio a tutti, ascoltando anche il Sensus fidei di ogni persona. La Chiesa oggi, per Rush, deve interpretare «i segni, le parabole, e il modo in cui Gesù si collega al xxi secolo». Con l’aiuto della teologia, «anche grazie al Concilio Vaticano ii che è ancora una luce per noi». Saper leggere i segni dei tempi, ha concluso, «è fondamentale per una nuova comprensione sulla visione di Dio rispetto alla vita umana, oggi. Servono nuove risposte per permettere alla Chiesa di annunciare il Vangelo in modo convincente nei nuovi contesti in cui vive».
L’eventuale decentramento di competenze dottrinali alle Conferenze episcopali, lo studio e l’approvazione di modifiche nel diritto canonico e il ruolo dei teologi sono stati i principali temi oggetto delle domande dei giornalisti.
Don Vitali ha ricordato come «anche il documento considerato più restrittivo dal punto di vista di un possibile trasferimento di funzioni dottrinali» dal centro alla periferia, «ovvero il motu proprio Apostolos suos di Giovanni Paolo ii , del 1998, in realtà prevede al numero 21 che “i vescovi sono autentici dottori e maestri della fede per i fedeli affidati alla loro cura”, e identifica loro specifiche competenze, come per esempio la cura della pubblicazione dei catechismi per i loro territori, certamente dopo “approvazione della Sede apostolica”. Inoltre, anche nella Praedicate Evangelium di Papa Francesco vi è una significativa disposizione in tal senso». Quindi, il teologo ha ribadito che «pur non potendo fare dogmi, i vescovi possono trattare di tutto ciò che riguarda la dottrina, avendo sempre cura di agire in comunione con il Pontefice».
San José Prisco ha evidenziato che, dal punto di vista canonico, «ci potranno essere alcune novità da introdurre». Diversi punti, infatti — tra cui i consigli pastorali o quelli degli affari economici, o gli organi che prevedono la collaborazione attiva tra pastori, religiosi e laici —, «sui quali l’Assemblea ha trovato un accordo, saranno presentati al Papa nel documento finale, e vedranno un aggiornamento forse già entro la prossima estate»; mentre su altri, «ci sarà maggiore cautela, perché necessiteranno di consultazioni ulteriori».
Ci sono domande, è stato fatto notare, che soprattutto dal punto di vista teologico, non avranno probabilmente risposte definitive in questo Sinodo, come per esempio le questioni di genere o dei ministeri femminili. «Ma ciò che occorre sempre guardare – ha spiegato don Rush – è la capacità di raccogliere un consenso. Ove questo su alcune materie non ci sia, vuol dire che la discussione deve proseguire, non necessariamente che sia chiusa per sempre». Gli ha fatto eco Vitali, sottolineando che «l’assemblea sinodale fornisce indicazioni di orizzonte, che, appunto, si esprimono mediante il consenso» ed evidenziando come poi vada «distinta l’autorità e l’autorevolezza del Sinodo da quello che è invece il dovere di libertà di ricerca dei teologi, che potrà magari portare a un consenso nel futuro».
La cosa che «è ben chiara e presente nei padri e nelle madri sinodali — ha ricordato Ruffini — è l’attenzione al linguaggio: siamo tutti consapevoli di essere chiamati a stendere un documento finale, che non solo va consegnato al Papa, ma che deve essere comprensibile a tutto il Popolo di Dio».
Parlando della sua esperienza, Csiszár ha rilevato l’importanza che la teologia sta rivestendo nel Sinodo, anche nello «scambio di doni» tra le esperienze dell’Europa occidentale e orientale. «Fondamentale è sempre tenere presente il sensus fidei» cercando «di trasformare la dottrina nella prassi e valorizzando il ruolo di accompagnamento e avvocato della dignità umana che la Chiesa può avere nei confronti del popolo di Dio». Su questo, Rush — richiamando il concilio Vaticano ii — ha ribadito come «la rivelazione sia un dialogo continuo tra Dio e l’umanità» e i teologi «possano aiutare la Chiesa a far proseguire la sua tradizione viva» (alessandro di bussolo e roberto paglialonga.
di Alessandro Di Bussolo
e Roberto Paglialonga