· Città del Vaticano ·

Gli interventi nella Sala stampa della Santa Sede

Una opportunità
nella diversità

 Una opportunità nella diversità  QUO-234
15 ottobre 2024

È una «ricchezza che cresce nella diversità» quella che si sta vivendo «e si respira» al Sinodo: «un’esperienza unica». Ne è convinta la superiora generale delle Suore del Carmelo Apostolico, Nirmala Alex Maria Nazareth, intervenuta oggi, al consueto briefing con i media nella Sala stampa della Santa Sede.

Sollecitata dal vice direttore Cristiane Murray, la religiosa indiana ha parlato della «straordinaria opportunità» che viene offerta ai partecipanti all’assemblea sinodale di poter entrare in relazione con tanti rappresentanti e membri delle Chiese locali di tutto il mondo. «Ci animano nello spirito sinodale le parole che abbiamo sentito al ritiro e nelle meditazioni di padre Timothy Radcliffe e di suor Maria Ignazia Angelini. Adesso — ha proseguito — sarà importante per noi capire come correlarci con le Chiese delle nostre nazioni, una volta tornati a casa, anche se siamo già ora confortati da quanto diceva madre Teresa di Calcutta, ovvero che siamo chiamati a collaborare alla grazia di Dio». Ma già ora, ha concluso suor Nirmala, «sentiamo di avere grandi speranze: abbiamo iniziato un viaggio e non possiamo tornare indietro, solo guardare avanti e proseguire il cammino. La vera sfida, con il discernimento, sarà capire come farlo al meglio».

Di «sentieri nuovi che si aprono e che ci aiutano a capire cosa sia concretamente la sinodalità» ha parlato il cardinale francescano Leonardo Ulrich Steiner, arcivescovo di Manaus, in Brasile. Quello che sta nascendo, «è un nuovo modo di essere Chiesa per annunciare il Regno di Dio e il Vangelo». E ciò — ha aggiunto — è un «processo che saremo chiamati a vivere anche e soprattutto dopo il Sinodo». In Brasile, per esempio, «si tratta di un processo già iniziato: molte donne, in Amazzonia, sono già leader delle rispettive comunità, ci sono molti diaconi permanenti, insomma tutti compartecipano della vita delle comunità in modo attivo. Ciò che viviamo qui, dunque, ci aiuta a comprendere ancora meglio la sinodalità nella nostra Chiesa locale». In conclusione, «credo che siamo chiamati a vivere sempre di più l’interculturalità e l’interreligiosità, perché la Chiesa deve essere radicata».

I «luoghi, che costituiscono il tema del modulo 4 dei lavori sinodali», pertanto, sono quelli «nei quali viviamo la quotidianità e che ci aiutano nella comprensione del nostro ruolo» all’interno della Chiesa: per esempio, «chiediamoci qual è il luogo delle conferenze episcopali, qual è il luogo dei migranti… e così via» ha chiosato il porporato.

Capire come rilanciare in concreto il messaggio del Vangelo è una delle maggiori sollecitazioni che «stanno emergendo ed emergeranno nel corso dei lavori di questi giorni», e che poi «ci porteremo nelle nostre Chiese locali». Gli ha fatto eco il cardinale eletto Roberto Repole, arcivescovo metropolita di Torino e vescovo di Susa, che ha confidato come nella sua Chiesa si «stanno vivendo fasi di svolta che necessitano di essere lette anche alla luce della sinodalità sperimentata qui a Roma, e che d’altro canto», però, lo stanno aiutando «nella comprensione maggiore di ciò che succede nell’Aula Paolo vi ».

Repole, nella sua esperienza, è rimasto colpito in particolare da alcuni fattori: «Anzitutto, il profilo spirituale dei partecipanti: emerge chiaramente che siamo dentro la ricerca della voce dello Spirito anche nella voce del fratello e della sorella che ci stanno accanto». In secondo luogo «la familiarità sempre maggiore tra i membri, che fa comprendere come veramente la parola di ciascuno abbia qualcosa di specifico, nella sua diversità rispetto a quella degli altri». Infine, «si coglie in atto la cattolicità della Chiesa, che respira veramente di tutti le culture ed è pronta a offrire il Vangelo anche a culture diverse» ha concluso.

Spazio poi è stato dedicato alle domande dei giornalisti, che hanno sollecitato gli ospiti specialmente sull’ambiente, il rapporto con il Sinodo sull’Amazzonia, il ruolo delle donne all’interno della Chiesa e l’inclusione dei disabili.

A proposito dell’emergenza climatica, il cardinale Steiner ha riferito la drammatica situazione che attualmente vive l’Amazzonia a causa della mancanza di piogge: «Siamo senza acqua da un mese, i grandi fiumi non sono più navigabili e senza il circuito fluviale attivo molte comunità rimangono raggiungibili. La penuria idrica inoltre si ripercuote anche su altre regioni del Brasile». La pesca predatoria e l’inquinamento delle acque dovuto al mercurio completano il quadro di una vulnerabilità ambientale che grava su un ecosistema delicato e da proteggere. «Anche se non lo stiamo trattando in modo specifico — ha detto l’arcivescovo di Manaus — sappiamo che l’ambiente fa parte della sinodalità secondo Papa Francesco, che in Querida Amazonia ne traccia una vera e propria ermeneutica. Anche a livello diocesano trattiamo il tema con attenzione».

 

Rispondendo a una domanda sulla continuità con il Sinodo per l’Amazzonia, il porporato ha detto che esso ha posto le basi all’incontro in corso: «La sinodalità non ha un punto di ritorno, stiamo entrando in un movimento che è il nostro essere Chiesa, invitati a partecipare in un modus di essere chiesa in virtù del battesimo, dove tutti devono sentirsi responsabili della missione. Da cinque anni abito in Amazzonia e da 50 vivo questo processo: abbiamo consultato più di mille comunità per capire come essere più missionari, grazie soprattutto alla vibrazione dei laici».

In merito al ruolo “essenziale” delle donne nella Chiesa, il cardinale Steiner ha sottolineato come nella regione brasiliana dalla quale proviene — dove da più di 100 anni si vive senza presbiteri — «le comunità si sono organizzate e hanno continuato a pregare. Le donne sono state fondamentali in questo processo».

Molte, nella sconfinata arcidiocesi estesa per oltre 90 mila metri quadrati, «sono incaricate della comunità, ricevono il ministero anche per quanto attiene l’eucaristia e la parola di Dio, sono attive alla Caritas, nella pastorale carceraria, con le persone della strada». A fronte di una enorme quantità di fedeli — nella sola città di Manaus se ne contano 2 milioni e 300 mila, di cui 30 mila venezuelani e 75 mila indigeni — e di una grande necessità di incontro con culture diverse, la componente femminile non è secondaria, le donne «rappresentano la nostra Chiesa, che non sarebbe tale senza di loro». E sul tema molto dibattuto del diaconato femminile ha detto: «Ci piacerebbe se anche comunità più lontane potessero celebrare alcuni sacramenti, tipo il battesimo. Molte delle nostre donne sono di fatto diacone, per noi lo sono a tutti gli effetti, anche se non ufficialmente. Non abbiamo una parola confacente al ruolo, ma lo fanno ed è ammirevole. Perché non ripristinare il diaconato femminile ordinato? Abbiamo già avuto una Chiesa con questo volto, il diaconato femminile può andare di pari passo con quello maschile. Non credo — ha concluso — che la questione sia di genere, semmai di vocazione».

A un’altra domanda sulla possibilità, per le donne, di condurre le prediche, l’arcivescovo ha risposto che «nella celebrazione della Parola di Dio, la riflessione è sempre fatta da Dio, non è un uomo o una donna a riflettere, semmai aiuta a farlo». Sul tema gli ha fatto eco monsignor Repole: «Quando il concilio Vaticano ii tratta di Eucaristia, la definisce “vertice della vita cristiana”. Se parliamo di un vertice, vuol dire che c’è qualcosa di sottostante. Numerose sono le teologhe, il catechismo è in mano soprattutto alle donne: la necessità non è quella dello spazio ma della corresponsabilità tra tutti e tutte».

A un interrogativo sul celibato dei sacerdoti — uno dei temi più discussi nel 2019 al Sinodo speciale per la regione panamazzonica — l’arcivescovo brasiliano ha ammesso la difficoltà a lavorare con soli 172 presbiteri per mille comunità, e la necessità di approfondire il rapporto tra comunità e ministerialità. Sul punto, il cardinale eletto Repole ha aggiunto che già nell'assise sinodale, grazie alla presenza delle Chiese orientali, che hanno anche preti uxorati,  «esiste una ricchezza di forme di ministero», mentre la religiosa indiana ha ipotizzato che su alcuni temi nel suo Paese ci potrebbe essere bisogno di più tempo.

Un accenno all’inclusione della disabilità è stato fatto dal prefetto Ruffini, in risposta a una domanda: «Almeno nel mio circolo, se ne sta discutendo, vedremo nei prossimi giorni se ne parlerà nella congregazione generale. Sicuramente l’argomento sta a cuore a tutti e si può fare di più. Ma quando parliamo dei più piccoli, degli emarginati, parliamo anche delle persone con disabilità».

Infine, una domanda dai cronisti è stata rivolta sul funerale del clochard-poeta José Carlos de Sousa al cardinale Steiner, che li ha concelebrati stamani. «Quando ho sentito come viveva, non ho potuto fare a meno di andare. Mi ha commosso, mentre la bara entrava nell’automobile, vedere gli amici di José Carlos, compagni di strada, consegnare ciascuno un fiore».

Nella povertà, nel quasi nulla, «esiste una fraternità profondamente evangelica. La vita di Dio fiorisce anche nella morte» ha concluso. 

di Roberto Paglialonga
e Lorena Leonardi